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Captain Phillips – Attacco in mare aperto: la storia vera dietro il film

Stasera, giovedì 15 aprile, su Rai Movie va in onda in Prima Tv il film Captain Phillips - Attacco in mare aperto.  Il film 6 volte candidato all'Oscar nel 2014 è ispirato alla storia vera di un arrembaggio di pirati somali a una nave battente bandiera americana avvenuto nel 2009

Stasera, giovedì 15 aprile, su Rai Movie (Canale 24) va in onda in Prima Tv il film Captain Phillips – Attacco in mare aperto.  Il film 6 volte candidato all’Oscar nel 2014 è ispirato alla storia vera di un arrembaggio di pirati somali a una nave battente bandiera americana avvenuto nel 2009. Andiamo a vedere com’è andata davvero quella vicenda che nella realtà sembra più controversa di come la racconta la pellicola interpretata da Tom Hanks. 

Captain Phillips – Attacco in mare aperto: il film e la storia vera

Captain Phillips – Attacco in mare aperto va in onda in Prima Tv stasera su Rai Movie alle 21.10. Il film è ispirato ad una storia vera del 2009. Il capitano Richard Philips (Tom Hanks) lascia la sua famiglia nel Vermont per guidare la nave porta container americana Maersk Alabama dall’altra parte del mondo. In acque extraterritoriali, il suo bastimento viene però attaccato da un manipolo di pirati somali, armati e pronti a tutto, e Philips viene rapito, in cerca di riscatto.



La storia vera di Captain Phillips

La vicenda reale cui si fa riferimento è l’avvenimento risalente al 7 aprile 2009. Alabama, un cargo della compagnia danese Maersk salpato dagli Stati Uniti che trasporta aiuti umanitari, sta navigando nelle acque della costa orientale dell’ Africa, verso Mombasa (Kenya). Suona l’allarme perché la nave è seguita da una barchetta che poi scompare alla vista. All’alba del giorno dopo una barca più grande si avvicina al cargo, è l’ inizio di un arrembaggio di pirati somali, evento non rarissimo in quelle acque in quegli anni.

Il cargo viene dirottato, il suo capitano Richard Phillips preso in ostaggio, portato a bordo di un’ altra imbarcazione. L’ equipaggio riesce a catturare Abduwali Muse, il capo dei pirati, ma il tentativo di scambiare il prigioniero con il capitano fallisce. I somali si rimangiano la promessa di rilasciarlo. La vicenda si conclude con un intervento armato della Marina statunitense: tre dei quattro pirati finiscono uccisi, Muse arrestato. Il capitano del Cargo e l’ equipaggio dell’ Alabama, una ventina di persone, vengono tratti in salvo.

Perché il caso di Captain Phillips ha fatto notizia?

In quegli anni gli arrembaggi alle navi mercantili in quella zona non erano rari. Nigrizia, infatti, scrive che «In quel periodo, la pirateria era diventata un business che rendeva milioni di dollari e complessivamente più di mille marinai sono stati tenuti in ostaggio spesso per mesi o addirittura anni. E con la crescita del fenomeno erano aumentate anche le richieste di riscatto: mentre nel 2005, il prezzo medio richiesto dai pirati per il rilascio di una nave e del suo equipaggio si aggirava sui 150mila dollari, nel 2010, tale importo era lievitato a 5,4 milioni di dollari».

Il caso della Maersk Alabama fa particolare notizia perché è la prima volta dopo 200 anni che una nave battente bandiera americana finisce assalita dai pirati. Il film celebra l’evento.

La scena del film che ha fatto discutere l’America

Quando il film Captain Phillips – Attacco in mare aperto è uscito nelle sale cinematografiche nel 2013, una scena in particolare fa discutere l’ America. La scena è quella in cui davanti ai pirati arrembanti che minacciano il suo equipaggio il capitano ripete: «Sparate a me, se dovete sparare a qualcuno sparate a me».  Stando alle ricostruzioni dell’ operazione che alla fine ha salvato i marinai del cargo, Phillips non sarebbe stato rapito e portato giù dalla nave perché si sarebbe offerto per salvare l’ equipaggio ma semplicemente perché i somali si erano rimangiati la promessa di rilasciarlo.


captain Phillips


Il capitano non è l’eroe del film

All’uscita del film una parte dei membri dell’ equipaggio dell’ Alabama insorge con una durissima intervista al New York post, poi ripresa dall’ Independent. Nell’intervista un membro dell’ equipaggio, chiedendo di restare anonimo per questioni legali, accusa il capitano di non essere affatto l’eroe che compare nel film, ma ne mette in questione le modalità di comando, che ritiene accentratrici e autoreferenziali, quando non presuntuose.

Secondo i suoi critici lo stile di comando del capitano avrebbe trascurato i ripetuti avvertimenti di pericolo nella zona ignorando 7 e-mail che avvisavano della crescita degli assalti e che consigliavano di restare almeno a 600 miglia dalla costa. Al Post Phillips avrebbe detto di non essere in grado di dire con esattezza a quante miglia dalla costa navigasse la nave, ma nella sua ipotesi arrotondò a 300.

