Eseguivano illecitamente tamponi naso-faringei a domicilio che sponsorizzavano su un sito internet insieme con i test sierologici: è quanto ha scoperto il Nas di Napoli che oggi, coadiuvato dai carabinieri dei Comandi Provinciali di Napoli e Caserta, ha eseguito un decreto di perquisizione emesso dalla Procura della Repubblica di Napoli (sostituto procuratore Maria Di Mauro) a carico di personaggi e società orbitanti nel settore sanitario.
Truffa dei tamponi in Campania
L’organizzazione è risultata composta da personale sanitario (alcuni sono anche convenzionati con il Servizio Sanitario Regionale e impiegati presso le postazioni territoriali di emergenza 118), collaboratori di una società operante nel settore della commercializzazione di dispositivi medici e da faccendieri vari indiziati di appartenere a un’associazione per delinquere.
I test con apparecchi pericolosi
Stando a quanto emerso, i tamponi venivano processati attraverso apparecchi elettromedicali e kit strumentali risultati non regolamentari ovvero non idonei per lo specifico test diagnostico e, quindi, potenzialmente pericolosi anche per il diffondersi della pandemia.
Il sequestro
Durante le perquisizioni, sono stati raccolti elementi in ordine all’effettiva illiceità nella procedura di esecuzione e successive attività di analisi e refertazione. Sequestrati dai militari oltre 10mila kit per tamponi di cui alcuni scaduti, centinaia di test rapidi, materiale informatico, apparecchiature elettromedicali per processare tamponi e test sierologici, nonché un’ingente somma di denaro e copiosa documentazione certificativa-sanitaria.
I carabinieri hanno anche sequestrato un macchinario progettato per la rilevazione dei virus animali utilizzato invece per analizzare i campioni umani. Per ciascun tampone veniva praticato un prezzo variabile tra 40 e 60 euro. Quando l’esito del tampone risultava positivo al Sars-CoV-2, i pazienti venivano rispediti a casa e non avviati, per la loro sicurezza e per la sicurezza di tutti i cittadini, verso idonei percorsi di cura.
La Procura della Repubblica ipotizza, per ora, il reato di associazione finalizzata alla truffa. Non si esclude che, alla luce delle risultanze investigative e dall’analisi della documentazione acquisita, possa essere anche contestato il reato di epidemia dolosa.