Inchiesta

Camorra in Campania: la storia del clan Graziano di Quindici

Quali sono i clan della Camorra attivi in Campania? Ecco la storia del clan Graziano, originario di Quindici. Da decenni è coinvolto in un feroce conflitto, nel quale è contrapposto al clan Cava.

Camorra: la storia del clan Graziano

Il clan Graziano è un sodalizio camorristico originario di Quindici, in provincia di Avellino. Da decenni è coinvolto in una feroce faida con il clan Cava. Il clan si formò nei primi anni Settanta e, congiuntamente agli attuali rivali dei Cava e ad altre famiglie criminali, formava un unico gruppo camorristico, denominato “Clan dei Quindiciari”.

Prima di allora, la famiglia criminale quindicese più potente era quella dei Siniscalchi, il cui maggiore esponente, Michele Siniscalchi, ebbe anche rapporti col boss italo-americano Lucky Luciano. Quella che si potrebbe definire come la prima faida di Quindici, risale agli inizi degli anni ’70 e scaturì dopo l’omicidio del boss-sindaco Fiore Graziano, avvenuto nel settembre del ’72 ad opera della famiglia Grasso, un omicidio eccellente che aveva dato il via al conflitto Grasso-Graziano.

La faida tra i Graziano e i Grasso si concluse con il trionfo dei primi. I Graziano, in quegli anni, sono i veri padroni di Quindici. Il 23 novembre del 1980 un violento terremoto si abbatte sull’Irpinia: è allora che i Graziano entrano in conflitto con il clan Cava.

I due clan, fino ad allora alleati in un unico clan, si scindono. La faida di Quindici inizia per motivi economici e si inasprisce a seguito dell’adesione dei Graziano alla Nuova Camorra Organizzata e dei Cava alla Nuova Famiglia per poi divenire, negli anni, sempre più, motivata e portata avanti da un nascente e crescente odio fra le due famiglie quindicesi, ognuna delle quali, nel corso dei decenni, ha tentato di estirpare quella rivale. Per ben cinque volte, i Graziano sono riusciti a far eleggere, nel solo comune di Quindici, altrettanti sindaci, due uccisi e tre destituiti dall’incarico per camorra.

La faida di Quindici

Il 26 maggio 2002, alla periferia del comune di Lauro, i Graziano si resero responsabili di quella che poi, in seguito, fu denominata “Strage delle donne“. Cinque donne del clan Cava, la sera del 26 maggio 2002, erano a bordo di una vettura Audi, quando furono raggiunte da una raffica di proiettili che non lasciarono scampo a tre delle presenti, ovvero Clarissa Cava, appena 16enne, Michelina Cava e Maria Scibelli, rispettivamente figlia, sorella e cognata del boss Biagio Cava, tutte e tre rimaste uccise.

Nell’agguato fu gravemente ferita anche Felicetta Cava, altra figlia del boss Biagio, il quale era detenuto a Nizza, Felicetta rimase paralizzata. Nell’auto sulla quale le donne viaggiavano, furono rinvenute diverse pistole, bombolette di acido spray, roncole, forbici e mazze chiodate.

La strage fu l’apparente culmine di una faida che segnò profondamente il Vallo di Lauro e che causò decine di vittime, sia da una fazione che dall’altra. In drammatiche intercettazioni avvenute subito dopo la strage, si sentì il boss Salvatore Luigi Graziano, in preda all’euforia, esclamare: “Le abbiamo ammazzate tutte, non ne è rimasta nemmeno una di quelle zingare” e stappare una bottiglia di spumante per dare il via ai festeggiamenti per la tanto bramata morte delle rivali.

I Boss del clan Graziano

  • Adriano Sebastiano Graziano, detto O’ Professore
  • Antonio Graziano, detto O’ Sanguinario
  • Arturo Graziano, detto O’ Guaglione
  • Felice Graziano, detto Felicione
  • Fiore Graziano, detto Ciore ‘i bomba
  • Raffaele Pasquale Graziano
  • Salvatore Luigi Graziano

Clan Graziano: la situazione odierna

Il clan, dopo uno stato di dormiveglia, è tornato a far parlare di sé il 1º agosto 2019, allorquando cinque affiliati, tra cui Fiore e Salvatore Graziano, figli del boss Arturo Graziano, sono finiti in manette. I cinque affiliati arrestati, tutti del Vallo di Lauro, si sarebbero resi responsabili di alcuni atti estorsivi, detenzione abusiva di armi da fuoco e da guerra e attentati, come quello operato contro la sede di Irpiniambiente, creando un vero e proprio terrore nelle vittime, promosso mediante minacce, auto incendiate, blitz nei cantieri armi alla mano e volto travisato da passamontagna.

La Procura Distrettuale Antimafia ha delineato uno scenario piuttosto inquietante. Infatti è emerso che gli arrestati stavano dedicandosi alla preparazione di un attentato in cui sarebbero dovuti morire Salvatore Cava e Rosalba Fusco, madre di Salvatore Cava e moglie del boss defunto Biagio Cava.

Il duplice omicidio avrebbe dovuto rilanciare l’attività della cosca quindicese, i cui esponenti non hanno mai smesso di voler riassumere il controllo del territorio e di voler tornare come ai tempi del capoclan Pasquale Raffaele Graziano, esponente di spicco della Nuova Camorra Organizzata di Raffaele Cutolo. L’operazione testimonia come il clan, nonostante le decine e decine di arresti e i sequestri patiti negli ultimi anni, sia ancora vivo ed agguerrito.

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