Cronaca

Attacco ai sistemi informatici della Regione Lazio, il dipendente hackerato: “Non venderei le password neanche per un milione”

L'impiegato della sede di Frosinone: "La polizia postale non mi ha interrogato, hanno soltanto portato via il mio pc. Emarginato al lavoro"

“Sono io la porta da cui sono entrati gli hacker della Regione Lazio. Pensavo di averla chiusa bene a chiave e invece…”. A parlare è Nicola, impiegato 61enne della sede di Frosinone della Regione Lazio intestatario dell’account “bucato” dai pirati informatici che da giorni tengono sotto scacco il Centro elaborazione dati regionale.

Attacco ai sistemi informatici della Regione Lazio, il dipendente hackerato

“Il presidente Zingaretti non mi ha chiamato – spiega al Corriere della Sera – neanche il mio capo ufficio lo ha fatto. Da una settimana mi sento come isolato, emarginato, solo due-tre colleghi si sono avvicinati per farmi coraggio, per chiedermi come sto. Sono spaventato“. L’impiegato inoltre afferma di non essere ancora stato interrogato dalla polizia postale: “Un tecnico lunedì è entrato, ha smontato il computer e l’ha portato via. Da quel momento il buio”.

I siti hot e le password

L’impiegato di Frosinone respinge ogni accusa, dall’aver visitato siti porno ad aver “venduto” le sue password. “La polizia postale potrà vedere tutti i movimenti che ho fatto. Troverà anche qualche foto, ma niente di compromettente: cene con amici, immagini di mia moglie. Vendermi le password? Nemmeno per un milione di bitcoin e sì che ci sistemerei la famiglia”.

“Perché proprio a me?”

“Forse hanno bucato me – spiega al Corriere il dipendente della Regione che solo un giorno a settimana lavora in sede svolgendo il resto della sua attività da casa – perché a casa lavoro in orari strani, mi sveglio alle 3 di notte e comincio a smaltire le pratiche più diverse. Lo smart working però è vulnerabile, la rete di casa è più fragile di quella aziendale”.

Non riesce comunque a farsene una ragione: “Sto sempre molto attento alle mail farlocche, le cestino direttamente. Sabato 31 luglio di notte dormivo e domenica primo agosto ho lavorato da casa nel pomeriggio e ricordo che non avevo neppure il computer in carica, poi intorno alle 19.30 ho chiuso tutte le piattaforme e ho spento. Poi, il lunedì, mi hanno chiamato dalla Regione: hanno bucato il suo account, spenga subito il computer. Così è iniziato l’incubo”.

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