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Il 24 febbraio del 1934 nasce Bettino Craxi: storico leader socialista e Premier

Percorriamo la biografia e la carriera di Bettino Craxi, l'uomo politico italiano più decisionista degli ultimi decenni

Bettino Craxi (all’anagrafe Benedetto Craxi) è stato un politico italiano, Presidente del Consiglio dei ministri dal 4 agosto 1983 al 17 aprile 1987 e Segretario del Partito Socialista Italiano dal 15 luglio 1976 all’11 febbraio 1993.

Craxi è stato uno degli uomini politici più rilevanti della Repubblica italiana e fu il primo socialista ad aver rivestito l’incarico di Presidente del Consiglio dei Ministri.

24 febbraio 1934: muore Bettino Craxi, storico segretario del PSI

Benedetto (Bettino) Craxi nasce Milano il 24 febbraio del 1934, in un periodo in cui il fascismo andava rapidamente affermandosi, richiamando consensi sempre più espliciti da parte di tutto il popolo italiano. Primo di tre figli di Vittorio Craxi, avvocato siciliano trasferitosi al Nord (tanto da diventare prefetto di Milano e poi Prefetto a Como) e di Maria Ferrari una popolana originaria di Sant’Angelo Lodigiano, Bettino è invece allevato nei valori dell’antifascismo e del socialismo liberale.

Studi e primi passi in politica

Iscritto alla Gioventù socialista, entra nella Federazione milanese durante le scuole superiori. Negli anni Cinquanta è funzionario a Sesto S. Giovanni. Entrerà nel Comitato Centrale del PSI al congresso di Venezia del 1957. A ventitré anni il suo campo di azione sono le università.


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Lo confessò lui stesso che da ragazzo non amava studiare. Al liceo rimediava promozioni a fatica. Ottiene comunque la maturità classica, ma all’Università non avrà uguale fortuna: frequenta sia la Facoltà di Giurisprudenza a Milano che quella di Scienze Politiche di Perugia. A diciannove anni l’incontro con Anna Maria Moncini, la donna che diventerà sua moglie.

L’ascesa

Nenniano di ferro e anticomunista convinto, prosegue come consigliere comunale a Milano dove, nel 1965, entra nella Direzione del Partito. Tre anni dopo, Craxi viene eletto deputato e passa nella Segreteria Nazionale come vice segretario di Giacomo Mancini, poi di Francesco De Martino. In quegli anni allaccia rapporti con i Partiti fratelli europei, mentre in seguito, nei primi anni Settanta sosterrà e finanzierà tutti i partiti socialisti sottoposti a regimi dittatoriali (Grecia, Spagna, Portogallo).


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Pietro Nenni e Bettino Craxi nel 1979.

Nel 1976 viene eletto Segretario del PSI al posto di De Martino, indicato come un segretario di transizione. Invece Craxi dimostra non solo di avere numerosi assi nella manica, ma anche idee innovative e per nulla acquiescenti nei confronti dello status quo politico italiano. Al congresso di Torino del 1978, ad esempio, contrappone la “Strategia dell’alternativa” al “Compromesso storico” enunciato dal leader del PCI Enrico Berlinguer, un partito col quale Craxi avvierà una feroce polemica.

Nel 1978 matura un altro avvenimento fondamentale per la carriera dell’uomo politico italiano più decisionista degli ultimi decenni: si tratta dello scandalo Lockheed, scandalo che costrinse l’allora Presidente della Repubblica Giovanni Leone a dimettersi anticipatamente e a fare sì che il PSI riesca a imporre, per la prima volta nella sua storia, un socialista al Quirinale: Sandro Pertini.


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Lo scontro con i comunisti va avanti. Mentre Berlinguer opera lo strappo con Mosca, avviando la “terza via”, nello stesso periodo Craxi abbandona Lenin e Marx per esaltare il pensiero di Proudhon e cambia il simbolo del Partito: non più falce e martello su libro e sole nascente, bensì un garofano rosso.

IIl rapimento Moro e lo strappo col Pci

Durante il rapimento di Moro, Democrazia cristiana e PCI non ne vogliono sapere di intavolare una trattativa per la liberazione di Aldo Moro. La linea scelta dai due maggiori partiti per affrontare i drammatici 55 giorni del sequestro dello statista DC è quella della fermezza: nessuna concessione alle Brigate Rosse. Bettino Craxi opterà invece per la linea della trattativa, ma inutilmente.


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La storica guida del PCI, Palmiro Togliatti e il leader storico del PSI, Pietro Nenni.

Il 4 agosto del 1983 forma il suo primo governo: un pentapartito composto da DC, PSI, PSDI, PRI e PLI. Resterà in carica fino al 27 giugno 1986. Un periodo che rimarrà il più lungo mai registrato nella storia della Repubblica. Oltre al record di permanenza, Craxi fu il primo socialista a diventare Primo Ministro in Italia.

