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Il 24 gennaio1979 le Brigate Rosse uccidono Guido Rossa: il primo attentato ad un sindacalista di sinistra

L’omicidio di Rossa segna una svolta nella storia delle BR, che da quel momento non riusciranno più a trovare le stesse aperture nei confronti del proletariato

Il 24 gennaio 1979 accade a Genova – durante i sanguinosi anni di piombo – un tragico evento, viene assassinato dei brigatisti, Guido Rossa, un operaio e sindacalista italiano. Appassionato di montagna, è anche ricordato per la sua attività di alpinista, di fotografo e per il suo impegno nel Club Alpino Italiano.

24 gennaio 1979: viene assassinato il sindacalista Guido Rossa

A seguito della denuncia contro un loro membro, il sindacalista Guido Rossa viene ucciso dai brigatisti il 24 gennaio del 1979. Si tratta del primo assassinio effettuato dalle Brigate Rosse ai danni di un sindacalista organico alla sinistra italiana.


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Il taglio del nastro della strada a mare intitolata “Guido Rossa” nel 2015. Si tratta un’arteria che congiunge Sopraelevata a Lungomare Canepa.

La denuncia di Rossa contro un brigatista infiltrato è la prima che avviene dalla loro formazione e rischia di costituire un pericoloso precedente per cui le BR decidono di reagire. La prima ipotesi è quella di catturarlo e lasciarlo incatenato ai cancelli della fabbrica, con appeso un cartello infamante, in una sorta di gogna intimidatrice. Tuttavia questa ipotesi di azione viene scartata venendo giudicata irrealizzabile; ne viene così decisa la gambizzazione, pratica frequente a quel tempo.

L’omicidio

Il 24 gennaio 1979 alle 6:35 del mattino, Guido Rossa esce dalla sua casa in via Ischia 4Genova per recarsi al lavoro con la sua Fiat 850. Ad attenderlo su un furgone Fiat 238 parcheggiato dietro c’è un commando composto da Riccardo DuraVincenzo Guagliardo e Lorenzo Carpi. I brigatisti gli sparano uccidendolo. È la prima volta che le Brigate Rosse decidono di colpire un sindacalista organico alla sinistra italiana e l’omicidio sarà seguito da una forte reazione da parte di partiti e sindacati e della società civile, in particolare quella legata al partito comunista.


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Le immagini dell’attentato.

Al funerale, cui partecipano 250 000 persone, presenzia il Presidente della Repubblica Sandro Pertini in un’atmosfera molto tesa. Dopo la cerimonia Pertini chiede di incontrare i “camalli” (gli scaricatori del porto di Genova). Racconta AntonioGhirelli, all’epoca portavoce del Quirinale, che il Presidente era stato avvisato che in quell’ambiente c’era chi simpatizzava con le Brigate Rosse, ma che Pertini rispose che “proprio per quello li voleva incontrare”. Il Presidente entrò in un grande garage pieno di gente, “saltò letteralmente sulla pedana”  e con voce ferma disse: “Non vi parla il Presidente della Repubblica, vi parla il compagno Pertini. Io le Brigate Rosse le ho conosciute: hanno combattuto con me contro i fascisti, non contro i democratici. Vergogna!”. Ci fu un momento di silenzio, poi un lungo applauso. La salma di Rossa venne infine tumulata presso il cimitero monumentale di Staglieno.

Il cambiamento

L’omicidio di Rossa segna una svolta nella storia delle Brigate Rosse, che da quel momento non riusciranno più a trovare le stesse aperture nei confronti dell’organizzazione interna del proletariato di fabbrica. In effetti, proprio per la delicatezza dell’obiettivo, si è ritenuto probabile che le BR avessero intenzione di punire Rossa, ma senza ucciderlo. La vittima, probabilmente, doveva essere solo gambizzata.


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La bandiera informale delle Brigate Rosse.

Tale ipotesi sembra essere confermata dalle perizie e dalle successive testimonianze: Vincenzo Guagliardo, il componente del commando che esplode tre colpi calibro 7,65 alle gambe con una Beretta 81, ha raccontato che a gambizzazione avvenuta Riccardo Dura, capo della colonna genovese delle BR, dopo essersi allontanato come gli altri brigatisti dal luogo dell’operazione, era tornato indietro per esplodere l’ultimo colpo, quello che aveva ucciso Guido Rossa.

L’autopsia rivela infatti che su Rossa furono esplosi quattro colpi alle gambe e uno solo mortale al cuore. Guagliardo aggiunge che il giorno dopo il delitto i membri dell’organizzazione chiesero spiegazioni sull’accaduto, al che Dura giustificò l’omicidio affermando che le spie andavano uccise.

Sempre secondo Guagliardo le BR valutarono seriamente l’espulsione di Dura, rinunciandovi però per non provocare fratture all’interno dell’organizzazione. Dura continuò quindi la sua militanza nelle BR, partecipando ad altre azioni ed entrando nel Comitato Esecutivo. La ricostruzione dei fatti di Guagliardo suggerisce che la causa dell’omicidio di Guido Rossa sarebbe da ricercare nell’iniziativa individuale del capo dei componenti del commando e non in una volontà politica delle BR di eliminare il sindacalista.


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La colonna genovese delle BR si assunse comunque l’intera responsabilità dell’omicidio. Nel 2008 la figlia Sabina, deputata eletta nel Partito Democratico, si è espressa contro la decisione con cui il giudice di sorveglianza di Roma aveva negato la libertà condizionale a Vincenzo Guagliardo, che lei ha incontrato.

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