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La tradizione pasquale in Campania: cosa si mangia?

La Campania ci regala sempre tantissime ricette e leccornie alle quali nessun italiano può rinunciare! Sono infatti tantissimi i prodotti che questa magica terra ci regala e sono altrettanto uniche le ricette che si tramandano da generazione in generazione

Nonostante questo periodo molto particolare, in cui siamo costretti a restare a casa, anche la Pasqua avrà quel sapore diverso, denso di novità, ma nonostante questi cambiamenti ci riesce davvero impossibile non affrontare il tutto con una ricca dose di tradizioni e di cucina tipica campana.

Con l’arrivo del giovedì Santo, le cucine campane sono prese letteralmente d’assalto, anche per chi è meno esperto della cucina potrà divertirsi non solo gustando ma anche provando a ricreare, quei prodotti tipici della nostra terra che, in questi giorni purtroppo, risulteranno davvero difficili da reperire.

Ma cosa si mangia in Campania? La nostra terra ci regala da sempre tantissime ricette e leccornie alle quali nessun italiano può rinunciare! Sono infatti tantissimi i prodotti che questa magica terra ci regala e sono altrettanto uniche le ricette che si tramandano da generazione in generazione.


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La tradizione pasquale, ecco cosa si mangia in Campania

Come tutti sanno, la data di Pasqua cambia di anno in anno ma ciò che non cambia mai sono le tradizioni gastronomiche.

Il pranzo pasquale inizia con la tipica fellata, un semplice antipasto di affettati misti e tagliati a fette.

Il termine fellata, deriva da una parola napoletana fella, che sta ad indicare la fetta: tutti i salumi, infatti, vengono posti, al centro tavola, tagliati a fettine più o meno sottili.

Ad accompagnare il tagliere di affettati (di cui non manca mai la soppressata e il capocollo), seguono: la ricotta salata, il provolone e le uova sode. In alcune zone del casertano vedrete comparire sulla tavola anche la mozzarella di bufala.


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Il casatiello e il tortano

Ad accompagnare la fellata vi è il celebre casatiello, un cestino di pasta di pane a forma di ciambella ripieno di diversi tipi di salumi (quali mortadella, prosciutto cotto e altri) con l’aggiunta di pecorino romano, parmigiano, strutto e ciccioli di maiale.

Il termine di questo piatto deriva dalla parola caso, che in dialetto napoletano vuol dire formaggio, e richiama la cospicua presenza di questo ingrediente all’interno del rustico.

Oltre al casatiello vi è un altra specialità che molto spesso viene confusa con quest’ultima, il tortano.

Per comprenderla al meglio è bene comprenderne le differenze: nel casatiello, le uova sono inserite per intero, con il guscio, a metà tra l’impasto e l’esterno, ricoperte da una croce di pasta mentre il tortano presenta gli stessi ingredienti, solo che le uova non sono disposte in semi superficie, ma tagliate e inserite all’interno.


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                                 Il tortano

La forma del casatiello, richiama la corona di spine che il Cristo fu costretto ad indossare mentre le uova ricoperte da una croce simboleggiano, invece, la resurrezione dopo la crocifissione.


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                               Il casatiello

Il pranzo varia da città a città e da paese a paese, abbiamo riportato qui, uno tra i tanti piatti possibili della tradizione: la minestra maritata,  un primo, prettamente tipico, della cucina napoletana.


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Il nome deriva dal fatto che gli ingredienti, la carne e le verdure miste come cicoria, scarole, verza e borragine, si sposano, ovvero si cuociono insieme creando un unico sapore.

L’agnello

Dopo questo matrimonio di sapori, si arriva all’agnello con i piselli. Nella tradizione cristiana, l’agnello, simboleggia il sacrificio di Cristo. Come recita il profeta Isaia nei Libri Profetici, il Cristo viene infatti paragonato a questo animale:

“Maltrattato, si lasciò umiliare e non aprì la sua bocca; era come agnello condotto al macello, come pecora muta di fronte ai suoi tosatori, e non aprì la sua bocca”.


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La pastiera di grano napoletana e la pastiera di riso salernitana

Infine, nel pranzo pasquale non può mancare la pastiera di grano napoletana ma anche quella di riso, tipica salernitana e infine lo scambio delle uova come regalo pasquale.


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Secondo la leggenda nacque dal culto della sirena Partenope. Ma in realtà furono le suore a inventarla, mescolando gli ingredienti simbolo della Resurrezione con i fiori d’arancio del giardino conventuale.

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