Economia

Reddito cittadinanza, carcere per chi attesta il falso

Si rischia il carcere per il Reddito di Cittadinanza. L’INL, infatti, è impegnato nelle attività di controllo successive alla concessione della misura introdotta dal D.L. n. 4/2019 (conv. da L. n. 26/2019) e, in particolare, sull’accertamento dello svolgimento di prestazioni di lavoro “in nero” da parte dei soggetti appartenenti ad un nucleo familiare beneficiario del Rdc.

Carcere per il Reddito di Cittadinanza

Lo rammenta la Circolare n. 8/2019 con cui l’ispettorato da ricapitolato le fattispecie di reato che il legislatore ha previsto a presidio del corretto assolvimento dell’obbligo di informazione che grava sui richiedenti in merito al possesso dei requisiti di legge, sia nella fase di presentazione dell’istanza, sia in costanza di fruizione del beneficio nell’ipotesi di variazioni intervenute successivamente alla presentazione dell’istanza.
  1. RdC: sanzioni per dichiarazioni o attestazioni false
  2. RdC: sanzioni per omessa comunicazione di variazioni reddituali
  3. Le verifiche dell’INL

RdC: sanzioni per dichiarazioni o attestazioni false

In primis, l’art. 7 del D.L. n. 4/2019 si è soffermato sulle condotte dirette a ottenere indebitamente il beneficio in esame o a conservarne illegittimamente il godimento.
In particolare, il comma 1 punisce con la reclusione da due a sei anni, salvo che il fatto non costituisca più grave reato, la condotta di “chiunque, al fine di ottenere indebitamente il beneficio (…) rende o utilizza dichiarazioni o documenti falsi o attestanti cose non vere, ovvero omette informazioni dovute (…)”. La condotta in esame, dunque, rileva in fase di presentazione della domanda di fruizione del Rdc.

RdC: sanzioni per omessa comunicazione di variazioni reddituali

Il comma 2 del medesimo articolo punisce con la reclusione da uno a tre anni“l’omessa comunicazione delle variazioni del reddito o del patrimonio, anche se provenienti da attività irregolari, nonché di altre informazioni dovute e rilevanti ai fini della revoca o della riduzione del beneficio entro i termini” indicati dalla legge. Tale fattispecie si configura, quindi, in un momento successivo alla concessione del beneficio.
Ai fini della configurabilità di tale reato, precisa l’INL, non rileva lo svolgimento in sé di un’attività lavorativa che risulta compatibile, in termini generali, con la fruizione del Rdc quanto, piuttosto, l’omessa comunicazione del reddito percepito che avrebbe potuto comportare, ove correttamente comunicato, la riduzione o addirittura il venir meno del beneficio.

Le verifiche dell’INL

Al fine di agevolare lo svolgimento dell’attività di vigilanza sulla sussistenza delle circostanze che comportino la decadenza dal beneficio il legislatore ha consentito all’INL di accedere alle banche dati gestite dall’INPS. L’Istituto ha dunque predisposto una piattaforma informatica sulla quale confluiranno tutti i dati utili alla individuazione dei soggetti percettori del Rdc e all’accertamento dei reati suddetti.
Le informazioni contenute nella piattaforma consentono al personale ispettivo di verificare se i lavoratori impiegati senza la preventiva comunicazione ex art. 9 bis del D.L. n. 510/1996 risultino appartenere ad un nucleo familiare percettore di RDC, nonché di consultare le informazioni relative ai modelli “Rdc/Pdc- Com ridotto/esteso”.
Pertanto il personale ispettivo che, attraverso la consultazione, abbia riscontrato la falsità delle dichiarazioni o delle informazioni rese o l’omissione delle informazioni dovute, dovrà trasmettere, “entro dieci giorni dall’accertamento, all’autorità giudiziaria la documentazione completa del fascicolo oggetto di verifica”.
Contemporaneamente andrà effettuata all’INPS territorialmente competente, dove il lavoratore ha la residenza, l’ulteriore comunicazione circa le generalità e il C.F. di quest’ultimo quale percettore di Rdc o appartenente ad un nucleo familiare di percettore Rdc, affinché l’Istituto provveda alla tempestiva decadenza dal beneficio.
Quest’ultimo invio, precisa la Circolare, andrà effettuato nel più breve tempo possibile e comunque non oltre la settimana successiva all’accesso ispettivo atteso che il rispetto di tale tempistica è funzionale ad una rapida interruzione della erogazione.

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