La causa contro la compagnia di navigazione

9 membri di quell’equipaggio, assistiti da uno studio legale del Texas specializzato in lesioni personali e, in particolare nella tutela di singoli in causa contro grandi aziende e compagnie di assicurazioni, hanno fatto causa alla compagnia di navigazione. I membri dell’equipaggio hanno sostenuto che la compagnia di navigazione non avesse adeguatamente tutelato l’incolumità del proprio personale, di fatto delegando la tutela ai «veri eroi» della Marina che li ha liberati, scaricando così i costi della sicurezza sui contribuenti americani.


captain phillips
Il Capitano Richard Phillips

I risvolti processuali del caso dell’Alabama

Il capitano Phillips non è stato parte in causa in quei procedimenti. I procedimenti sono stati 2:

  • uno incardinato per competenza in Texas
  • l’ altro in Alabama

nessuna causa è stata intentata contro il capitano direttamente. Philips è intervenuto soltanto come testimone della difesa, a discarico dell’ azienda. Diverse udienze sono state celebrate ma nessuna delle due azioni legali è approdata a processo:

  • quella del Texas è stata archiviata
  • quella dell’ Alabama «è stata risolta prima che andasse a processo il 2 dicembre del 2012». Infatti, nella procedura civile e penale americana non è infrequente che un procedimento si risolva con un accordo extragiudiziale tra le parti, a procedimento iniziato, senza approdare al trial (il processo vero e proprio).

Questo significa che non abbiamo una sentenza che ricostruisca in modo definitivo come siano andate davvero le cose su quella nave. Difficile dire quanto abbia esagerato il film con la retorica agiografica nel dipingere il capitano eroe senza macchia e senza paura. Questo però non basta per dire che il capitano sia stato il presuntuoso comandante che ha scherzato con le vite del suo equipaggio in sprezzo del pericolo come hanno detto ai giornali.

Gli effetti del caso dell’Alabama

L’ufficio legale che si è occupato del caso – rappresentando la parte dell’ equipaggio – ha sostenuto che quell’azione legale abbia avuto un qualche ruolo nel modificare l’atteggiamento delle compagnie e degli organismi internazionali nei confronti della pirateria nel Corno d’ Africa in quel periodo. In effetti, è un fatto che i casi di arrembaggio sono nettamente diminuiti dal 2010 in poi quando quelle acque, forse anche grazie al clamore suscitato dall’ assalto a una nave americana, sono state molto più significativamente presidiate dagli organismi internazionali.

Nello stesso periodo, le compagnie di navigazione straniere, hanno preso da quel momento a equipaggiare le proprie navi con scorte armate private.


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La lotta contro la pirateria del mare

Il dottor Paolo Quercia, analista di relazioni internazionali e politica estera, ha dichiarato che: «I dati del 2013 dimostrano che le strategie di lotta alla pirateria hanno dato i loro frutti. Sicuramente, le missioni navali nell’ Oceano indiano hanno dato un importante contributo, sia nelle operazioni di pattugliamento, scorta e soccorso ma anche in quelle di caccia ai pirati e alle loro basi sulla terraferma. Ma vi sono altri elementi che hanno contribuito a produrre questa inversione di tendenza. Innanzitutto la decisione di armare, con nuclei di protezione militari o privati, molte delle navi più esposte al rischio della pirateria, ha rappresentato un fattore estremamente decisivo.

Al momento non si registra nessun caso di nave con protezione armata che sia stata assalita con successo dai pirati somali. Nel corso del 2013, ogni qual volta i pirati hanno incontrato una resistenza armata nelle loro azioni di avvicinamento alle navi hanno sempre abbandonato l’ assalto. L’ altro fattore rilevante è stato il ritorno di interesse politico da parte della comunità internazionale sulla Somalia e la decisione di porre fine al periodo di anarchia e instabilità, puntando al rafforzamento delle strutture governative e alla ricostruzione politica ed economica. Solo il completamento della ricostruzione a terra può far consolidare i successi ottenuti sul mare contro la pirateria».

La pirateria oggi

Stando alle notizie recenti, la pirateria non è cessata, ma si è spostata dall’altra parte dell’ Africa lungo la costa atlantica. Secondo un recente rapporto dell’ Ufficio marittimo internazionale, è nei 5.700 chilometri del Golfo di Guinea, tra il Senegal e l’Angola, che nel 2020 si sono verificati 130 dei 135 sequestri di navi registrati al mondo. I responsabili di questi attacchi sono i pirati nigeriani, feroci e professionali.

La pirateria somala è pressoché terminata nel periodo tra il 2012 e il 2016, qualche segnale di modesta ripresa ha ridato dal 2017. Molti esperti della sicurezza del settore ritengono che la recrudescenza degli assalti sia stata originata dalla conclusione della missione Nato Ocean Shield contro la pirateria al largo della Somalia, che dal 2009 ha pattugliato le acque del Corno d’Africa, come parte di uno sforzo internazionale nella lotta contro la criminalità in mare, ma anche dall’abbassamento della guardia delle compagnie che hanno preso a ritenere quel tratto di mare meno pericolose, riducendo l’ impatto della scorte private.

Chi osserva i fenomeni con sguardo globale continua a ripetere che il miglior deterrente alla pirateria per i giovani somali sarebbe garantire alla popolazione locale maggiori risorse e opportunità alternative. Probabilmente costerebbe meno di quanto è costato negli anni bui contrastare con le armi da difesa la pirateria alla comunità internazionale e alle compagnie di navigazione.

Dove vedere Captain Phillips – Attacco in mare aperto?

Captain Phillips – Attacco in mare aperto va in onda stasera, giovedì 15 aprile, alle 21.10 su Rai Movie. Il film sarà disponibile in streaming sulla piattaforma streaming di RaiPlay. Il film, poi, è già disponibile sulla piattaforma online Netflix per gli abbonati.

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