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Covid, oggi la giornata in memoria delle vittime | Nasce il bosco della memoria

Covid, Draghi a Bergamo per ricordare le vittime in Italia. Il discorso del premier ed il minuto di raccoglimento

Mario Draghi ha ricordato le vittime del Covid in Italia. In occasione della giornata della memoria di oggi, giovedì 18 marzo 2021, il premier si è recato a Bergamo, città-simbolo dell’emergenza Covid in Italia e probabilmente in Europa.

La ricorrenza è stata fissata al 18 marzo perché questa è la data in cui, esattamente un anno fa, i mezzi militari, a Bergamo, sono stati impiegati per il trasporto delle salme delle vittime. La Giornata nazionale è stata approvata all’unanimità nei giorni scorsi con un disegno di legge.

Covid, Draghi ricorda le vittime in Italia: la visita a Bergamo

Alle 11 è stata deposta una corona di fiori al Cimitero monumentale della città. Successivamente, si è svolta l’inaugurazione del Bosco della Memoria con la cerimonia per la messa a dimora dei primi 100 alberi. Il bosco della memoria sorgerà al parco della Trucca, dove oggi viene piantato un Tiglio donato dal Comune di Buccari, nel Siracusano.

Il progetto, con 750 alberi e piante a organizzare una serie di isole verdi e aree attrezzate, nasce da un’idea dell’associazione dei Comuni virtuosi finanziata dal Comune di Bergamo e dal crowdfunding che da solo ha raccolto finora 110mila euro.

Giornata vittime Covid, il discorso del sindaco di Bergamo, Giorgio Gori

“Signor Presidente del Consiglio, Autorità, cittadine e cittadini, avremmo voluto che questo prato oggi fosse pieno di persone. Avevamo sognato che questa giornata segnasse la fine della lunga e dolorosa pagina della pandemia. Non ci siamo ancora, però. Manca poco ma non ci siamo ancora. Anzi, nelle ultime settimane i contagi sono tornati a salire e sono state decise nuove restrizioni. Abbiamo dovuto adottare un protocollo particolarmente rigoroso. Siamo quindi grati alla Rai, che trasmette in diretta questa cerimonia e ci avvicina a chi oggi non può essere qui con noi. Signor Presidente del Consiglio, grazie per aver scelto di essere a Bergamo nel giorno che il Parlamento ha intitolato alla memoria delle vittime dell’epidemia di Covid-19. Grazie per aver voluto partecipare alla commemorazione dei nostri morti. 670, circa, nella sola città di Bergamo; 6mila, circa, in tutta la provincia. Numeri, ma ognuno di loro è una storia spezzata, affetti spazzati via, lo strazio di chi ha voluto loro bene.

Non c’è bergamasco che non abbia dovuto dire addio a qualcuno cui voleva bene. Dobbiamo dire “circa” perché non sappiamo, con maggiore precisione, quante siano state le vittime bergamasche del Coronavirus. Questi dati li abbiamo ricavati dalle anagrafi dei comuni, e li ha poi certificati l’Istat. Rappresentano la differenza tra i decessi avvenuti tra marzo e maggio nel 2020, rispettivamente in città e in tutta la provincia, e quanti mediamente se ne contavano nello stesso periodo negli anni precedenti. E’ una statistica, non è un elenco completo. Ciò che colpisce è che questi numeri raddoppiano quelli delle vittime ufficialmente accertate. La metà dei nostri morti non figura nelle statistiche ufficiali riguardanti la pandemia. Migliaia di nostri concittadini, centinaia in città, sono deceduti con i sintomi del Covid, ma senza una diagnosi. Sono morti nelle loro abitazioni, o nelle case di riposo, senza che fosse possibile fare loro un tampone, perché a marzo del 2020 i tamponi erano pochi e bastavano appena per i casi più gravi, per chi veniva ricoverato in ospedale. Non avremmo quindi potuto compilare un memoriale esaustivo, incidere su una grande lapide tutti i nomi delle persone amate – padri, madri, nonni, fratelli, amici, colleghi – che il Covid ci ha portato via. Avremmo sicuramente dimenticato qualcuno. Abbiamo scartato anche l’idea di un monumento, di una statua, di un’installazione artistica. Abbiamo deciso di onorare la memoria delle vittime dell’epidemia con un’opera viva, con un monumento che respira, realizzando un Bosco di alberi e arbusti insieme all’Associazione dei Comuni virtuosi.

