Cronaca

Lui/lei non vuole figli: come annullare il matrimonio

Annullare il matrimonio se il coniuge non vuole figli. Come ricordato più volte dalla giurisprudenza, è possibile far dichiarare la nullità del matrimonio nel caso in cui venga accertata la volontà del coniuge di non avere figli.
Il vizio deve però essere accertato dal tribunale ecclesiastico e poi “convalidato” dal tribunale civile. Si tratta quindi di un doppio procedimento, all’esito del quale, tuttavia, è possibile cancellare completamente gli effetti del precedente matrimonio, con alcune importanti conseguenze. La prima di queste è l’impossibilità di richiedere l’assegno di mantenimento (poiché non v’è stata alcuna unione, cessano anche gli obblighi conseguenti al divorzio). La seconda è che il coniuge che intende risposarsi potrà farlo in chiesa. 

Come annullare il matrimonio se il coniuge non vuole figli

Il matrimonio può essere nullo o annullabile sia per violazione delle regole del nostro codice civile che in base a quelle del diritto canonico. Iniziamo dalla prima delle due ipotesi.

Rivolgendosi al tribunale civile ordinario è possibile chiedere la cancellazione del matrimonio (ossia la nullità o l’annullamento) per una serie di vizi elencati dalla legge. Questi sono:

  • la violenza morale o fisica (ad esempio: «Se non mi sposi ti lascio per sempre» oppure «Se mi sposi, non ti sfratterò di casa»);
  • il timore di eccezionale gravità derivato da cause esterne;
  • errore sull’identità dell’altro coniuge 
  • errore sulle qualità personali dell’altro coniuge (ad esempio una malattia fisica o psichica, una sentenza di condanna per delitto non colposo alla reclusione non inferiore a 5 anni; condanna per delitti concernenti la prostituzione a pena non inferiore a 2 anni; stato di gravidanza, ecc.);
  • simulazione (ciascuno dei coniugi può impugnare il matrimonio se prima della sua celebrazione gli sposi hanno concluso un accordo per non adempiere agli obblighi e non esercitare i diritti matrimoniali);
  • mancanza assoluta del consenso degli sposi (come ad esempio nel matrimonio celebrato all’estero per gioco o divertimento);
  • mancanza delle condizioni per contrarre matrimonio (ad es. mancanza della diversità di sesso, mancanza della libertà di stato, interdizione per infermità di mente, minore età, vincoli di parentela, ecc.).

Come hai potuto vedere, nell’elenco delle cause per far dichiarare nullo o annullabile il matrimonio dal giudice civile non è presente il caso della volontà di non avere figli. È prevista solo, tra le malattie fisiche, l’impotenza permanente e inguaribile. È invece esclusa, da alcuni tribunali, l’esistenza di problemi ad avere rapporti sessuali. 

Nullità del matrimonio concordatario

Il matrimonio – solo quello concordatario, ossia celebrato in chiesa – può essere nullo anche per violazione delle regole del diritto ecclesiastico. 

Se il matrimonio concordatario è viziato secondo le regole del diritto canonico, ciascuno dei coniugi può agire davanti alle autorità ecclesiastiche per ottenere una sentenza di nullità. Tale procedura è quindi preclusa a chi si sposa in Comune.

Provenendo da un altro ordinamento giuridico, tale sentenza può produrre effetti civili in Italia solo se dopo viene convalidata dal tribunale civile. Ciò avviene con il procedimento di delibazione richiesto da uno dei coniugi.

Tra le numerose cause di invalidità del matrimonio concordatario disciplinate dal diritto canonico, vi è la simulazione del consenso. Questa ricorre quando uno o entrambi i coniugi escludono, con un atto di volontà, il matrimonio (simulazione totale) negando qualsiasi valore a tale istituzione oppure negando un suo elemento o proprietà essenziale (cosiddetta bona matrimonii per cui si ha simulazione parziale) come ad esempio:

  • la volontà di avere figli (bonum prolis), con l’astensione da rapporti sessuali o l’uso di anticoncezionali o tramite l’aborto;
  • l’indissolubilità del vincolo;
  • l’obbligo di fedeltà;
  • l’obbligo di perseguire il bene comune della coppia (bonum coniugum), non costituendo una relazione interpersonale;
  • la sacralità del matrimonio (bonum sacramenti), sposandosi solo per ragioni di opportunità sociale.

