Cronaca

Corte Costituzionale: “Il cognome del padre è un retaggio culturale”

Per i Supremi giudici l’attribuzione automatica prevista dalla legge è frutto di una “tramontata potestà maritale”. Al vaglio la legittimità della norma

La Corte Costituzionale si pronuncia sulla tradizione di affidare ai figli il cognome del padre. ”L’attuale legge che prevede l’attribuzione “automatica” del cognome paterno ai figli è “è retaggio di una concezione patriarcale della famiglia” e di “una tramontata potestà maritale, non più coerente con i principi dell’ordinamento e con il valore costituzionale dell’uguaglianza tra uomo e donna”. A scriverlo è la Corte Costituzionale che ha depositato un quesito di legittimità sul meccanismo che regola proprio la scelta del cognome ai figli.

Il cognome del padre è un retaggio culturale, per la Corte Costituzionale

Sul tema il Parlamento non si è ancora espresso, nonostante un precedente pronunciamento della Consulta nel 2016 che riteneva la questione “urgente”. Da qui la decisione dei giudici di valutare l’incostituzionalità della norma, partendo dal caso di una coppia di Bolzano.

La coppia di Bolzano che voleva il cognome materno

Ad interpellare la Corte Costituzionale è stata una coppia di Bolzano che, di comune accordo, voleva dare al figlio il cognome della madre, perché in tedesco “suonava meglio”. Di fronte all’impossibilità si è rivolta alla Consulta, chiedendo di dichiarare incostituzionale la norma del Codice “là dove non prevede, in caso di accordo tra i genitori, la possibilità di trasmettere al figlio il cognome materno invece di quello paterno”.

La Consulta però è andata oltre, rimettendo a se stessa la questione di legittimità dell’articolo 262 del Codice civile, perché “qualora venisse accolta la prospettazione del Tribunale di Bolzano, in tutti i casi in cui manchi l’accordo dovrebbe essere ribadita la regola che impone l’acquisizione del solo cognome paterno”. In pratica, con il proprio pronunciamento si estenderebbe a tutti il valore della sentenza (anche in modo retroattivo) superando il limite dell’attuale norma e soprattutto lo stallo in Parlamento, ripetutamente sollecitato a intervenire, finora inutilmente.

I solleciti caduti (finora) nel vuoto

La decisione della Consulta arriva da una precedente sentenza del 2016 che si era occupata della possibilità di dare il doppio cognome, dunque anche quello materno. In quel caso i giudici definirono incostituzionale l’attribuzione automatica ed esclusiva del cognome paterno, perché “retaggio di una concezione patriarcale della famiglia, la quale affonda le proprie radici nel diritto di famiglia romanistico, e di una tramontata potestà maritale, non più coerente con i principi dell’ordinamento e con il valore costituzionale dell’uguaglianza tra uomo e donna”.

L’anomalia italiana

L’Italia è uno dei pochi Paesi europei rimasti ancorato al diritto romano, con l’attribuzione automatica del cognome paterno. Al momento, infatti, nel nostro Paese non è possibile scegliere solo il cognome materno. Secondo l’articolo 262 del Codice civile “Il figlio assume il cognome del genitore che per primo lo ha riconosciuto”. Ma qualora “il riconoscimento è stato effettuato contemporaneamente da entrambi i genitori, il figlio assume il cognome del padre”. È proprio questo il punto ora al vaglio della Consulta.

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