Cronaca

Coronavirus, la battuta dell’artista cinese: “È come la pasta: inventato dai cinesi, diffuso dagli italiani”

Il coronavirus come la pasta. Il paragone improprio è di Ai Weiwei, un dissidente artista cinese che ha ironicamente denunciato a la somiglianza tra lo sviluppo geografico del noto alimento, simbolo della gastronomia italiana nel mondo, e la diffusione dell’epidemia del virus.

Coronavirus come la pasta, il commento

Su Instagram l’artista, paragonando il virus alla pasta, ha ironizzato: “L’hanno inventato i cinesi, ma gli italiani lo diffondono nel mondo”. Una “battuta” che ha scatenato numerose polemiche, in particolar modo da parte di utenti italiani.

Chi è Ai Weiewi

Ai Weiwei è un artista, designer, attivista, architetto e regista cinese. È il figlio del poeta Ai Qing. Si è diplomato all’Accademia del Cinema, per poi dedicarsi successivamente alla pittura. Negli anni Settanta è cofondatore del gruppo artistico Stars (“stelle” in italiano). Nel settembre del 1980 le autorità di Pechino concedono al collettivo Stars di allestire una mostra alla China Art Gallery di Pechino: fu la prima esposizione di arte contemporanea in un museo cinese; l’esposizione attirò numerosi visitatori.

Questo impermeabile ha un foro vicino alla vita che è coperto con un preservativo. Il lavoro ha lo scopo di descrivere la crisi dell’AIDS a New York.Nel 1981 si trasferisce negli Stati Uniti. Si sposa a New York dove svolge la maggior parte della sua attività artistica. Frequenta due prestigiose scuole di design, la Parsons The New School For Design e l’Art Students League. Nel marzo del 1988 le sue opere furono esposte alla Ethan Cohen Gallery, una mostra che fu la sua prima e unica personale a New York. Famosa opera di questo periodo è un omaggio a Marcel Duchamp, artista amato da Ai Weiwei: Profile of Duchamp. Sunflower seeds. Si tratta della trasformazione di una gruccia nel profilo dell’artista, all’interno della quale sono collocati dei semi di girasole, un alimento fondamentale per il popolo cinese.

Nel 1993 torna in Cina per stare accanto al padre ammalato. Collabora alla fondazione dell’East Village di Pechino, una comunità di artisti d’avanguardia. Nel 1997 è cofondatore e direttore artistico dell’Archivio delle arti cinesi (CAAW).

Nel 1999 inizia ad occuparsi di architettura e fonda il suo studio nella periferia nord di Pechino, a Caochangdi. Nel 2003 fonda un altro studio, il «FAKE Design». Sempre in questo anno realizza un’altra opera celeberrima, Map of China: una scultura puzzle formata da legni che avevano fatto parte dei templi della dinastia Qing (1644-1911), distrutti dal regime.

Lavora a vari progetti con gli architetti svizzeri Herzog & de Meuron. Insieme vincono il concorso per il progetto dello Stadio nazionale di Pechino e del padiglione della Serpentine Gallery di Londra. Nel 2008 le autorità di Shanghai lo invitano a costruire a Malu town uno studio, per rendere l’area una zona per artisti. Sempre nel 2008 a Sichuan un terremoto provoca circa settantamila vittime; tantissimi studenti muoiono sotto le macerie delle scuole. Ai Weiwei accusa il governo cinese di aver usato materiali scadenti per costruire tali edifici e pubblica sul suo blog i nomi dei cinquemila bambini morti.

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