Nullità matrimonio se lui/lei non vuole figli

Per ottenere l’annullamento del matrimonio in caso di riserva mentale (come il fatto di non credere nell’indissolubilità del matrimonio o nel non volere avere figli) è necessario che tale riserva sia stata manifestata all’altro coniuge e da questi sia stata ignorata. Se, invece, non è stata mai manifestata, ed è rimasta solo “a livello interiore”, non si può chiedere l’annullamento.

Secondo la Cassazione è ammessa la delibazione della nullità ecclesiastica del matrimonio se il coniuge aveva sentore che l’altro non voleva figli. Un elemento rilevatore di un atteggiamento psichico contrario potrebbe essere il fatto che prima del matrimonio il partner voleva solo rapporti protetti. 

La Suprema corte ha ricordato che la sentenza ecclesiastica dichiarativa della nullità del matrimonio religioso per esclusione da parte di un coniuge di uno dei “bona” matrimoniali, quale quello relativo alla prole, e cioè per una ragione diversa da quelle di nullità previste per il matrimonio civile dal nostro ordinamento, non impedisce il riconoscimento dell’esecutività della sentenza ecclesiastica, quando quella esclusione, ancorché unilaterale, sia stata portata a conoscenza dell‘altro coniuge prima della celebrazione del matrimonio, o, comunque, questi ne abbia preso atto, ovvero quando vi siano stati concreti elementi rivelatori di tale atteggiamento psichico non percepiti dall’altro coniuge solo per sua colpa grave.

La delibazione trova infatti ostacolo nella contrarietà al principio di ordine pubblico italiano di tutela della buona fede e dell’affidamento incolpevole solo qualora la divergenza unilaterale tra volontà e dichiarazione non sia stata manifestata all’altro coniuge. Nel caso in esame, ha concluso la Cassazione, il tribunale ha accertato che la donna conosceva, o in ogni caso avrebbe potuto conoscere con ordinaria diligenza, la volontà dell’altro coniuge, manifestata con indici rivelatori prima del matrimonio, di esclusione della prole proprio per via dell’uso di tecniche contraccettive. 

Riflettori puntati, quindi, sulla circostanza dei presunti «rapporti cautelati» tra i futuri coniugi, circostanza ritenuta sufficiente dai giudici per consentire al coniuge di prendere contezza della «riserva mentale dell’ex» sull’ipotesi di avere figli.

Ebbene, per i Giudici della Cassazione correttamente si è osservato in secondo grado che «la donna conosceva, o, in ogni caso, avrebbe potuto conoscere con ordinaria diligenza, la volontà del marito», cioè il rifiuto di avere figli, alla luce di precisi «indici rivelatori» manifestatisi prima del matrimonio. E il riferimento è ovviamente all’elemento richiamato in ambito ecclesiastico, cioè i «rapporti cautelati» avuti dalla coppia quando ancora non erano sposati.

Come chiedere la nullità del matrimonio se lui/lei non vuole figli

Dall’8 dicembre 2015 è in vigore una nuova disciplina che ha riformato il processo canonico per le cause di nullità del matrimonio concordatario (essa è stata introdotta da due provvedimenti “Motu proprio” di Papa Francesco del 15 agosto 2015 che hanno modificato il CIC).

La riforma ha semplificato la procedura e reso più rapido e accessibile tale processo.

Il processo canonico per ottenere la nullità del matrimonio concordatario può essere avviato solo dai coniugi e non da terzi. 

