Le finestre della casa erano sigillate con chiavistelli speciali, e anche la porta della camera da letto, dove la 31enne era stata rinchiusa, era bloccata a chiave. La donna non poteva lasciare la stanza nemmeno per andare in bagno. Le violenze subite dalla giovane venezuelana, liberata lo scorso luglio dalla prigione in cui era stata trasformata la casa in via San Bernardino a Eboli, dove il suo sequestratore, G.C., un suo coetaneo, l’aveva trattenuta, sono riassunte nella richiesta avanzata dal sostituto procuratore Morris Saba, che ha chiesto per l’accusato il decreto di giudizio immediato. Il Gip Piero Indinnimeo, accogliendo la richiesta del magistrato, ha fissato l’inizio del processo per il 31 ottobre, anche se è probabile che la vicenda si risolva prima.
Eboli, segregata in casa e ridotta in schiavitù: arrestato
L’imputato, difeso dall’avvocato Pierluigi Spadafora, potrebbe infatti optare per il rito abbreviato, che gli garantirebbe una riduzione di un terzo della pena. Le prove contro di lui, presentate dalla Procura e confermate durante un delicato incidente probatorio, risultano molto gravi. La vittima, rappresentata dall’avvocato Rosanna Carpentieri, ha fornito la sua testimonianza lo scorso luglio davanti al Gip. Nella richiesta del magistrato si sottolinea la crudeltà con cui l’uomo ha agito, contestandogli il reato di tortura per aver inflitto alla vittima un trattamento inumano e degradante.
L’arresto
La giovane era trattenuta con la forza in quella stanza, privata del suo cellulare, impedendole di chiedere aiuto o contattare i familiari. Veniva colpita con il cavo del caricatore del telefono e con una corda, le venivano strappati i capelli e subiva calci e pugni ogni volta che tentava di ribellarsi. La sua liberazione è avvenuta lo scorso luglio, quando è riuscita a fuggire e a chiedere aiuto a dei passanti. L’uomo è stato arrestato mentre cercava di riportarla indietro.