Cronaca

Covid, allarme chirurghi: “Attività di fatto ferma, liste d’attesa terrificanti”

"Solo con più personale e risorse in un anno possiamo recuperare il 70% degli interventi, l'altro 30% da smaltire nel 2023"

Covid in Italia: l’attività chirurgica programmata negli ospedali pubblici italiani è “ferma, limitata agli interventi d’urgenza o a quelli oncologici non rimandabili“. A lanciare l’allarme è Marco Scatizzi, presidente dell’Associazione chirurghi ospedalieri italiani (Acoi) all’Adnkronos Salute.

Covid, l’allarme di Marco Scatizzi dell’Acoi

Se una operazione programmata alla colecisti, che di norma si supera con una operazione in laparoscopia e una notte di degenza, viene rimandata per un anno o oltre – rimarca Scatizzi – il paziente si ritroverà con una pancreatite. Una condizione che può diventare invalidante. Quindi abbiamo oggi malattie benigne che si trasformano in patologie letali“.

“In due anni di pandemia non è cambiato nulla”

Dopo due anni di pandemia sembra che nulla sia cambiato per i pazienti non Covid che necessitano di un ricovero o un intervento programmato. “Il finanziamento ad oggi non ha coperto la stabilizzazione degli infermieri e dei medici che sono stati assunti per l’emergenza – ricorda il presidente Acoi – Se avessimo dato una programmazione certa a queste risorse umane, forse oggi non saremmo in queste condizioni“.

Ma come si può recuperare sul fronte delle liste d’attesa? “Se il ministro della Salute, Roberto Speranza, e le Regioni investono oggi in quello che chiediamo, ovvero più operatori (infermieri, anestesisti, chirurghi) e nelle strutture, in un anno possiamo recuperare il 70% degli interventi rimandati – suggerisce – Mancherebbe un 30% che si può smaltire nel 2023 se riprendiamo a regime e non ci sono ulteriori problemi“.


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