Il tribunale ecclesiastico può essere individuato indifferentemente in base al luogo in cui:

  • è stato celebrato il matrimonio;
  • uno o entrambi i coniugi hanno il proprio domicilio;
  • di fatto si devono raccogliere la maggior parte delle prove.

Giudice di prima istanza è il vescovo che può esercitare tale funzione personalmente o per mezzo di soggetti delegati.

Le cause sono decise da un collegio di 3 giudici, presiedute da un chierico, mentre gli altri 2 giudici possono essere laici.

I coniugi introducono il giudizio con un ricorso (denominato “libello“) che deve riassumere per sommi capi il motivo o i motivi in fatto e diritto per cui si intende annullare il matrimonio. 

Nei casi in cui la nullità del matrimonio non è sostenuta da argomenti particolarmente evidenti il vescovo dispone che la causa sia trattata secondo un processo ordinario.

Esso si compone delle seguenti fasi:

  • udienza preliminare denominata contestazione della lite nella quale è definito l’oggetto della controversia ossia è determinato il capo di nullità su cui il giudice è chiamato a pronunciarsi;
  • istruzione della causa in cui sono raccolti tutti gli elementi di prova. Essa prevede l’audizione dei coniugi e dei testimoni indicati dalle parti e, per le cause particolarmente complesse, l’intervento di un perito specialista (psicologo, psichiatra, ginecologo o andrologo, a seconda del caso specifico da sottoporre a indagine), nominato dal giudice;
  • fase decisoria in cui il collegio si riunisce a porte chiuse nel giorno e all’ora prefissati per valutare tutto il materiale probatorio raccolto ed emettere il parere conclusivo sulla causa. Il dispositivo circa la nullità o meno del matrimonio viene votato dai giudici a maggioranza assoluta;
  • stesura della sentenza in cui vengono pubblicate le motivazioni alla base della decisione.

Il Vescovo può giudicare le cause di nullità matrimoniale secondo una procedura più breve quando ricorrono le seguenti condizioni:

  • la domanda è proposta da entrambi i coniugi, o da uno di essi, col consenso dell’altro;
  • ricorrono circostanze di fatti e persone, sostenute da testimonianze o documenti, che non richiedono un’inchiesta o un’istruzione accurata e rendono manifesta la nullità.

È prevista un’unica sessione istruttoria in cui le parti assistono alle deposizioni e il tribunale assume le prove. Terminata tale fase si passa direttamente alla fase decisoria.

Se dalle prove risulta certa la nullità del matrimonio il vescovo decide con sentenza in cui deve esporre in maniera breve e ordinata i motivi che la sorreggono. Le circostanze che rendono manifesta la nullità del matrimonio sono ad esempio:

  • mancanza di fede che porta a simulare il consenso;
  • brevità della convivenza coniugale;
  • aborto procurato per impedire la procreazione;
  • ostinata permanenza in una relazione extraconiugale al tempo delle nozze o in un tempo immediatamente successivo;
  • occultamento doloso della sterilità o di una grave malattia contagiosa o di figli nati da una precedente relazione;
  • occultamento doloso di una precedente carcerazione;
  • causa del matrimonio del tutto estranea alla vita coniugale o consistente nella gravidanza imprevista della donna;
  • violenza fisica inferta per estorcere il consenso;
  • mancanza di uso di ragione comprovata da documenti medici.

Affinché la sentenza del tribunale ecclesiastico possa produrre effetti anche in ambito civile è necessario il cosiddetto exequatur, ossia un decreto di esecutività, emesso dal Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica presso la Santa Sede.

Per riconoscere effetti civili in Italia a una sentenza di nullità pronunciata da un tribunale ecclesiastico munita di exequatur, uno o entrambi i coniugi devono presentare alla corte d’appello una domanda di delibazione.

Si tratta di una declaratoria di validità che consente di annotare la sentenza nei registri dello stato civile e permette ai coniugi di riacquistare la libertà di stato. Solo in questo modo la sentenza avrà valore anche per la legge italiana.

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