Scienza e Tecnologia

Coronavirus, ora si teme la paralisi di Internet

Un enorme traffico sul web si sta sviluppando in questi giorni segnati dalla pandemia del coronavirus. La rete sta registrando delle criticità da quando è iniziata la diffusione del Covid-19. Milioni di persone in tutta Italia sono costrette a stare tra le mura domestiche ed utilizzano Internet per informarsi, per svago per connettersi con parenti ed amici.

Secondo le analisi di Ookla, società che mette a disposizione una piattaforma per verificare la velocità di connessione, nella prima settimana di marzo e nei giorni successivi si è verificato un netto calo della velocità media in download sulla rete fissa. Il primo effetto tangibile, oltre alla difficoltà oggettiva di chi naviga ancora tramite i cablaggi di rame, quindi non in fibra ottica, è stata la dilatazione dei tempi di download a causa della diminuzione della velocità, scesa al di sotto dei 60 Mbit/s.

Coronavirus, a rischio anche Internet: si teme la paralisi della rete

In un articolo apparso sul Corriere della Sera si legge infatti che a peggiorare sono anche i dati della latenza, che su reti fisse ha superato i 30 ms, mentre su reti mobili è arrivata a toccare quasi i 50 ms di ritardo.

L’improvvisa scoperta della possibilità di lavorare da casa e di effettuare le lezioni scolastiche di ogni grado, quindi dalle elementari all’università, ha causato un intasamento delle reti telematiche che ha portato a prendere dei provvedimenti in modo da scongiurare l’eventualità che la rete collassi.


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Netlix diminuisce la qualità dei video

Netflix, la famosa piattaforma web di contenuti video a richiesta, ha deciso di ridurre la qualità video del suo servizio in Europa per i prossimi 30 giorni, in modo da diminuire lo stress delle reti utilizzate dai fornitori di servizi internet: così facendo assicurano che il “consumo” della banda diminuirà del 25%.

Dal governo dei fondi per le telecomunicazioni

Anche il governo italiano si è attivato in tal senso, ed infatti una parte dei 25 miliardi di euro stanziati dal decreto Cura Italia sarà destinata alle telecomunicazioni. In particolare si legge nell’articolo 82 che ci saranno “misure destinate agli operatori che forniscono reti e servizi di comunicazioni elettroniche” chiedendo alle aziende responsabili dei servizi telco di avviare iniziative per potenziare le reti e garantire l’accesso ininterrotto ai servizi di emergenza. La massima priorità sarà data alle richieste provenienti dai settori ritenuti “prioritari” individuati dall’unità di emergenza della Presidenza del Consiglio o dalle unità di crisi regionali.

L’intervento dell’Europa

L’Unione Europea si è mossa ulteriormente ed il commissario per il mercato interno, Thierry Breton, nella giornata di mercoledì 18 ha parlato proprio con l’amministratore delegato di Netflix, Reed Hastings, per capire come affrontare la congestione delle reti, da cui il provvedimento intrapreso dall’azienda californiana. Su Twitter, Breton si è rivolto alle piattaforme di streaming chiedendo di rendere automaticamente disponibili i contenuti a definizione standard e non in Hd, per assicurare l’accesso internet a tutti.

La pandemia da coronavirus ha quindi fatto emergere, un po’ inaspettatamente se si è dovuto correre ai ripari, la debolezza infrastrutturale della rete web, un fattore decisivo da tenere in considerazione per il futuro e su cui i governi dovranno investire pesantemente in prospettiva.

Studiare, lavorare e parlare da casa

Questa emergenza “virale”, perdonate il gioco di parole, cambierà e sta già cambiando non solo la nostra vita quotidiana, ma l’approccio stesso nei confronti delle nuove tecnologie, del lavoro in tutti i suoi ambiti – dallo smart working agli assetti strategici passando per la riappropriazione di intere filiere produttive – per finire con la geopolitica, ovvero con le strategie di lungo periodo che intraprenderanno gli Stati nei rapporti internazionali.

La scoperta della possibilità di lavorare, o studiare, da casa e quindi la rimodulazione dell’impianto lavorativo e didattico, se non verrà abbandonata passata questa pandemia – e non è affatto detto che succeda – porterà con sé la necessità di avere reti telematiche più capaci per supportare l’aumento progressivo del carico di lavoro delle stesse.

Anche l’introduzione della rete 5G, al netto delle criticità sulla sua sicurezza che abbiamo già ampiamente dibattuto, richiederà, unitamente a quanto appena detto, una “capacità di carico” molto maggiore rispetto a quella esistente, che, lo ricordiamo, si basa sull’utilizzo di server e sui cablaggi, che rappresentano ancora la stragrande maggioranza delle infrastrutture attraverso cui passa il flusso di dati nel mondo: è stato infatti calcolato che il 95-97% delle informazioni scorra attraverso una fitta rete di cavi che corrono per più di 1,2 milioni di chilometri tra tutti i continenti.

La sicurezza delle infrastrutture

Si aprono quindi degli interrogativi sulla sicurezza di queste infrastrutture non indifferenti. Come assicurare una rete funzionante e in grado di sopportare il carico di lavoro in casi di emergenza? Chi avrà il controllo di tale rete e delle infrastrutture annesse? È giusto affidarsi a società straniere per la costruzione e gestione di cablaggi, cabine server, ripetitori e altro?

In Italia esiste una recente normativa, chiamata Golden Power, che nel 2017 è stata estesa a settori “ad alta intensità tecnologica come l’immagazzinamento e la gestione dei dati e le infrastrutture finanziarie; le tecnologie critiche, compresa l’intelligenza artificiale, la robotica, i semiconduttori, le tecnologie con potenziali applicazioni a doppio uso, la sicurezza in rete e la tecnologia spaziale o nucleare”. In parole povere si tratta di uno strumento che permetterà allo Stato di fermare qualsiasi tipo di ingerenza esterna, se effettuata direttamente da una nazione straniera o tramite società private ad essa legate, per garantire e mettere al sicuro l’economia nazionale e le sue infrastrutture, comprese quelle strategiche.

Potrebbe però non essere efficace in casi di emergenza: anche se tali infrastrutture è accertato che non siano sotto il controllo di enti statuali terzi potenzialmente ostili, come la Cina, sono comunque collegate alla rete globale, che potrebbe collassare in caso di sovraccarico o per interventi esterni.

Le scelte di Russia e Francia

Alcuni Paesi hanno infatti capito questa criticità e si sono attivati di conseguenza: la Russia, ad esempio, sta attivando la sua propria rete telematica, chiamata Runet, che può funzionare indipendentemente da quella globale del World Wide Web ed esserne scollegata alla bisogna. La stessa Francia ha intrapreso una strada simile, sebbene non così drastica, con la creazione di Qwant, un motore di ricerca e navigazione che utilizza nel suo sistema amministrativo per scollegarsi dai server di Google.


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