Le piante che vediamo oggi sono cento, ma alla fine saranno 850. E qui prevediamo che si svolgano incontri dedicati ai bambini e alle famiglie, laboratori, lezioni di educazione ambientale per le classi delle scuole. Il Bosco della Memoria nasce a pochi passi dall’Ospedale Papa Giovanni, il principale presidio sanitario di questa provincia, trasformato dalla scorsa primavera in una trincea della lotta contro il virus, dove ancora oggi decine di persone contagiate sono ricoverate in gravi condizioni, dove tanti hanno purtroppo perso la loro battaglia ma molti di più sono stati tratti in salvo grazie alle capacità e alla straordinaria abnegazione di medici, infermieri e personale sanitario. E’ impossibile onorare chi non c’è più senza dire “grazie” a chi ha consentito che tanti avessero salva la vita. Un Bosco, signor Presidente del Consiglio, è anche un simbolo di speranza. Bergamo si è trovata suo malgrado ad essere l’epicentro della prima ondata della pandemia in Europa, tanto da diventare la città simbolo della tragedia che ha segnato la primavera del 2020. Il 18 marzo è il giorno dei camion di Bergamo, di quello straziante corteo di mezzi militari che trasportavano in altre città le salme dei nostri concittadini, troppe perché fossimo in grado di accompagnarle tutte alla cremazione. Ma Bergamo vuole essere anche la città simbolo della rinascita.

Il Bosco che oggi inauguriamo è un messaggio di positività e di speranza che da Bergamo rivolgiamo a tutto il nostro Paese, ancora impegnato nella lotta contro il Covid e alle prese con le vaccinazioni cui affidiamo l’aspettativa di veder finalmente conclusa questa terribile prova. La tenacia e l’operosità della gente bergamasca, tradotte in mille gesti di solidarietà nei momenti più tragici della pandemia, la scorsa primavera, definiscono lo spirito con cui vogliamo ripartire e contribuire a determinare il futuro nella nostra comunità e del nostro Paese. La sua presenza qui, signor Presidente del Consiglio, ci fa sentire che lo Stato c’è e che vuole manifestarci la sua vicinanza. Il 28 giugno scorso la partecipazione del Presidente Mattarella al Requiem che dedicammo a queste stesse vittime del Covid, fu per noi come una carezza dopo quattro mesi di dolore. Oggi la sua presenza ci comunica fiducia. Confidiamo in una gestione efficiente della campagna vaccinale, nel sostegno tempestivo e adeguato alle famiglie, alle categorie e alle imprese penalizzate dalle misure di contenimento dell’epidemia; e nel miglior uso delle risorse dedicate dall’Europa al rilancio del nostro Paese. “Bergamo mola mìa”, Bergamo non arrenderti, è stato lo slogan che ci ha accompagnato nei momenti più duri. Bergamo non ha mai mollato, siamo qui a testimoniarlo. Ma questo è anche l’invito che attraverso Lei rivolgiamo a tutti gli italiani, nel ricordo commosso dei nostri amici che non ci sono più: “Mola mìa”, teniamo duro, e lavoriamo insieme per costruire un futuro migliore”.

Il discorso integrale di Mario Draghi per il 18 marzo

Mario Draghi ha parlato davanti ad un ristrettissimo numero di persone. Fra di loro il sindaco Giorgio Gori, il vescovo Francesco Beschi, il presidente della Provincia Gianfranco Gafforelli, il prefetto Enrico Ricci, il direttore generale dell’Ats Bergamo Maurizio Giupponi, la direttrice dell’ospedale Giovanni XXIII, un’infermiera e un medico di base.


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“Non possiamo abbracciarci, ma questo è il giorno in cui dobbiamo sentirci tutti ancora più uniti. A partire da qui, da questo luogo che ricorda chi non c’è più. In questa città non vi è nessuno che non abbia avuto un familiare o conoscente colpito dal virus. Cari bergamaschi, avete vissuto giorni terribili in cui non vi era nemmeno il tempo di piangere i vostri cari, di salutarli e accompagnarli per l’ultima volta. 

Sono tante le immagini di questa tragedia, che hanno colpito tutti, in Italia e nel mondo. Una su tutte è indelebile: la colonna di camion militari carichi di bare. Era la sera del 18 marzo, esattamente un anno fa. Questo bosco non racchiude solo la memoria delle tante vittime cui va oggi il nostro pensiero commosso.  Questo luogo è un simbolo del dolore di un’intera nazione. Lo testimoniò già, con la sua presenza alla commemorazione del 28 giugno al Cimitero Monumentale, il Presidente della Repubblica.

