Cronaca

Covid, le linee guida per lo sci: piste a numero chiuso e metà posti nelle funivie

Se non si può salvare il Natale che si salvi almeno la stagione sciistica. Ecco le linee guida per lo sci: piste a numero chiuso

Covid, le linee guida per lo sci: piste a numero chiuso e metà posti nelle funivie. Se non si può salvare il Natale che si salvi almeno la stagione sciistica e i suoi circa 3 miliardi di euro di indotto. È questo in buona sostanza l’obiettivo di alcuni governatori italiani che lunedì pomeriggio presenteranno alla conferenza Stato-Regioni una proposta per la riapertura ragionata delle piste da sci.

Covid, le linee guida per lo sci

In ogni caso non si tratta di un liberi tutti ma di un piano articolato con ingressi contingentati e mascherine che sarebbe in grado di confermare l’inizio della stagione per il prossimo 8 dicembre ma solo nei territori in quel momento gialli o arancioni (con limitazioni al 50%), escludendo quindi le zone rosse.

Ad esporsi, proponendo il testo che verrà poi valutato in maniera vincolante dal Cts e dal governo, sono state ovviamente quelle regioni che hanno nello sci e nel suo indotto una risorsa turistica fondamentale: Lombardia, Piemonte, Val d’Aosta, Provincia autonoma di Trento e Provincia autonoma di Bolzano, Friuli Venezia Giulia, Abruzzo e Veneto. Quest’ultima (gialla al momento) presiede il coordinamento per la prevenzione della Conferenza delle Regioni e quindi ha inevitabilmente giocato un ruolo fondamentale.

Il testo

Noi abbiamo elaborato una proposta – precisano dalla giunta regionale di Luca Zaia – bisogna però vedere come si arriva all’inizio di dicembre e all’apertura della stagione. Diciamo che consideriamo la nostra bozza una opzione solo se i contagi andranno in un certo modo”.

Come si legge nel documento (“Proposta di linee guida per l’utilizzo degli impianti di risalita nelle stazioni e nei comprensori sciistici da parte degli sciatori amatoriali”) “quale misura preliminare”, si prevede l’imposizione di un “numero massimo di presenze giornaliere mediante l’introduzione di un tetto massimo di skipass vendibili, determinato in base alle caratteristiche della stazione/area/comprensorio sciistico”.

In pratica ci saranno ingressi contingentati attraverso gli skipass, ovvero i ticket necessari per accedere agli impianti di risalita e alle piste che dovranno essere acquistati o prenotati in rete prima di raggiungere l’area delle piste. I numeri però sono variabili e, se nelle zone gialle, non sembrano esserci sostanziali limitazioni (se non quelle di buon senso come indossare sempre la mascherina, anche sotto gli scaldacollo, e il tenersi distanziati ad almeno un metro), le cose cambiano in zona arancione.

Mentre nelle aree rosse vige un divieto “alla fruizione degli sciatori amatoriali“, qui infatti “gli impianti resteranno attivi con riduzione di portata pari al 50%” per le tipologie chiuse (cabinovie, funivie). Unica deroga concessa in caso di maltempo: se ci saranno temporali, per evitare che gli sciatori si accalchino presso le stazioni a monte, è consentito il pieno carico per la discesa a valle.

Le strutture

Restano però dei dubbi sui meccanismi studiati per evitare gli assembramenti all’ingresso degli impianti di risalita. Il testo infatti demanda tutto ai gestori delle strutture (salvo l’ordine pubblico, ovviamente), che però al termine della scorsa stagione spesso non hanno brillato per accortezza e responsabilità.

Non solo. Ci si chiede anche come possa l’attività risultare remunerativa per gli impianti in zona arancione. Considerati gli enormi costi di gestione infatti, pensare di potersi accontentare dei soli residenti nel comune in cui è situata la pista (come prevede il Dpcm) attuale, sembra davvero poco remunerativo. Se poi, come il governo sembra essere orientato a fare, gli spostamenti tra comuni verranno limitati anche nelle aree gialle durante il periodo festivo, preservare settimana bianca e lavoratori del settore ì appare un’utopia.

Fonte: Il Mattino


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