La Cassazione ha emesso una sentenza che potrebbe segnare una svolta significativa in materia di truffe bancarie. I Giudici della Corte Suprema, infatti, hanno stabilito che i prelievi e pagamenti non riconosciuti dai clienti debbano essere addebitati alla banca, a meno che quest’ultima non dimostri di aver adottato tutte le misure necessarie per prevenire tali eventi, secondo il criterio dell’“accorto banchiere”.
Questo implica che la banca deve dimostrare di aver gestito correttamente i rischi tipici della sua attività e che l’evento dannoso sia stato al di fuori del suo controllo tecnico e prevedibilità. Questa ordinanza è stata emessa in relazione a una controversia legale iniziata quasi 15 anni fa da una correntista BNL presso il Tribunale di Salerno.
Cassazione, sentenza storica su prelievi bancari non riconosciuti dai clienti
La vicenda ha riguardato una donna che aveva subito prelievi fraudolenti per un totale di 5.725 euro e aveva accusato la banca di negligenza, poiché non aveva adottato le misure necessarie per prevenire operazioni illecite da parte di terzi. Tuttavia, il Tribunale prima e la Corte d’appello poi avevano respinto la sua richiesta di risarcimento, sostenendo che non ci fossero prove sufficienti a dimostrare la colpevolezza della banca e ipotizzando che i prelievi fossero stati effettuati da familiari della donna.
La Cassazione, però, ha ribaltato la decisione, criticando le corti inferiori per un “grave difetto motivazionale”, sottolineando che non era stata condotta un’istruttoria adeguata. La signora aveva fornito prove, come i timbri sul passaporto, che dimostravano la sua assenza dal territorio italiano durante alcuni dei prelievi contestati, ma le corti non avevano tenuto conto di queste evidenze, basandosi sulla presunzione che il semplice utilizzo del PIN fosse sufficiente a trasferire la responsabilità sulla cliente.
Le motivazioni della sentenza della Cassazione
Secondo la Cassazione, la banca è responsabile per operazioni non autorizzate effettuate tramite strumenti elettronici, a meno che non possa dimostrare una “colpa grave” da parte del cliente, come un ritardo eccessivo nel segnalare l’uso fraudolento della carta. In generale, la responsabilità ricade sulla banca, che deve dimostrare di aver adottato tutte le misure necessarie per garantire la sicurezza del sistema e prevenire l’uso illecito dei codici di accesso. Questa decisione si rifà a un principio già stabilito dalla Cassazione nel 2019, secondo cui la responsabilità della banca per operazioni fraudolente effettuate tramite strumenti elettronici è di natura contrattuale, e può essere esclusa solo in presenza di grave negligenza da parte del cliente.
La sentenza sottolinea inoltre che, per mantenere la fiducia degli utenti nel sistema bancario, è ragionevole considerare i rischi di furto dei codici come parte del rischio d’impresa della banca, prevedibile e prevenibile con misure adeguate.