Cronaca

Franco Di Mare, la pratica sulla malattia ferma all’Inail

Sarebbe ferma all’Inail la pratica relativa alla malattia di Franco Di Mare. La confessione del giornalista a Che tempo che fa provoca non solo attestati di affetto e vicinanza, ma anche indignazione nei confronti dei dirigenti Rai per il comportamento tenuto dopo aver saputo della sua malattia.

Franco Di Mare, la pratica sulla malattia sarebbe ferma all’Inail

“Ripugnante”, lo ha definito senza mezzi termini il giornalista. Nelle scorse Viale Mazzini ha precisato che l’Ad Roberto Sergio e il dg Giampaolo Rossi sono venuti a conoscenza solo domenica sera della vicenda di cui è rimasto vittima il conduttore, al quale “esprimono tutta la propria vicinanza umana e assicurano la loro disponibilità a fare tutto il possibile per consentire al giornalista di ricostruire quanto da lui richiesto“.

Di Mare ha spiegato di essersi ammalato di mesotelioma, un tumore dovuto alla respirazione delle particelle di amianto. “Sono stato a lungo nei Balcani, tra proiettili all’uranio impoverito capaci di buttare giù un edificio – ha detto in un’intervista al Corriere della Sera -. Ogni esplosione liberava nell’aria infinite particelle di amianto. Ne bastava una. Seimila volte più leggera di un capello. Magari l’ho incontrata proprio a Sarajevo, nel luglio del 1992, la mia prima missione. O all’ultima, nel 2000, chissà. Non potevo saperlo, ma avevo respirato la morte. Il periodo di incubazione può durare anche 30 anni. Eccoci“.

La diagnosi

Poco meno di quattro anni fa la diagnosi, poi l’aggravamento che ora lo costringe ad utilizzare costantemente un respiratore artificiale. Nel frattempo le richieste ripetute di avere dall’azienda lo stato di servizio, cioè l’elenco delle missioni svolte per ottenere il risarcimento previsto dalla legge. Il giornalista ha fatto sapere di aver mandato almeno dieci mail, dall’Ad al capo del personale, senza avere alcuna risposta. Ne parla anche nel suo nuovo libro ‘Le parole per dirlo’, in uscita con Sem.

Devo ammettere però che fatico a nascondere la ripulsa, l’orrore causato dal comportamento dei vertici aziendali, tutti quelli che si sono succeduti negli ultimi quattro anni, che sono letteralmente spariti. Direttori generali, amministratori delegati, capi del personale. Liquefatti – scrive -. Non ne capisco la ragione. Se si tratta di una strategia professionale potrebbe avere un senso, di cui non condivido il metod, ma che magari si iscrive nelle dinamiche della conflittualità sindacale. Il punto però è un altro e ha a che fare con le relazioni umane, che dovrebbero essere sempre un faro dei nostri comportamenti”.

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