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Il 21 aprile del 1915 nasce Anthony Quinn: attore messicano-americano

Biografia di Anthony Quinn, le sue interpretazioni, i suoi successi, tutto sulla leggenda del cinema

Anthony Quinn era un attore messicano-americano, oltre che pittore e scrittore. Ha recitato in numerosi film acclamati dalla critica e di successo commerciale, tra cui “Zorba il greco”, “Lawrence d’Arabia”, “The Guns of Navarone”, “The Message”, “Lion of the Desert” e “La strada” di Federico Fellini.

Ha vinto due volte l’Oscar come miglior attore non protagonista; per “Viva Zapata!” nel 1952 e “Lust for Life” nel 1956. Nell’arco di una carriera lunga oltre 60 anni deve la sua notorietà all’interpretazione di personaggi “improntati a una virilità brutale ed elementare”.

Anthony Quinn, l’imponente stella di Hollywood

Grande stella nel firmamento di Hollywood, Anthony Quinn (nome d’arte di Antonio Rodolfo Quinn-Oaxaca) nacque il 21 aprile 1915 a Chihuahua, Messico, da padre irlandese e madre messicana. Padre e madre che erano di fatto una coppia di ribelli coinvolti nella rivoluzione messicana, il che la dice lunga sulla predisposizione genetica dei Quinn alla vita vissuta fino in fondo.

Infanzia e debutto

Un tratto caratteriale che si può facilmente notare gettando uno sguardo sulla vita dell’attore prima che diventasse famoso. Ha solo due anni quando il padre, tornato dalla guerra, decide di stabilirsi con la famiglia in Texas per poi trasferirsi ancora, dopo qualche anno, a San Jose, in California, dove viene assunto come fattore. Qui, però, muore in un incidente d’auto, un evento che costringe il piccolo Quinn a rinunciare agli studi e a lavorare per mantenere i familiari (la madre, la sorella Stella e l’adorata nonna paterna).

Superati i primi anni di sconforto, la madre instaura una nuova relazione, che però il futuro attore non riesce proprio a digerire. La sua insofferenza arriva ad un punto tale che, non ancora maggiorenne, fugge di casa portando con sé nonna e sorella, guadagnandosi da vivere con lavori saltuari, fino ad unirsi ad una compagnia teatrale itinerante.

E in quel momento che scopre un’irresistibile passione per la recitazione anche se, inizialmente, i risultati sono tutt’altro che incoraggianti. La vita di un attore, negli anni trenta, era precaria e insicura e a nulla era servito, fra l’altro, l’aver debuttato ne “La via Lattea”, un film di Harold Lloyd, un grande artigiano della pellicola.


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L’ascesa

Una situazione che avrebbe abbattuto chiunque e infatti Anthony sembra voler rinunciare per sempre al teatro, tanto che si interessa per un ingaggio come mozzo su una nave commerciale che l’avrebbe portato addirittura in Oriente. Fortunatamente, poco prima di imbarcarsi, legge per puro caso un volantino in cui compariva un annuncio di ricerca attori per un film in via di realizzazione. E’ l’occasione giusta e lui dentro di sé lo percepisce.

D’altronde, quelli che hanno avuto la fortuna di averlo visto recitare agli esordi testimoniano tutti della fortissima personalità di Quinn, tale che il suo volto, il suo stile e la sua fisionomia solo per poco sarebbero potute sfuggire all’industria cinematografica, sempre assetata di figure carismatiche e di personaggi nuovi. Il provino che deve superare è quello per interpretare l’indiano Cheyenne in “The plainsman” di Cecil B. DeMille, al fianco di Gary Cooper.

È l’inizio di una lunghissima carriera durata più di cinquant’anni e che lo ha visto protagonista in teatro, televisione e in oltre 300 film. Una carriera coronata da due premi Oscar, vinti rispettivamente per “Viva Zapata” e “Brama di vivere”, e da ben sei candidature per interpretazioni indimenticabili tra le quali vanno ricordate quelle di “Zorba il greco” e “Selvaggio è il vento”.


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I grandi successi

Tra i moltissimi film girati da Quinn da non dimenticare: “Una faccia piena di pugni”, “Alba fatale”, “La storia del generale Custer”, “I cannoni di Navarone”, “Sangue e Arena”, “Guadalcanal” e “La strada”, di Fellini (Oscar come Miglior film straniero nel 1954). Altri film memorabili sono “Barabba”, “Lawrence d’Arabia” e “Il passo dell’assassino”, tutti caratterizzati dall’intensa e quasi infuocata espressività dell’attore messicano.

Più di recente, ormai anziano, ha partecipato a produzioni più leggere come “Last Action Hero – L’ultimo grande eroe” e “Jungle Fever”, in cui ha potuto sfruttare anche la sua notevole carica comica e parodiante. Nel 1986 l’Associazione della stampa estera di Hollywood lo ha onorato con l’assegnazione del premio Cecil B. DeMille alla carriera. Padre di ben tredici figli, l’ultimo dei quali nato quando l’attore era già in età avanzata, Quinn aveva recentemente pubblicato un’autobiografia intitolata “Il peccato originale: un autoritratto”.


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Morte

Circondato da un’immensa famiglia in cui l’attore era visto come una sorta di patriarca, Anthony Quinn è morto all’età di ottantasei anni al Brigham and Women’s Hospital di Boston dopo un’improvvisa crisi polmonare, aggravata dai già seri problemi cardiaci che si portava dietro da tempo.


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Vita privata

Nella vita privata, Quinn si dimostrò tanto vigoroso e passionale quanto è sempre apparso sullo schermo; nel 1965 divorziò dalla prima moglie Katherine DeMille, da cui aveva avuto cinque figli: Christopher (morto nel 1941 a 2 anni), Christina (1941), Catalina (1942), Duncan (1945) e Valentina (1952).

Nel 1966 si risposò con la costumista italiana Jolanda Addolori, dalla quale ebbe tre figli: Francesco (morto nel 2011 a 48 anni per un infarto), Danny (1964) e Lorenzo (1966, noto scultore).

Il loro fu un matrimonio burrascoso. Dal 1971 al 1985 ebbe infatti una prima relazione extraconiugale con Friedel Dunbard, da cui nacquero Sean (1973) e Alex (1976).

Il matrimonio si spezzò definitivamente nel 1993, allorché Quinn avviò una relazione con la sua segretaria Kathy Benvin, che gli diede una figlia, Antonia; nel 1996 i due ebbero un secondo figlio, Ryan, e si sposarono nel 1997, dopo il divorzio di Quinn dalla Addolori.

Parallelamente alla sua intensa attività recitativa, non ha mai dimenticato gli altri suoi grandi amori artistici, ossia la pittura e la scultura (oltre che a dilettarsi con chitarra e clarinetto), nell’ultimo tratto della sua vita diventate quasi la sua vera occupazione professionale.


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