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Covid, come potrebbe cambiare campagna vaccinale con lo stop temporaneo di Johnson&Johnson

Johnson&Johnson ha da poco annunciato che ritarderà le consegne dei sui vaccini in Europa: cosa potrebbe ambiare nella campagna vaccinale

Johnson&Johnson ha da poco annunciato che ritarderà le consegne dei sui vaccini in Europa. La decisione arriva dopo la raccomandazione di una sospensione del siero, in via del tutto precauzionale, arrivata dal FDA americano a seguito di 6 casi di trombosi rara su oltre 6 milioni di somministrazioni negli Stati Uniti. Ma come potrebbe cambiare la campagna vaccinale con lo stop temporaneo? Vediamo insieme tutti i dettagli.

Come potrebbe cambiare campagna vaccinale con lo stop temporaneo di Johnson&Johnson

I ritardi della casa farmaceutica nelle distribuzioni in Europa avranno delle ripercussioni nella campagna vaccinale italiana, visto che l’arrivo del siero era una delle colonne portanti del piano nazionale. Proprio oggi sono attese nel pomeriggio le prime 184mila dosi all’hub nazionale della Difesa a Pratica di Mare, vicino Roma. Per questo è stata convocata una riunione ‘tecnica’ al ministero della Salute, iniziata alle 16, in cui dovrebbe essere presente anche l’Agenzia italiana del farmaco.

Secondo i piani il vaccino Johnson&Johnson avrebbe dovuto velocizzare la campagna vaccinale, anche perché fino ad ora è l’unico farmaco che non necessita di una dose di richiamo per completare l’immunizzazione. Nel Piano vaccinale nazionale, presentato non più tardi di un mese fa dal commissario all’emergenza Francesco Figliuolo, è previsto l’arrivo di 26,57 milioni di dosi di Johnson&Johnson in Italia entro la fine di quest’anno. In dettaglio, come indicato nelle tabelle, 7,31 milioni di dosi nel secondo trimestre, quello appena iniziato, 15,94 milioni nel terzo, 3,32 nel quarto trimestre 2021.

Con l’utilizzo di AstraZeneca consigliato l’uso “preferenziale” per la fascia di popolazione dai 60 anni in su, e con conseguente il calo di prenotazioni e defezioni per il siero di Oxford, che secondo la percezione di molti cittadini sarebbe meno sicuro proprio per il rischio trombosi, il governo pensava di puntare proprio su Johnson&Johnson per immunizzare la fascia di popolazione più giovane, e le categorie essenziali indicate dal piano vaccinale, come militari e insegnanti.

Nel Lazio per esempio il governatore Zingaretti aveva vorrebbe destinare il siero Johnson&Johnson in via prioritaria alle carceri. Anche se oggi il premier Mario Draghi ha ribadito alle Regioni che non saranno ammesse fughe in avanti: il criterio che tutti dovranno rispettare, dopo la vaccinazione degli over 80, dei fragili e della fascia dai 60 ai 79 anni e del personale sanitario in prima linea, sarà quello dell’età. E non saranno ammesse deroghe.

Come funziona il vaccino di Johnson&Johnson

J&J: per soggetti dai 18 anni in su. Come AstraZeneca è un vaccino a vettore virale. Ha il grande vantaggio di essere monodose e dunque non necessita di un richiamo. Può essere conservato in frigo senza congelamento.

Si tratta di un vaccino che utilizza un adenovirus, cioè un virus “del raffreddore” delle scimmie, inattivato, che serve per trasportare nell’organismo le informazioni genetiche utili a sviluppare la difesa contro le spike, ossia le “coroncine” che il virus utilizza per attaccare le cellule.

Lo scorso gennaio sono stati pubblicati sul New England Journal of Medicine i dati dello studio di fase 1/2a che hanno mostrato che, dopo una singola vaccinazione, gli anticorpi neutralizzanti contro COVID-19 sono stati rilevati in oltre il 90% dei partecipanti allo studio al 29 giorno e nel 100% dei partecipanti di età compresa tra i 18 e i 55 anni al 57 giorno.

Lo studio clinico

Per quanto riguarda lo studio clinico di Fase 3 ENSEMBLE, disegnato per valutare l’efficacia e la sicurezza del candidato vaccino nel fornire protezione nelle forme da moderate a gravi già a 14 e 28 giorni dalla vaccinazione, è stata osservata l’insorgenza della protezione al quattordicesimo giorno.

Dove viene prodotto

Il siero della Johnson & Johnson è prodotto in diversi Paesi: parte dal New Jersey e arriva in Belgio, passando dall’Olanda e dall’Italia.

Il quartier generale della multinazionale farmaceutica è a New Brunswick, nella piana industriale dello Stato del New Jersey, a meno di 80 chilometri da New York, ma è tra Massachusetts e Europa che il vaccino è nato. Tre sono i luoghi chiave: il centro di ricerca Beth Israel Deaconess Medical Center di Boston, dove i ricercatori hanno lavorato in sinergia con quelli del centro vaccini Janssen Pharmaceutical di Beerse, in Belgio, e del Centro biologico Janssen di Leiden, in Olanda, a cinquanta chilometri da Amsterdam.

In questo triangolo si sono concentrate le tre fasi obbligatorie di sperimentazioni del vaccino sui volontari. Ma la seconda fase, quella operativa, ha visto l’allargamento della rete di produzione. Per aumentare la produzione l’azienda americana ha stretto dal 2020 una partnership con la Catalent, che ha sede in New Jersey.


 

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