Lavoro

Cliente senza mascherina in negozio: dipendente può non servirlo e non va licenziato

Il cliente entra in negozio senza mascherina obbligatoria a causa del Covid? Il dipendente o la commessa può rifiutarsi di servirlo e chiedere al cliente di lasciare il negozio. E il titolare dell’attività non può licenziare il commesso

Il cliente entra in negozio senza mascherina obbligatoria a causa del Covid? Il dipendente o la commessa può rifiutarsi di servirlo e chiedere al cliente di lasciare il negozio. E il titolare dell’attività non può licenziare il commesso. Lo ha stabilito il tribunale di Arezzo in una recente sentenza.

Cliente senza mascherina: dipendente può mandarlo via senza essere licenziato

 

Nel caso specifico, i giudici si sono espressi su un dipendente che si era rifiutato di vendere due pacchetti di sigarette ad un uomo entrato nel punto vendita senza mascherina o altro dispositivo di protezione personale. L’avventore non l’aveva presa bene e, dopo aver detto che le mascherine le portano solo i malati, aveva denunciato il fatto su Facebook. Nemmeno il titolare del punto vendita l’aveva presa bene, tant’è che il dipendente era stato licenziato per giusta causa con l’accusa di aver danneggiato gravemente l’immagine dell’azienda.

La Costituzione garantisce al dipendente il diritto di lavorare in condizioni di sicurezza

Decisione, però, che è stata ribaltata dal tribunale. Secondo il giudice aretino, la Costituzione garantisce al dipendente il diritto di lavorare in condizioni di sicurezza e di rifiutarsi di svolgere la propria prestazione se viene esposto ad un rischio di danno alla persona.

Oltretutto, ricorda ancora il giudice, il datore di lavoro è la persona che risponde della mancata osservanza all’interno dei propri locali delle regole contenute nei protocolli di sicurezza e nei vari decreti emanati dall’inizio della pandemia.

Ne consegue che il datore, anziché sanzionare il dipendente, lo deve incoraggiare a far rispettare le misure anti-Covid all’interno del punto vendita. Risultato: il cliente che si presenta dal tabaccaio, in edicola o in qualsiasi negozio senza la mascherina può non essere servito. Ed il commesso che si rifiuta di servirlo non può essere licenziato.

La sentenza

Tribunale di Arezzo, Sez. Lav., 13 gennaio 2021, n. 9 – No al licenziamento del commesso che rifiuta di far pagare il cliente senza mascherina. Diritto del lavoratore a svolgere la propria prestazione in condizioni di sicurezza


REPUBBLICA ITALIANA
In nome del popolo italiano
TRIBUNALE DI AREZZO

in composizione monocratica, in persona del giudice del lavoro, dott. Giorgio Rispoli, all’esito della trattazione scritta del presente giudizio come previsto dalla decretazione emergenziale, a norma dell’art. 83, comma settimo, lett. h), D.l. n. 18/20 conv. Lg. n. 27/20, a seguito della lettura delle note scritte autorizzate

SENTENZA

nella causa civile di I Grado iscritta al n.
promossa da

CONCLUSIONI
Le parti hanno concluso come da rispettivi scritti difensivi.

FattoDiritto

(art. 132 comma II n. 4 c.p.c. e art. 118 disp. att. c.p.c., come novellati dalla l. 69/09 del 18.6.2009)

