Cronaca

Appalti per ambulanze truccati, altri 5 arresti a Pavia

La Guardia di Finanza di Pavia ha arrestato 5 persone per associazione per delinquere

Continuano le indagini e gli arresti legate agli appalti per le ambulanze truccati. La Guardia di Finanza ha arrestato 5 persone a Pavia. Cinque persone sono state trattenute dalla Guardia di Finanza di Pavia, tre detenute in carcere e due trattenute in custodia domiciliare, in relazione a funzionari della legge, nei confronti di amministratori di fatto, prestanome e dipendenti di una cooperativa operante nel settore dei trasporti sanitari affidataria di appalti pubblici in tutta Italia.

Appalti per ambulanze truccati, 5 arresti a Pavia

Le accuse vanno da associazione per delinquere finalizzata alla turbata libertà degli incanti, frode nelle pubbliche forniture e intermediazione illecita di manodopera (caporalato).

“Per aggiudicarsi tutti gli appalti a cui partecipava – spiega la Procura di Pavia -, la cooperativa proponeva offerte economiche talmente basse da risultare anti-economiche assicurando, solo formalmente, una folta flotta di mezzi. Il pareggio dei conti era possibile però grazie allo sfruttamento dei dipendenti e al numero di mezzi impiegati che era sensibilmente inferiore a quello richiesto dalle stazioni appaltanti“. Dalle indagini inoltre è anche emerso che la sanificazione delle ambulanze avveniva di rado, mentre “avrebbero dovuto essere eseguite dopo il trasporto di ogni paziente soprattutto in tempo di pandemia da Covid-19“.

Le indagini del 2021

Gli arresti di oggi sono il proseguimento dell’indagine, coordinata dalla Procura di Pavia, che nel marzo del 2021 aveva già portato a quattro arresti, nonché a perquisizioni e sequestri di apparati informatici in Lombardia, Marche, Lazio e Sicilia, “per appalti affidati in modo irregolare – si legge in una nota della Procura di Pavia – e non corretta esecuzione di pubbliche forniture“.

Nell’ambito della stessa inchiesta, nell’ottobre del 2021 il Tribunale di Pavia aveva disposto il sequestro preventivo dell’intero patrimonio aziendale, pari a circa 5 milioni di euro, oltre a circa 200mila euro degli indagati considerati “responsabili dello sfruttamento dei lavoratori”.

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