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Come sono finite le pandemie del passato? Dalla peste all’influenza spagnola | I possibili scenari del Covid

Come sono finite le pandemie del passato? Dalla peste all'influenza spagnola. Scopriamo anche i possibili scenari per il Covid

Quando finirà l’emergenza legata al Coronavirus? In molti si stanno ponendo questa domanda da un anno a questa parte, quando il virus è entrato a far parte delle nostre vite stravolgendo completamente le nostre abitudini.

Oggi ci troviamo ad affrontare il Covid ma nel corso della storia l’umanità ha dovuto fare i conti con altre temibili pandemie. Ma come sono finite le pandemie del passato? Facciamo un breve excursus sulle pandemie che hanno  messo in crisi gran parte dell’umanità.

Come sono finite le pandemie del passato? La peste

La peste bubbonica è un morbo terribile . Tale pandemia ha colpito l’umanità più volte nel corso di 2.000 anni. Al riguardo, Mary Fissel, storica del Johns Hopkins, spiega tramite alcune dichiarazioni riportate da FanPage: “Gli storici descrivono tre grandi ondate di peste: la cosiddetta Peste di Giustiniano, nel VI secolo, l’epidemia medievale, nel XIV secolo, e la pandemia medievale che ha colpito alla fine del XIX e all’inizio del XX secolo”. 


 

 


Quando è stata debellata la peste?

Dalla Svizzera si allargò in Francia e in Spagna; nel 1349 raggiunse l’Inghilterra, la Scozia e l’Irlanda; nel 1363, dopo aver infettato tutta l’Europa, i focolai della malattia si ridussero fino a scomparire. La peste, in verità, non mai andata via, in quanto infezioni endemiche si verificano ancora, tipo negli USA. A generarle sono i cani che vivono a Sud-Ovest. La malattia è trasmissibile anche agli esseri umani.

Come sono finite le pandemie del passato? Il vaiolo

Il vaiolo è stata una malattia infettiva causata da due varianti del virus Variola, la Variola maior e la Variola minor. La malattia è anche conosciuta con i termini latini variola o variola vera (dal tardo latino variŏla, derivato da varius, a significare vario, chiazzato), mentre il termine inglese smallpox venne coniato nel Regno Unito nel XV secolo per distinguerla dalla sifilide, denominata great pox.


 

 


 

Il virus del vaiolo si localizza a livello della piccola circolazione della cute, del cavo orale e della faringe. A livello cutaneo si manifesta con un’eruzione maculo-papulare e, successivamente, con vescicole sollevate piene di liquido. La Variola maior è causa di manifestazioni cliniche più rilevanti ed è caratterizzata da una letalità del 30-35%.

Le complicanze a lungo termine includono cicatrici caratteristiche, soprattutto al volto, nel 65–85% di coloro che riescono a sopravvivere; possono inoltre manifestarsi, seppure con una minore prevalenza stimabile nel 2-5% dei casi, cecità, come conseguenza di ulcere corneali e successivi esiti cicatriziali, e deformità degli arti, a causa di episodi di artrite e osteomielite.

La Variola minor causa una forma di malattia più lieve, nota anche come alastrim, che può condurre al decesso nell’1% dei casi.

Si ritiene che il vaiolo sia emerso nella popolazione umana circa nel II millennio a.C. e la prima prova fisica si può far risalire al rash pustoloso rilevato sulla mummia del faraone Ramses V.  Si è stimato che la malattia abbia ucciso circa 400.000 europei ogni anno durante il XVIII secolo e sia stato responsabile di un terzo di tutti i casi di cecità. Di tutte le persone infettate morirono circa il 20-60% degli adulti e l’80% dei bambini. Si ritiene che il vaiolo sia stata la causa di 300-500 milioni di decessi durante il XX secolo.

Solo nel 1967, secondo i dati dell’Organizzazione mondiale della sanità, 15 milioni di persone contrassero la malattia e di questi 2 milioni morirono. Dopo una massiccia campagna di vaccinazione portata avanti dal XIX secolo e condotta con un imponente sforzo congiunto tra il 1958 e il 1977, l’OMS ha dichiarato nel 1979 la malattia eradicata, dopo che l’ultimo caso di vaiolo contratto in natura, causato da Variola minor, era stato diagnosticato in Somalia il 26 ottobre 1977. Si è trattato dell’unica malattia eradicata nella storia dell’umanità fino al 2011, quando la peste bovina ha subito lo stesso destino.

