Cronaca

Eutanasia, suicidio assistito e sedazione palliativa: quali sono le differenze

Quali differenze intercorrono tra i diversi metodi e cosa dice la legge italiana

Eutanasia, suicidio assistito e sedazione palliativa sono termini che in questi giorni sono rimbalzati sui giornali. Ma quali sono le differenze? Cosa prevede la legge italiana? Spesso sono termini usati come sinonimi, ma hanno caratteristiche diverse.

Quali sono le differenze tra eutanasia, suicidio assistito e sedazione palliativa?

L’eutanasia viene spesso utilizzata come sinonimo di suicidio assistito, sedazione palliativa profonda e sospensione dei trattamenti, ma tale non è: sulle loro differenze è opportuno porre massima attenzione.

Eutanasia

Il termine “eutanasia” significa letteralmente “buona morte” (dal greco eu-thanatos) e indica l’atto di procurare intenzionalmente e nel suo interesse la morte di una persona che ne faccia esplicita richiesta. La Federazione Cure Palliative ne fornisce una spiegazione ancora più esplicita definendola come “l’uccisione di un soggetto consenziente in grado di esprimere la volontà di morire”. La richiesta di eutanasia, nei paesi dove questa pratica è lecita, viene soddisfatta dopo un percorso che permette alla persona di effettuare una scelta consapevole e libera.

Abbiamo celebri casi di eutanasia in Italia, come il caso di Piergiorgio Welby e il più recente di Elena. La donna di Spinea si era rivolta a Marco Cappato per porre fine alla sua vita e trovare la pace dalle continue cure per un microcitoma polmonare. Dopo l’ennesima persona scappata dall’Italia per ricorrere all’eutanasia si è pronunciato Stefano Gheller che trova forza in queste storie per battersi e per permettere ai malati completamente bloccati di poter scegliere il proprio destino.

Suicidio assistito

Il suicidio assistito è l’atto del porre fine alla propria esistenza in modo consapevole mediante l’autosomministrazione di dosi letali di farmaci da parte di un soggetto che viene appunto “assistito” da un medico (in questo caso si parla di suicidio medicalmente assistito) o da un’altra figura che rende disponibili le sostanze necessarie.

L’ultimo episodio di permesso da parte dello Stato Italiano è di un marchigiano di 44 anni che ha ottenuto i farmaci per il suicidio assistito.


LEGGI QUI — >> Suicidio assistito, Antonio ottiene il farmaco da somministrare


Differenze tra eutanasia e suicidio assistito

Per quanto le due pratiche siano accomunate dalla volontarietà della richiesta e dall’esito finale, ci sono almeno due sostanziali differenze tra eutanasia e suicidio assistito:

  1. l’eutanasia non necessita della partecipazione attiva del soggetto che ne fa richiesta, mentre il suicidio assistito sì, perché prevede che la persona malata assuma in modo indipendente il farmaco letale;
  2. l’eutanasia richiede un’azione diretta di un medico, che somministra un farmaco di regola per via endovenosa, mentre il suicidio assistito prevede che il ruolo del sanitario si limiti alla preparazione del farmaco che poi il paziente assumerà per conto proprio.

In entrambi i casi, queste richieste vengono sottoposte alla valutazione di commissioni di esperti e al parere di più medici, diversi da quelli che hanno in cura il paziente. Solo dopo un’accurata analisi delle sue condizioni cliniche, della compromissione della qualità della sua vita e della sua piena libertà decisionale, gli viene data la possibilità di accedere agli interventi, solo nei paesi in cui sono consentite.

Sedazione palliativa

La sedazione palliativa è la riduzione intenzionale della vigilanza con mezzi farmacologici, fino alla perdita di coscienza, allo scopo di ridurre o abolire la percezione di un sintomo, altrimenti intollerabile per il paziente, nonostante siano stati messi in opera i mezzi più adeguati per il controllo del sintomo che risulta quindi refrattario.

Differenze tra eutanasia e sedazione palliativa

Ci sono almeno tre elementi che differenziano la morte medicalmente assistita dalla sedazione palliativa profonda.

  1. I farmaci Nella sedazione palliativa si impiegano benzodiazepine e neurolettici, di regola in associazione con oppioidi; in caso di morte assistita si usano in genere i barbiturici ad alte dosi.
  2. Il tempo che intercorre tra la somministrazione del farmaco e il decesso: pochi minuti nel caso dell’eutanasia, massimo mezz’ora nel suicidio assistito, alcuni giorni nel caso della sedazione palliativa profonda.
  3. L’intenzione. Nell’eutanasia e nel suicidio.

La legge italiana: cosa prevede

In Italia praticare l’eutanasia costituisce un reato, pertanto è punibile ai sensi dell’articolo 579 (Omicidio del Consenziente) e dell’articolo 580 (Istigazione o aiuto al suicidio). Al contrario il suicidio assistito, inteso come assistenza di terzi nel porre fine alla vita di una persona malata, è legittimato, ma non praticato. La sentenza 242/2019 della Corte Costituzionale ha infatti individuato quattro requisiti che possono giustificare un aiuto al suicidio:

  1. la presenza di una patologia irreversibile;
  2. una grave sofferenza fisica e psichica;
  3. la piena capacità di prendere decisioni libere e consapevoli;
  4. la dipendenza da trattamenti di sostegno vitale.

Invece, la sospensione delle cure è un diritto sancito dall’art. 1 della legge 219/2017, che stabilisce che “nessun trattamento sanitario può essere iniziato o proseguito se privo del consenso libero e informato della persona interessata, tranne che nei casi espressamente previsti dalla legge”.

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