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Prosegue l’attività del Comitato Si Aboliamo la caccia: banchetti in tutta Italia per il referendum

Il Comitato Aboliamo la caccia ha organizzato la propria attività in tutta Italia: "Uno scherzo raggiungere le 500mila firme necessarie per il referendum"

Prosegue la raccolta firme del Comitato Si Aboliamo la caccia. Le statistiche raccolte dal Fatto Quotidiano mostrano elevato dissenso da parte degli Italiani (circa il 70-80%), nei confronti di un’attività dannosa per gli animali e per l’ambiente. Ecco perché raggiungere le 500mila firme necessarie per il referendum, nei diversi banchetti d’Italia, non dovrebbe essere così difficile.

Il Comitato Si Aboliamo la caccia organizza banchetti in tutta Italia

L’incessante attività del Comitato Si Aboliamo la caccia è iniziata il primo luglio, in tutta Italia, nonostante il caldo torrido. Il referendum prevede il capovolgimento della normativa sulla caccia, per la piena tutela e salvaguardia della flora e della fauna. Il Comitato, infatti, considera la caccia, sia sportiva che ludica, inaccettabile.

L’obiettivo del referendum è rendere concreta la possibilità di ridurre la presenza dei cacciatori, per risaltare e godere a pieno della natura di ogni Regione italiana, azzerando i rischi di ferimento, concreti durante le battute di caccia. Inoltre, la caccia, così come si legge nella pagina ufficiale del comitato, è una delle cause della “devastazione della fauna selvatica del nostro paese”. L’obiettivo è possibile, così come rivela un recente articolo del Fatto Quotidiano, poiché oltre il 70-80% degli italiani non tollera più questa atroce disciplina.


Aboliamo la caccia

Il referendum per l’abolizione della caccia

Un primo tentativo di referendum venne avanzato già nel 1990. In quell’occasione, Partito Radicale, Verdi, Partito Comunista Italiano, Democrazia Proletaria, Lega Italiana Protezione Uccelli, Legambiente, WWF e altre associazioni richiesero una profonda revisione della Legge 27 dicembre 1977, n. 968 «Principi generali e disposizioni per la protezione e la tutela della fauna e la disciplina della caccia (GU Serie Generale n.3 del 04-01-1978)».

Inoltre, il referendum del 1990 intendeva promuovere anche l’impossibilità per i cacciatori di accedere ai fondi privati, come invece stabilito dall’art. 842 del codice civile. I buoni propositi del referendum si arenarono, poiché non venne raggiunto il quorum richiesto. Così si approdò alla L. 157 del 1992 «Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio», entrata in vigore l’11 marzo dello stesso anno e contestata duramente negli anni.

Il referendum del Comitato Si Aboliamo la caccia si concentra proprio sull’abrogazione di tutti gli articoli della Legge appena richiamata e sulla cancellazione delle sanzioni penali ed amministrative previste dalla stessa norma. Il comitato ritiene “che la tutela per le violazioni ai divieti imposti dalla legge risultante dall’accoglimento del quesito referendario debba essere sanzionata dalle più gravi norme previste dal Titolo IX° bis del Codice Penale, in particolare gli articoli 544 bis e 544 ter, che sono veri e propri delitti”, così come si legge sul sito ufficiale. In sostanza, scegliere l’abolizione della caccia è un dovere civico.

Perché la caccia non può essere più tollerata?

Non può ritenersi altresì tollerabile una pratica così vile e arcaica, soprattutto in virtù della considerazione che, ormai nel 2021, all’uomo non occorre cacciare per procacciarsi il cibo. Allora, cosa spinge un cacciatore ad uccidere un altro essere vivente a sangue freddo? Mero divertimento o gusto nel vedere un animale indifeso accasciarsi al suolo, dopo essere stato trivellato di colpi? Tuttavia, se soltanto questo non riesce a smuovere le coscienze, basti pensare al grosso impatto sull’inquinamento prodotto dalla caccia. Il piombo presente nelle munizioni rappresenta una fonte di inquinamento elevatissima, soprattutto all’interno delle aree boschive, perlopiù incontaminate. Tale inquinamento da piombo, oltre a contaminare la flora, riesce ad avvelenare il terreno e gli animali selvatici, causando rischi ancor più seri. I dati sono stati raccolti anche nei documenti pubblicati dall’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale. Ecco perché opporsi a questa medievale pratica assume connotati di urgenza ed improrogabilità.

Come firmare il referendum per l’abolizione della caccia?

Il Comitato Si Aboliamo la caccia ha allestito banchetti in tutta Italia e poter rendere il proprio contributo sarà decisamente facile, in concomitanza degli incontri già programmati per la raccolta firme. Al seguente link, sarà possibile monitorare tutti gli incontri. In alternativa, il referendum potrà essere firmato anche online, tramite il Sistema Pubblico di identità Digitale (Spid) e Carta di identità elettronica.


