Scienza e Tecnologia

Il coronavirus si può prevenire? Il farmaco che potrebbe contrastarlo

Si può prevenire il coronavirus?Sono in fase di sperimentazione alcuni studi che riguardano un farmaco in grado di contrastare il Covid-19. Al momento sappiamo che le armi più efficaci contro questa infezione sono il distanziamento sociale, il lavaggio delle mani e il fatto di restare a casa. Esiste però un farmaco, promosso da Donald Trump, che potrebbe dare risultati promettenti.



L’università di Oxford ha quindi avviato una sperimentazione su un gruppo di 40 mila medici e infermieri: i risultati arriveranno entro un anno. Si tratta, stando alla ricerca, di un farmaco antimalarico idrossiclorochina (derivato della clorochina).

Il coronavirus si può prevenire?

L’idrossiclorochina sarebbe una sostanza meno tossica rispetto alla clorochina e viene prodotta dal colosso farmaceutico francese SANOFI col nome commerciale di Plaquenil.

Stando a quanto riferito da Donald Trump, questo potrebbe essere un farmaco promettente per contrastare il Covid-19. Infatti, uno studio avviato dall’Università di Oxford ha sperimentato il farmaco di 40 mila medici e infermieri e tra meno di un anno dovrebbe presentare i risultati della ricerca. Ma si può davvero prevenire il coronavirus?

Donald Trump, su Twitter, avrebbe affermato che l’idrossiclorochina, in associazione con l’antibiotico azitromicina, sarebbe in grado di prevenire il virus. La discussione è stata ripresa in uno studio del professor Philippe Gautret e Didier Raoult dell’istituto IHU-Méditerranée Infection di Marseille. La sua ricerca ha coinvolto 80 pazineti e ha dimostrto che i due farmaci sarebbero in grado di diminuire la carica virale.

Ma un gruppo di scienziati del Dipartimento di Malattie Infettive presso il Saint Louis Hospital di Parigi non ha riscontrato alcun miglioramento sui pazienti trattati con tale cura.

L’unico modo per capire con certezza se questa possa essere la via migliore per prevenire il contagio è sperimentare la coppia di farmaci su coloro che sono maggiormente esposti al rischio. Per questo l’università di Oxford ha deciso di coinvolgere medici e infermieri.

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