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Cambiamenti climatici, ecco le coltivazioni a rischio tra 50 anni

Un solo pianeta non ci basta. Per continuare a sostenere gli attuali consumi ne servirebbero almeno due. Che impatto hanno i cambiamenti climatici sull’agricoltura? Ecco le coltivazioni a rischio.

Cambiamenti climatici, le coltivazioni a rischio

Il nostro bel Paese appartiene alla porzione di Mondo che consuma più di quanto ha a disposizione. Per soddisfare il nostro fabbisogno, servirebbero almeno 4,3 Itaile. Sono i numeri diffusi dal Wwf in occasione dell’Earth Hour 2019, una mobilitazione planetaria che si celebra oggi e che lo scorso anno ha coinvolto 188 Paesi, che si sono simbolicamente “spenti” pere richiamare l’attenzione sul buio a cui rischiamo di andare in contro se non cambiamo il nostro stile di vita.

Le coltivazioni a rischio

I cambiamenti climatici sono la diretta conseguenza dell’inquinamento e dell’eccessivo consumo di risorse e di energia. A livello mondiale sono riconducibili al clima il 60% dei casi di diminuzione di rendimento di mais, riso, grano e soia. Rispetto a quella di oggi, nel 2050 le rese medie delle principali colture potrebbero ridursi di un ulteriore 17%.

Uno studio pubblicato su Nature Communications spiega che se le emissioni inquinanti non verranno ridotte entro la fine del secolo la produzione di grano diminuirà del 20%, quella della soia del 40% e quella del mais del 50%.

Numeri che ci toccano da vicino, essendo l’Europa il principale produttore mondiale di grano. Non solo: l’85% della produzione di vino nei prossimi 50 anni potrebbe essere a rischio a causa dell’innalzamento medio delle temperature, che cambia i processi di maturazione dell’uva. Stesso discorso per frutti come pesche o albicocche o fragole, che avranno una minore resa e di conseguenza costi più alti.

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