Con ricorso depositato in data 4.8.2020, propone opposizione all’ordinanza del 7.7.2020 con la quale, dipendente in servizio al punto vendita di , è stato reintegrato nel posto di lavoro, avendo il Tribunale ritenuto l’insussistenza della giusta causa del licenziamento comunicato il 10.4.2020.
Sostiene l’opponente che il recesso sarebbe assistito da giusta causa per avere il dipendente, durante il turno notturno di servizio, “detto ad un cliente che se non avesse avuto la mascherina di protezione, non gli avrebbe fatto la transazione in cassa per l’acquisto di due prodotti del market” (due pacchetti di sigarette); che il XXX risulterebbe “inadempiente nei confronti dei suoi obblighi contrattuali” per aver “disatteso le indicazioni aziendali previste in questo periodo di emergenza sanitaria”, e aver “danneggiato gravemente l’immagine aziendale”.
Si costituisce ritualmente l’opposto chiedendo la reiezione della pretesa ex adverso formulata, in quanto asseritamente infondata in fatto e in diritto.
Assume, in particolare, il XXX che sarebbe stato il cliente a reagire dando del ladro a lui e all’impresa.
Istruita in via esclusivamente documentale, la causa viene trattata in modalità cartolare, come previsto dalla decretazione emergenziale, a norma dell’art. 83, comma settimo, lett. h), D.l. n. 18/ 20 conv. Lg. n. 27/20 – e contestualmente decisa – a seguito di camera di consiglio non partecipativa, successiva al deposito di note scritte, in data odierna.
L’opposizione è infondata e deve essere respinta.
L’assenza di specifiche contestazioni da parte dell’odierna opponente consente di ritenere provato che:
– l’avventore si avvicinò al XXX senza mascherina o presidio alternativo.
– Il XXX, con normale interlocuzione, gli disse che “per avvicinarsi si poteva coprire con il collo della felpa (come fanno tanti sprovvisti di mascherina)”.
– L’avventore rispose “che le mascherine le portano i malati”; e gli disse che “noi (società e dipendenti) siamo dei ladri che gli prosciugano lo stipendio e che mentre prima lo facevamo a viso scoperto ora lo facciamo con le maschere”.
– Disse, ancora, “che avrebbe chiamato la Polizia – e, poi, – si è allontanato”.
Pertanto – anche accogliendo la prospettazione di fatto propugnata da ….– le frasi attribuite al XXX non integrano “gravi offese alla dignità” né quanto accaduto consiste in “gravi fatti di pregiudizio agli interessi del proprietario… della clientela” (art. 213 CCNL di settore).
Le frasi attribuite non sono né ingiuriose né offensive; tanto meno sono “gravi” e ancor meno sono state percepite per tali.
Non sono offese in sé e anche perché il cliente non le ha ritenute tali tanto che si è lamentato per la “scortesia” usando Facebook (Cfr. doc. n. 4 memoria opponente).
Al più costituiscono una reazione verbale giustificata dall’esasperazione per una condotta altrui omissiva, denotante ignorante sottovalutazione del fenomeno pandemico, accompagnata da frasi villane e sprezzanti della salute propria e degli altri clienti, oltreché del cassiere.
Né “grave fatto” fu il rifiuto del servizio perché, anche a prescindere che fu condizionato all’invito a coprirsi con la felpa, non recò pregiudizio per un mancato acquisto di un pacchetto di sigarette (e non di prodotti yyy).
Manca poi qualsiasi elemento di gravità per quanto accaduto.
La gravità morale ed economica è parte integrante della fattispecie di illecito disciplinare contestata al XXX e non risulta né dedotta, né provata alcun elemento che possa farla apparire.
La condotta censurata da parte datoriale è, pertanto, inidonea a ledere definitivamente la fiducia alla base del rapporto di lavoro, così non integrando violazione del dovere di fedeltà posto dall’art. 2105 c.c. né, tantomeno, giusta causa di licenziamento.
Occorre inoltre sottolineare che – nella fattispecie – il lavoratore si è limitato ad esercitare il proprio diritto, costituzionalmente garantito, a svolgere la propria prestazione in condizioni di sicurezza.
L’esimente dello stato di necessità gli consentiva del resto, pur in assenza di una specifica disposizione di legge, anche di astenersi dal lavoro poiché lo svolgimento della prestazione lo esponeva ad un rischio di danno alla persona.
Alla luce di quanto prospettato l’ordinanza conclusiva della prima fase del giudizio deve essere integralmente confermata, anche sotto il profilo economico- risarcitorio.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
L’assenza di questioni giuridiche di particolare rilievo giustifica la liquidazione delle stesse nella misura dei minimi tariffari previsti dallo scaglione di riferimento.

P.Q.M.

L’intestato Tribunale, definitivamente decidendo in ordine alla controversia in epigrafe:
1. RESPINGE l’opposizione;
2. CONFERMA l’ordinanza impugnata;
3. CONDANNA parte opponente al pagamento – in favore dell’opposto – delle spese di lite, che liquida in € 3.513,00 oltre spese generali nella misura del 15%, Iva e Cpa come per legge, da distrarsi in favore del procuratore antistatario ove richiesto.
Sentenza resa all’esito della trattazione scritta del presente giudizio come previsto dalla decretazione emergenziale, a norma dell’art. 83, comma settimo, lett. h), D.l. n. 18/ 20 conv. Lg. n. 27/20, a seguito della lettura delle note scritte autorizzate.
Arezzo, 13/01/2021

Il giudice Giorgio Rispoli

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