Cacciatore-ucciso-svizzera

Relazione: “Abrogazione dell’attività venatoria”

Preambolo della relazione riportata dal sito ufficiale del comitato:

“Come può risultare dal raffronto del testo normativo con la proposta referendaria del Comitato Referendum Si Aboliamo la Caccia, ogni intervento su questa legge ha una sua precisa e logica spiegazione. Ci si è determinati a voler tornare sui presupposti di tutela assoluta della fauna selvatica su tutto il territorio italiano, così come espressi dai primi articoli sia delle direttive comunitarie citate, che dalla stessa L. 157\1992, sottoponendo un quesito referendario che di fatto, glossando in molti punti questa legge nazionale, la vieti in modo assoluto, tramite lo strumento referendario abrogativo, come previsto dall’art. 75 Cost. in combinato con L.352\1970. Il regime normativo della caccia, in Italia, affonda le sue radici in una datata direttiva comunitaria, del 1979, la 319, che peraltro, all’art. 5 recita: “Fatte salve le disposizioni degli articoli 7 e 9, gli Stati membri adottano le misure necessarie per instaurare un regime generale di protezione di tutte le specie di uccelli di cui all’articolo 1, che comprenda in particolare il divieto: a) di ucciderli o di catturarli deliberatamente con qualsiasi metodo; b) di distruggere o di danneggiare deliberatamente i nidi e le uova e di asportare i nidi; c) di raccogliere le uova nell’ambiente naturale e di detenerle anche vuote; d) di disturbarli deliberatamente in particolare durante il periodo di riproduzione e di dipendenza quando ciò abbia conseguenze significative in considerazione degli obiettivi della presente direttiva; e) di detenere le specie di cui sono vietate la caccia e la cattura”. Come si può notare ad un apparente divieto assoluto di uccidere e danneggiare il patrimonio indisponibile dello Stato, cioè di ognuno di noi cittadini italiani, si contrappone poi una deroga dettata dal richiamo agli artt. 7 e 9 della stessa Direttiva, talmente ampia da vanificare quasi il senso di protezione che la Direttiva stessa prometteva in un primo momento: infatti il richiamo ai citati artt. 7 e 9, di fatto consente l’esercizio dell’attività venatoria limitata da parametri estremamente variabili ed opinabili, facilmente adattabili alle esigenze della categoria dei cacciatori, poiché prevede la facoltà di deroga del contenuto dell’art. 5 in ragione del livello di popolazione di uccelli selvatici in una particolare zona del territorio nazionale, ovvero per ragioni di salute e sicurezza pubblica, aerea, per prevenire gravi danni alle colture e via dicendo. La Direttiva citata, di recente, è stata innovata dalla 147\2009 che, per quello che a noi interessa ora, replica nel suo contenuto nuovamente il citato art. 5., così come pure replica il contenuto dei nefasti artt. 7 e 9 citati. In questo scenario si inserisce la L.157\1992 intitolata “Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio”, che, come sappiamo, è la legge su cui si costruisce tutta l’attività venatoria a livello nazionale e che regola pure l’esercizio della caccia anche a livello locale. Il problema insito in questa legge dai buoni propositi iniziali, quando all’art. 1, I° comma, dichiara che la fauna selvatica è patrimonio indisponibile dello Stato, è che poi questa ne disciplina la “sottrazione”, con modalità che sono diventate via via più invasive e sfacciate nei confronti dei cittadini italiani.

Relazione del Comitato Si Aboliamo la caccia

“Il lavoro nel suo insieme è stato difficoltoso ed estremamente complesso, nel testo proposto dal Comitato Referendum Si aboliamo la Caccia e pubblicato in G.U. n. 121 del 22 maggio 2021, una prima nota da segnalare è la totale richiesta di cancellazione delle sanzioni penali (tutte peraltro semplici contravvenzioni) ed amministrative della L. 157\1992, poiché si è ritenuto che la tutela per le violazioni ai divieti imposti dalla legge risultante dall’accoglimento del quesito referendario debba essere sanzionata dalle più gravi norme previste dal Titolo IX° bis del Codice Penale, in particolare gli artt. 544 bis e 544 ter, che sono veri e propri delitti. Oltre a questa scelta molte altre sono state fatte dopo un puntuale approfondimento e ciò che ne è scaturito, ad avviso del Comitato Referendum Si Aboliamo la Caccia, è il miglior prodotto possibile consentito dalla normativa referendaria abrogativa che, se accolta, dovrebbe liberarci dalla presenza dei cacciatori e consentirci di godere a pieno la meravigliosa natura di ognuna delle nostre Regioni italiane senza il timore di uscire feriti, o peggio, da una passeggiata e senza l’inaccettabile annosa devastazione della fauna selvatica del nostro paese”.

 

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