È anche il luogo di un impegno solenne che oggi prendiamo. Siamo qui per promettere ai nostri anziani che non accadrà più che le persone fragili non vengano adeguatamente assistite e protette. Solo così rispetteremo la dignità di coloro che ci hanno lasciato. Solo così questo bosco della memoria sarà anche il luogo simbolo del nostro riscatto. 

Siamo qui per celebrare il ricordo perché la memoria di ciò che è accaduto nella primavera dello scorso anno non si appanni. Ricordare ci aiuta a fare buone scelte per la tutela della salute pubblica e per la salvaguardia del lavoro dei cittadini.

Ricordare i tanti e magnifici esempi di “operatori del bene” espressi nell’emergenza da questa terra ci dà la misura della sua capacità, del suo sacrificio. Vorrei ricordare gli operatori dell’ospedale Papa Giovanni XXIII.  In questi mesi hanno dato un contributo straordinario di professionalità e di dedizione, spesso pagato con la vita. Vorrei ricordare il miracolo – e non si può definire diversamente – dell’ospedale da campo della Fiera di Bergamo.

Allestito in pochi giorni dagli Alpini, dalla Protezione Civile e dagli artigiani volontari. E sostenuto dalla grande generosità dei cittadini bergamaschi. Il sindaco Giorgio Gori ricorda nel suo libro – che ha come titolo “Riscatto” – anche i mille volontari, ragazze e ragazzi, che hanno aiutato le persone in difficoltà.

Il sindaco li ha chiamati, a ragione, i “nuovi mille” di Bergamo. In tutta Italia sono tantissimi i protagonisti silenziosi di questa rete di solidarietà. Sono tante le figure simbolo della resistenza civile di questa comunità che oggi vorrei ricordare.

Ne cito solo alcune: Don Fausto Resmini era il prete degli ultimi. A lui è stato intitolato il carcere di Bergamo di cui era il cappellano.Con lui rendiamo omaggio ai sacerdoti della diocesi bergamasca deceduti per il virus. Tra i sindaci storici di questa comunità, rivolgo un pensiero a Piero Busi, primo cittadino per 59 anni di Valtorta, morto nella casa di riposo che aveva contribuito a creare. E a Giorgio Valoti di Cene, 70 anni, al suo quarto mandato. Tra gli operatori sanitari: Maddalena Passera, medico anestesista. Deceduta a 67 anni poco dopo suo fratello Carlo, medico di base.

Diego Bianco, 46 anni, un operatore del fondamentale servizio del 118 della Soreu di Bergamo. Tra le forze dell’ordine, l’appuntato scelto dei Carabinieri Claudio Polzoni, 46 anni. Con loro ricordiamo tutte le vittime della pandemia e ci stringiamo intorno alle loro famiglie. Il governo – e lo sapete bene – è impegnato a fare il maggior numero di vaccinazioni nel più breve tempo possibile. 

Questa è la nostra priorità. La sospensione del vaccino AstraZeneca, attuata lunedì con molti altri Paesi europei, è stata una decisione temporanea e precauzionale.

Nella giornata di oggi, l’Agenzia Europea dei Medicinali darà il suo parere definitivo sulla vicenda. Qualunque sia la sua decisione, la campagna vaccinale proseguirà con la stessa intensità, con gli stessi obiettivi. L’incremento nelle forniture di alcuni vaccini aiuterà a compensare i ritardi da parte di altre case farmaceutiche. Abbiamo già preso decisioni incisive nei confronti delle aziende che non mantengono i patti.

Il rispetto che dobbiamo a chi ci ha lasciati deve darci la forza per ricostruire il mondo che essi sognavano per i propri figli e nipoti. Tutta la comunità bergamasca ha dato prova di saper reagire, di trasformare i lutti e le difficoltà in voglia di riscatto, di rigenerazione. 

Il suo esempio è prezioso per tutti gli italiani che, sono certo, non vedono l’ora di rialzare la testa, ripartire, liberare le loro energie che hanno reso meraviglioso questo Paese. E io sono qui oggi per dirvi grazie e per impegnarmi insieme a tutti voi a ricostruire senza dimenticare.


Tutte le notizie sul coronavirus

Il sito del Ministero della Salute

 

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