Cronaca

Emergenza Coronavirus, Crisanti: “Se motto è vediamo che succede sono preoccupato”

Emergenza Coronavirus fase 2, Andrea Crisanti, direttore del laboratorio di microbiologia e virologia dell’Università-azienda ospedaliera di Padova, ospite di ‘Mezz’ora in più’ su RaiTre, ha sottolineato: “La macchina si è messa in moto senza una valutazione del rischio. Questo è il vero problema. C’è stata una apertura a tentoni. Il Piemonte e la Lombardia sono diverse dalla Calabria e dalla Sardegna. Mi preoccupa che il Governo non ha nessun elemento a priori per calcolare il rischio e se” il motto è ‘vediamo che succede’ “sono preoccupato che non ci siano strumenti per analizzare e abbassare questo rischio”. 

Coronavirus, Crisanti: “Se motto è vediamo che succede sono preoccupato”

“Io avrei cercato di capire quanti sono i casi Regione per Regione – ha aggiunto – facendo emergere l’iceberg dei casi sommersi, ovvero le persone che non riescono ad avere una diagnosi e che rimangono a casa. Il rischio dipende da come sono distribuiti questi casi sul territorio“.

Crisanti ha rivolto a stretto giro a Gianni Rezza, direttore del Dipartimento malattie infettive dell’Istituto superiore di sanità, anch’egli ospite di ‘Mezz’ora in più’, proprio la richiesta di far emergere i casi sommersi di Covid-19, per una migliore programmazione della fase 2.

Continua Crisanti

“Sono dell’opinione che una riapertura differenziale fatta per regioni ci avrebbe dato la possibilità di valutare la nostra capacità di reazione, che non è stata minimamente testata. Non sappiamo se siamo in grado di spegnere un nuovo focolaio. Che facciamo, lo spegniamo con il solito metodo, cioè mettiamo le persone a casa? Perché chiudere tutto è facilissimo, ma fare operazioni mirate è una altra cosa”.

Aggiunge

“Non c’è storia, il rischio è una variabile che dipende dal numero dei casi e come sono distribuiti, la capacità di reazione può essere anche differente da Regione a Regione ma la variabile più importante è che ci siano i casi. Se non ci fossero, non ci sarebbe il rischio per nessuno”.

Ribadisce

E’ evidente che questo è il fattore più importante e su questo non abbiamo una totale visibilità. Aggiungo che questa riapertura totale dà una senso di insicurezza, gli effetti li vedremo tra 2-3 settimane. La nostra capacità di reazione finora non è stata minimamente testata, per questo era meglio aprire per regione per regione”.


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