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10 aprile 1991: 30 anni dal disastro “Moby Prince”, furono 140 le vittime dell’incidente

Tutti portati in salvo gli uomini della petroliera ma la stessa sorte non capitò, invece, per gli uomini della nave, ridotta ormai a un groviglio di lamiere in fiamme. Le vittime del disastro furono 140. A distanza di 30 anni, sui fatti di quella tragica notte gravano contraddizioni e omissioni

Il 10 aprile del 1991, un disperato allarme, nel cuore della notte, arrivava alla capitaneria di Porto di Livorno.

Ma cosa era avvenuto? Il traghetto Moby Prince, di proprietà della Nav.Ar.Ma., entrò in collisione con la petroliera Agip Abruzzo.

Tutti portati in salvo gli uomini della petroliera ma la stessa sorte non capitò, invece, per gli uomini della nave, ridotta ormai a un groviglio di lamiere in fiamme. Le vittime del disastro furono 140.

A distanza di 30 anni, sui fatti di quella tragica notte gravano contraddizioni e omissioni.

10 aprile del 1991: Disastro Moby Prince

Erano le 22.03, quando il traghetto di linea Moby Prince, guidata dal comandante Ugo Chessa e di proprietà della compagnia di navigazione privata Nav.Ar.Ma., parte da Livorno con direzione Olbia.

A bordo erano presenti: 140 persone, 76 passeggeri e 65 membri dell’equipaggio.

Proprio nel frangente in cui il traghetto stava per immettersi in mare aperto (erano circa le 22.23), avviene l’irreparabile: la nave passeggeri finisce con la prua nella pancia della petroliera Agip Abruzzo, nei cui serbatoi sono stipati 2.700 tonnellate di petrolio Iranian Light.

Alle 22.25 arriva il primo allarme da parte del marconista della Prince, seguito 10 minuti dopo, dall’allarme dato via radio dal comandante dell’Agip Renato Superina, che conferma la collisione parlando, erroneamente, di una bettolina (piccola imbarcazione utilizzata all’interno dei porti).

Nonostante i rapidi mayday, i soccorsi raggiungono il luogo dell’impatto verso le 23.00, traendo in salvo i 18 occupanti della petroliera, mentre della nave se ne perdono completamente le tracce.


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Soltanto alle 23.35, e per puro caso, due ormeggiatori s’imbattono nella Moby Prince che nel frattempo, come impazzita, si è messa a girare in circolo.

L’unico segno di presenza umana era, il mozzo di origini napoletane, Alessio Bertrand che era riuscito ad evitare le fiamme attaccandosi al parapetto. Dopo essersi lanciato in mare, su esortazione dei due ormeggiatori, sarà l’unico sopravvissuto di quella notte.


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Disastro Moby Prince: cosa successe?

L’amara constatazione dei fatti, confermata durante i processi, dice che il primo soccorritore a salire sulla Prince è il marinaio Giovanni Veneruso, ma questa azione avvenne alle 3.30 del mattino quando ormai del traghetto non resta poco più di un relitto.

L’opinione pubblica è sconvolta dalle prime immagini trasmesse dai telegiornali, l’ipotesi della nebbia, confermata in sede giudiziaria nei due processi, sconvolge ancora di più i familiari delle vittime.



Una verità processuale che scontenta i familiari delle vittime, che si appellano alla contraddittorietà di alcuni aspetti: l’enorme ritardo dei soccorsi, la conferma di molti testimoni (tra cui ufficiali di marina e semplici cittadini) e di un video amatoriale trasmesso dal TG1, che confermarono che in quelle ore non vi fu nessuna scarsa visibilità dovuta alla nebbia e che, per giunta, le fiamme erano ben visibili dal porto.

La verità era solo una: l’errore umano e la mancanza di tempestività da parte dei soccorsi.

Alcune perizie successive dimostrano, inoltre, che i passeggeri della nave erano sopravvissuti per diverso tempo dopo l’impatto: le persone erano state protette per mezz’ora dalle paratie che circondavano il salone De Lux.

Negli anni a seguire, per mantenere vivo il ricordo, il Comune di Livorno dedicò una piazza alle vittime, mentre in via Molo Mediceo pone una targa con i loro nomi.


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