Come sono finite le pandemie del passato? L’influenza spagnola

Centinaia di persone muoiono tra gennaio e febbraio negli Stati Uniti, dopo aver sofferto di mal di testa, difficoltà respiratorie, tosse e febbre alta. Alcuni mesi dopo, lo stesso quadro clinico viene osservato in pazienti in Francia, Belgio e Germania. A maggio, un assembramento durante una festa religiosa in Spagna causa lo scoppio dell’epidemia di questa misteriosa malattia.


 

 

 


 

Non siamo nel 2020, ma nel 1918, oltre un secolo fa, quando la prima guerra mondiale è alle sue fasi finali e ci si trova di fronte a una delle più grandi pandemie della storia: la cosiddetta influenza spagnola, che ha causato tra i 50 e i 100 milioni di morti in tutto il mondo.

Sia in termini di sintomi che di risposta, per gli storici è un riferimento, per imparare lezioni dal passato e metterle in pratica nell’attuale pandemia di Coronavirus.

Anche le misure di contenimento suonano familiari al Covid

Anche le misure per contenere la pandemia di un secolo fa suonano familiari: disinfezione e chiusura di spazi pubblici, teatri, scuole e confini. Poiché allora non c’erano telefoni privati, venivano disinfettati i telefoni e persino gli operatori telefonici, dove i cittadini andavano a telefonare, spiega Laura Lara. Gli storici hanno anche scoperto che negli Stati Uniti le multe per chi non indossava una mascherina ammontavano a 100 dollari.

La prima ondata

La prima ondata in Spagna arrivò proprio dopo le celebrazioni del patrono della capitale spagnola. “La gente si radunò nel prato e una settimana dopo, verso il 22 maggio, i giornali dissero che tutti si stavano ammalando di influenza”, spiegano le storiche Lara Martinez.

La madre di tutte le pandemie

Senza vaccini e test, gli obiettivi che ci si poneva per “battere” la pandemia del 1918 erano diversi da quelli di oggi. Ma si sperava anche che le temperature estive rallentassero la trasmissione. Poi arrivò una seconda ondata, più letale della prima. In Spagna fu in settembre e coincideva con la vendemmia, le celebrazioni della Vergine e l’allentamento delle misure restrittive, spiegano le sorelle Lara.

Ci furono altre ondate durante l’inverno successivo, aggiunge Jaume Claret Miranda. “In alcuni luoghi specifici, come alcune zone della Spagna, ci fu una terza ondata addirittura all’inizio degli anni Venti”.

“La fine della pandemia dipendeva da ogni Paese: dall’informazione e dalla formazione dei suoi specialisti e dagli interessi della sua classe politica”, dice Claret, che sottolinea che, dato che si sovrappose agli ultimi episodi della prima guerra mondiale, si aggiunsero altri fattori come le sconfitte o le vittorie in guerra, la ricostruzione o la carestia.

La fine dell’influenza Spagnola

Tutti gli accademici, però, concordano sul fatto che la fine globale della pandemia arrivò nel 1920, quando la società sviluppò un’immunità collettiva all’influenza spagnola, anche se il virus non è mai scomparso del tutto.

“Tracce dello stesso virus sono state trovate in altri focolai”, dice Benito Almirante, responsabile delle malattie infettive dell’ospedale Vall d’Hebron di Barcellona. “L’influenza spagnola ha continuato ad apparire, mutando e acquisendo materiale genetico da altri virus”.

Ed il Covid?

Il Covid potrebbe ‘sopravvivere’ per molto tempo ancora. La vaccinazione però tenderà a ridurne la pericolosità. Infatti potremo dire di essere fuori dall’emergenza Covid  quando la sua letalità, stimata senza immunizzazione all’1,15%, avrà raggiunto quella dell’influenza (0,1%). ( CLICCA QUI PER APPROFONDIRE).

FONTE EURONEWS, WIKIPEDIA


 

 

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