Autorizzata al suicidio assistito ma dovrà provvedere all’acquisto dei farmaci: il caso a Firenze che vede protagonista una donna di 74 anni, con malattia polmonare cronica ostruttiva . Secondo i giudici, non è in condizioni di indigenza.
Firenze, suicidio assistito: dovrà provvedere all’acquisto dei farmaci
Il giudice del Tribunale di Firenze ha confermato il rifiuto della Azienda USL Toscana Centro riguardo alla fornitura dei farmaci per il “suicidio assistito”, richiesto da una donna toscana di 70 anni, affetta da BPCO (malattia polmonare cronica ostruttiva). Questa donna aveva già ricevuto l’approvazione dall’azienda sanitaria per accedere alla procedura di morte volontaria, legalizzata in Italia dalla sentenza del 2019 sul caso “Cappato/Dj Fabo”.
La sentenza dei giudici
I giudici hanno confermato il rifiuto, sostenendo che i farmaci necessari fossero disponibili privatamente in Italia e che la signora, non trovandosi in una situazione di indigenza, potesse acquistarli. Pertanto, la donna ha deciso, attraverso il suo team legale guidato dall’avvocata Filomena Gallo, Segretaria nazionale dell’Associazione Luca Coscioni, di presentare appello contro questa decisione, chiedendo che venga ordinata la fornitura di tutti i farmaci, alcuni dei quali non sono reperibili privatamente, già autorizzati dall’azienda sanitaria.
Le negazioni del farmaco
Attualmente, in Toscana, due aziende sanitarie stanno opponendosi alla sentenza della Corte costituzionale. Oltre alla paziente di 70 anni, affetta da una grave malattia, anche un’altra donna di 54 anni, affetta da sclerosi multipla, che aveva ricevuto un parere favorevole per l’accesso al suicidio assistito a luglio 2024, si trova nella stessa situazione di stallo, poiché l’Azienda USL Toscana Nord Ovest continua a negarle il farmaco. Le aziende sanitarie di Regioni come il Veneto e il Friuli Venezia Giulia hanno completato l’intera procedura, esaminando le condizioni dei pazienti, stabilendo le modalità di attuazione e fornendo tutto il necessario, in conformità con quanto stabilito dalla Consulta.
Questi adempimenti sono stati ulteriormente sottolineati dall’allora Ministro della Salute Roberto Speranza in una lettera inviata ai Presidenti delle Regioni il 20 giugno 2022, in cui affermava: “È fondamentale garantire che le spese mediche necessarie per consentire, al termine della procedura di verifica affidata alle strutture del Servizio Sanitario Nazionale, il ricorso al suicidio medicalmente assistito per i pazienti che ne facciano richiesta siano a carico del Servizio Sanitario Nazionale.” “Rifiutare la fornitura di farmaci che, contrariamente a quanto affermato dall’Azienda sanitaria, non sono disponibili attraverso canali privati, equivale a violare la volontà della persona e a disattendere il giudicato costituzionale, il quale ha cercato di eliminare discriminazioni nel rispetto del diritto all’autodeterminazione per i malati che scelgono percorsi di fine vita differenti”, ha dichiarato Filomena Gallo, coordinatrice del team legale della donna e segretaria nazionale dell’Associazione Luca Coscioni.
“La procedura autorizzata dall’azienda sanitaria prevede due percorsi con farmaci differenti. L’assunzione di farmaci per via orale può comportare rischi significativi, come vomito e crisi convulsive, che potrebbero portare a una morte dolorosa o addirittura al coma. Pertanto, è fondamentale che la procedura venga eseguita in sicurezza, anche per quanto riguarda farmaci non disponibili attraverso canali privati. È il medico, con il consenso del paziente, a decidere quale opzione seguire, affinché, come evidenziato dalla giurisprudenza, si possa garantire una fine dignitosa e priva di sofferenza. Non spetta a un giudice prendere questa decisione. In questo contesto, il giudice di Firenze ha frainteso la procedura medica delineata dalla letteratura scientifica e approvata dall’azienda sanitaria, che attualmente nega la fornitura. Nel frattempo, le condizioni della signora sono peggiorate, e c’è il rischio che non possa procedere secondo la propria volontà.”