Cronaca

Bimbo torturato e ucciso a Milano: il padre condannato all’ergastolo

La Corte d'assise ha riconosciuto anche il reato di torture, oltre all'omicidio volontario e ai maltrattamenti

È stato condannato all’ergastolo Alija Hrustic, 26enne di origini croate ritenuto colpevole dell’omicidio del figlio di due anni e mezzoucciso a Milano nel 2019. Per Hrustic decisi anche nove mesi di isolamento diurno. La sentenza è stata pronunciata dalla Corte d’assise di Milano, che ha accolto la richiesta della pm. I giudici hanno riconosciuto anche il reato di torture, oltre all’omicidio volontario e ai maltrattamenti.

Milano: Alija Hrustic condannato all’ergastolo

Non mi aspettavo francamente la condanna per la tortura, per come è stata ricostruita negli atti, né mi aspettavo l’ergastolo“, ha commentato l’avvocato difensore. “Speravo in una condanna a trent’anni, l’avrei ritenuta più attinente ai fatti così come sono stati ricostruiti al di là degli articoli della stampa”, ha aggiunto il legale preannunciando ricorso in appello.

Bocciata la linea della difesa

Secondo la difesa Hrustic non voleva uccidere il piccolo, ma soltanto punirlo perché si era sporcato. Ma la richiesta del legale di riqualificare il reato principale da omicidio volontario a omicidio preterintenzionale non è stata accolta dai giudici. L’imputato, presente in aula al momento della lettura della sentenza, dovrà inoltre versare una provvisionale di centomila euro a favore della moglie e delle sue altre figlie che si sono costituite parti civili nel processo. Le motivazioni della sentenza saranno depositate tra 90 giorni.

Il delitto

Il delitto risale alla notte tra il 21 e il 22 maggio 2019. Quando i soccorritori arrivarono nell’appartamento di un caseggiato popolare in zona San Siro, il piccolo era già morto, ma presentava lividi e bruciature su tutto il corpo. Del padre, che poco prima aveva chiamato il 118, non c’era più traccia. L’uomo venne rintracciato e arrestato poche ore dopo in un appartamento in cui si era rifugiato insieme alle altre due figlie. Confessò immediatamente di avere ucciso il piccolo perché si era sporcato, non aveva il pannolino, continuava a piangere e non lo faceva dormire.

Il cadavere del piccolo presentava anche alcune bruciature di sigaretta sul corpo e un’evidente scottatura  ai piedi provocata da una fiamma viva. Elementi che spinsero la procura di Milano a contestargli, per la prima volta in Italia, il reato di tortura commesso in ambito familiare.

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