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Napoleone Bonaparte: la vita del flagello d’Europa

Il flagello d'Europa. "Il mostro", il "distruttore", il "piccolo caporale", sono solo alcuni dei suoi soprannomi ma, al di la degli appellativi, gli storici concordano su un punto: l'Europa, senza di lui, non sarebbe quella che conosciamo

Il 15 agosto 1769, nasceva ad Ajaccio, Napoleone Bonaparte, il flagello d’Europa. “Il mostro”, il “distruttore”, il “piccolo caporale”, sono solo alcuni dei suoi soprannomi ma, al di la degli appellativi, gli storici concordano su un punto: l’Europa, senza di lui, non sarebbe quella che conosciamo.


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Napoleone Bonaparte, la vita del flagello d’Europa

Accentratore, riformatore, innovatore, condottiero, stratega, generale, in una parola: Napoleone. La Parigi moderna conserva ancora la sua effige in molte zone, lungo strade e ponti, perchè la Francia non lo ha mai dimenticato veramente, e mai lo farà.

La sua forza era il rapporto umano e diretto con i suoi soldati, che lo seguivano con devozione come se fosse un dio, oltre che il loro comandante. Napoleone aveva un’ascendente unico sulle sue truppe, le galvanizzava, e questo fu uno dei principali motivi dei suoi successi.

Uomo dal carisma unico, e dall’ambizione smisurata, fu il terrore dell’Europa per un ventennio. Nemmeno di fronte alla sconfitta si arrese mai, ma non sono solo le conquiste militari a fare di questo piccolo generale un personaggio unico.


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Le riforme

Una delle riforme volute da Napoleone fu quella della scuola, in base alla quale vi era una netta suddivisione tra il sapere teorico dei licei, che dovevano formare la nuova classe dirigente, e le scuole tecniche, il tutto finalizzato alla distinzione delle tipologie scolastiche e della formazione.

Altra sua riforma fu l’adozione di un nuovo tipo di moneta metallica, il franco: il popolo sentiva la necessità di una moneta che avesse valore nominale. Il nuovo franco fu una moneta che conteneva al suo interno una certa quantità di metallo pari al valore impresso.

Nel 1804, infine, la riforma forse più significativa: il codice civile. Il vecchio codice prevedeva una serie di provvedimenti risalenti a diverse epoche storiche, che prevedevano pene ormai cadute in disuso e diverse da regione a regione. Il nuovo codice civile racchiudeva, invece, leggi sulla compravendita e su ogni aspetto giuridico della vita.

La morte e Il cinque maggio

Napoleone Bonaparte è stato il fondatore del Primo Impero francese e un grande condottiero. Seppe conquistare il potere in Francia e sottomettere buona parte d’Europa, creando una leggenda che non si è spenta nemmeno dopo la sua morte, avvenuta dove fu esiliato, nell’isola di Sant’Elena, il 5 maggio del 1821. Indimenticabili le parole del Manzoni che lo ricordano nell’opera Il cinque maggio:

Ei fu. Siccome immobile,
Dato il mortal sospiro,
Stette la spoglia immemore
Orba di tanto spiro,
Così percossa, attonita
La terra al nunzio sta,

Muta pensando all’ultima
Ora dell’uom fatale;
Nè sa quando una simile
Orma di piè mortale
La sua cruenta polvere
A calpestar verrà.

Lui folgorante in solio
Vide il mio genio e tacque;
Quando, con vece assidua,
Cadde, risorse e giacque,
Di mille voci al sonito
Mista la sua non ha:

Vergin di servo encomio
E di codardo oltraggio,
Sorge or commosso al subito
Sparir di tanto raggio:
E scioglie all’urna un cantico
Che forse non morrà.

Dall’Alpi alle Piramidi,
Dal Manzanarre al Reno,
Di quel securo il fulmine
Tenea dietro al baleno;
Scoppiò da Scilla al Tanai,
Dall’uno all’altro mar.

Fu vera gloria? Ai posteri
L’ardua sentenza: nui
Chiniam la fronte al Massimo
Fattor, che volle in lui
Del creator suo spirito
Più vasta orma stampar.

La procellosa e trepida
Gioia d’un gran disegno,
L’ansia d’un cor che indocile
Serve, pensando al regno;
E il giunge, e tiene un premio
Ch’era follia sperar;

Tutto ei provò: la gloria
Maggior dopo il periglio,
La fuga e la vittoria,

La reggia e il tristo esiglio:
Due volte nella polvere,
Due volte sull’altar.

Ei si nomò: due secoli,
L’un contro l’altro armato,
Sommessi a lui si volsero,
Come aspettando il fato;
Ei fe’ silenzio, ed arbitro
S’assise in mezzo a lor.

E sparve, e i dì nell’ozio
Chiuse in sì breve sponda,
Segno d’immensa invidia
E di pietà profonda,
D’inestinguibil odio
E d’indomato amor.

Come sul capo al naufrago
L’onda s’avvolve e pesa,
L’onda su cui del misero,
Alta pur dianzi e tesa,
Scorrea la vista a scernere
Prode remote invan;

Tal su quell’alma il cumulo
Delle memorie scese!
Oh quante volte ai posteri
Narrar se stesso imprese,
E sull’eterne pagine
Cadde la stanca man!

Oh quante volte, al tacito
Morir d’un giorno inerte,
Chinati i rai fulminei,
Le braccia al sen conserte,
Stette, e dei dì che furono
L’assalse il sovvenir!

E ripensò le mobili
Tende, e i percossi valli,
E il lampo de’ manipoli,
E l’onda dei cavalli,
E il concitato imperio,
E il celere ubbidir.

Ahi! forse a tanto strazio
Cadde lo spirto anelo,
E disperò: ma valida
Venne una man dal cielo,
E in più spirabil aere
Pietosa il trasportò;

E l’avviò, pei floridi
Sentier della speranza,
Ai campi eterni, al premio
Che i desidéri avanza,
Dov’è silenzio e tenebre
La gloria che passò.

Bella Immortal! benefica
Fede ai trionfi avvezza!
Scrivi ancor questo, allegrati;
Chè più superba altezza
Al disonor del Golgota
Giammai non si chinò.

Tu dalle stanche ceneri
Sperdi ogni ria parola:
Il Dio che atterra e suscita,
Che affanna e che consola,
Sulla deserta coltrice
Accanto a lui posò.


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