Cronaca

Dopo la scoperta di nuovi focolai di contagio in Germania e a Pechino, nel mirino sono finiti i luoghi di lavoro

I luoghi di lavoro sarebbero il teatro dei nuovi focolai che si stanno sviluppando in tutto il mondo: due gli esempi per tutti, Pechino e la Germania. Nella capitale cinese il nuovo epicentro del contagio sarebbe un mercato, come fu per Wuhan, mentre in Germania i nuovi positivi, oltre 650, sarebbero tutti dipendenti di una fabbrica di carne Tonnies, nel Nordeno- Vestfalia, ha provocato la messa in quarantena di circa 7mila persone.

Coronavirus: focolai sui luoghi di lavoro

L’estate non è ancora arrivata e già si pensa alla prossima ondata, che gli esperti danno ormai per certa. Con l’alternarsi delle stagioni, e l’arrivo dell’autunno, il covid potrebbe ritornare. Ma adesso a preoccupare sono i nuovi focolai, che sti stanno registrando nel mondo. In particolare spaventa quello che si è sviluppato a Pechino, che sarebbe cominciato da un mercato all’aperto, proprio come successe a Wuhan.

Parla l’esperto

A parlare di questi nuovi focolai, in un’intervista a Open, Giovanni Maga, virologo e direttore dell’Istituto di genetica molecolare del Cnr di Pavia

Diciamo che non si può parlare davvero di un ritorno, perché il virus non se ne è mai andato. E appena trova le condizioni giuste si ripresenta. In questo momento la Cina ha questo focolaio significativo, anche se non sembra estesissimo, che è concentrato su Pechino. La città, proprio come Wuhan, è una metropoli con alta densità di popolazione, grandi numeri di contatti tra i residenti e non, e dove ogni giorno si muovono tantissime persone. In Germania, invece, abbiamo un focolaio sviluppatosi all’interno di un ambiente molto preciso, i macelli, simile a quelli verificatisi anche negli Usa.

I casi in Germania

Secondo il virologo, i due casi sono molto diversi tra loro. A differenza della Cina, in Germania ci sono stati degli elementi specifici relativi all’ambiente del focolaio che ne hanno favorito la diffusione.

Penso alle temperature nelle celle frigorifere, praticamente invernali, l’umidità, il contatto stretto tra lavoratori malgrado le possibili precauzioni. Il collegamento con le condizioni di lavoro è innegabile. Quello nei macelli è un lavoro a rischio perché richiede collaborazione e contatti. Quindi se si verifica, come è successo, l’ingresso di persone positive le condizioni ci sono tutte. Poi nel caso specifico tedesco ci sono lavoratori anche stagionali, provenienti da altri Paesi, che hanno portato altri fattori di rischio.

Il virus era ancora presente

Entrambi i focolai, comunque, hanno in comune un fattore fondamentale: né in Cina né in Germania l’epidemia si era spenta del tutto “Anche se nel primo caso c’erano poche decine di casi in relazione alla popolazione – continua Maga – il virus continuava circolare, ed è sempre possibile una nuova catena di trasmissione”.

Colpa del salmone

Secondo Maga, però, il cibo non c’entra nulla “Francamente escluderei che c’entri la carne o il salmone. Non è stato quello il veicolo, anche perché al massimo a rischio sarebbero i consumatori, e anche in quel caso le possibilità sono molto basse. Le analisi degli epidemiologi puntano su altri elementi, sugli ambienti e sulle caratteristiche degli operatori se hanno avuto casi in famiglia, ad esempio”.

E l’Italia?

“Non possiamo dichiararci liberi dal virus finché non ci sarà un azzeramento di casi e dei contagi – continua il  virologo – Oggi abbiamo numeri bassi nella Penisola che autorizzano una ripresa delle attività, ma l’attenzione deve restare alta”.

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