Nel 1984 (il 18 febbraio) si firma la revisione del Concordato tra ItaliaVaticano. Sparisce la “congrua” e viene introdotto l’ 8 per mille e le offerte deducibili per il Clero. Con il Premier, a siglare l’intesa, il Cardinale Segretario di Stato Agostino Casaroli.


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Bettino Craxi e Silvio Berlusconi.

L’altro strappo col PCI è del 1984 quando, su sua proposta, viene approvato il decreto legge per il taglio di alcuni punti della scala mobile, senza il consenso dei sindacati.

Il 10 settembre del 1985 un aereo egiziano che trasporta Abu Abbas, esponente dell’OLP, un suo aiutante e i 4 dirottatori della nave da crociera italiana Achille Lauro, è intercettato dall’aviazione militare USA che ne impone l’atterraggio a Sigonella (Sicilia).


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Craxi rifiuta di consegnare agli USA i sequestratori palestinesi dell’Achille Lauro affermando che i reati sono stati commessi su suolo italiano e, quindi, compete all’Italia perseguire i reati. I militari italiani di Sigonella si oppongono, con le armi, alle truppe speciali statunitensi.

L’asse Craxi-Andreotti-Forlani e la crisi del Governo

L’ 8 dicembre 1989 il Segretario Generale dell’ONU lo nomina suo Rappresentante personale per il debito dei Paesi in via di sviluppo. Nel Novanta presenta il suo rapporto all’Assemblea.


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Bettino Craxi, Giulio Andreotti e Arnaldo Forlani, i leader del Pentapartito.

Il Segretario Generale lo nomina Consigliere Speciale per lo sviluppo e il consolidamento per la pace e della sicurezza. Per firmare i suoi interventi sull’ “Avanti!” Craxi inizia a usare lo pseudonimo affibbiatogli dal direttore di Repubblica Eugenio Scalfari, ispirato al “masnadiero di Radicofani”: Ghino di Tacco.

Non è per la verità un soprannome lusinghiero, visto che si trattava di un brigante (anche se c’è chi sostiene che fosse una sorta di Robin Hood), ma Craxi con molto senso dell’umorismo, accetta il dileggio.


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Craxi prosegue comunque la sua opera di avvicinamento del Partito Socialista al centro, con l’intento di farne l’ago della bilancia della politica italiana. Sono gli anni del celeberrimo CAF, l’asse Craxi-Andreotti-Forlani, il governo pentapartito dei primi anni Novanta. I tre rovesciano il leader irpino Ciriaco De Mita togliendogli la Segreteria DC e il governo. Ma Craxi non riuscirà più a riprendere le redini del governo. L’inizio della crisi politica di Bettino Craxi è datata 1992.

Lo scandalo di Mani Pulite

La valanga inizia con l’arresto dell’amministratore socialista di una casa di riposo per anziani di Milano, il Pio Albergo Trivulzio: Mario Chiesa, che viene bloccato mentre incassa una tangente da una ditta di pulizie. Craxi lo definisce “un mariuolo”, un ladruncolo che non ha nulla a che fare con il PSI.

Ma da quell’episodio parte Mani Pulite, inchiesta condotta dal pm Antonio Di Pietro. Inizia Tangentopoli. Il 15 dicembre 92 arriva il primo avviso di garanzia per l’inchiesta sulla Metropolitana di Milano. Il Pool, guidato da Francesco Saverio Borrelli, invia al leader socialista, il primo avviso di garanzia.


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Antonio Di Pietro, il magistrato più famoso di Mani Pulite.

Nell’agosto del 1993, davanti ad un Parlamento ammutolito, fa lo storico discorso che suona come una sfida a tutta la classe politica italiana: “Si alzi in piedi chi di voi non ha preso finanziamenti illeciti in questo Paese“. Poi ricorda i soldi versati dai sovietici al PCI e l’apparato paramilitare del KGB in Italia.

Hammamet e morte


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La tomba di Bettino Craxi ad Hammamet in Tunisia.

Tuttavia, travolto dagli scandali giudiziari e inseguito dai mandati di cattura del pool Mani Pulite di Milano, Craxi decide di non affrontare i processi e nel 1994 fugge nella sua villa di Hammamet, in Tunisia, presso la quale capi di Stato e politici di tutto il mondo amavano un tempo farsi ospitare.

Per sei anni l’Italia fa finta di scordarsi di lui: pochi i politici che gli fanno visita, come altrettanto pochi sono gli amici rimasti al suo fianco. Muore in Tunisia il 19 gennaio del Duemila. Per gli amici ed i parenti era un esiliato e per la giustizia italiana un latitante.

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