Almanacco

Giorgio Bocca: biografia, carriera e pensiero del celebre scrittore e giornalista italiano

Tutto quello che c'è da sapere sul celebre scrittore e giornalista italiano dallo stile feroce e privo di concessioni

Si può dire che, insieme all’altrettanto anziano Enzo Biagi, sia stato considerato un monumento al celeberrimo Giorgio Bocca, un mostro sacro della stampa del nostro Paese benché, a causa del suo stile feroce e privo di concessioni, spesso criticato e contestato (sembrerebbe anche ben di più dell’altro illustre collega).

Quando è scomparso il compianto Indro Montanelli, infatti, Giorgio Bocca è rimasto uno dei pochissimi giornalisti dotati di quel carisma ineguagliabile, di quella dirittura morale inscalfibile, e di una storia personale così densa che ogni sua parola diventa un argomento di dibattito. Bocca è ricordato come persona in grado di muovere le coscienze, di creare discussioni vivaci e fervorose, di dire qualcosa che non sia scontato e intonato al coro.

Giorgio Bocca, vita e carriera

Giorgio Valentino Bocca, nacque a Cuneo il 28 agosto del 1920 da genitori entrambi insegnanti. Studiò alla facoltà di giurisprudenza dell’Università degli Studi di Torino e si iscrisse ai Gruppi universitari fascisti (GUF).

Nell’organizzazione fascista ebbe anche un ruolo direttivo e divenne noto a livello provinciale anche per i suoi risultati nelle competizioni sciistiche e ricevette la medaglia d’oro nel 1940 a Roma da Benito Mussolini. In quegli anni, nel campionato 1938-1939, disputò una stagione nelle fila del Cuneo.

Gli anni della guerra

Allo scoppio della guerra, ormai ventenne, venne chiamato alle armi come allievo ufficiale nel Regio Esercito nel corpo degli Alpini. Nel giugno del 1940 partecipò alla Battaglia delle Alpi Occidentali insieme allo scrittore Mario Rigoni Stern, all’alpinista e maestro di sci Gigi Panei e alla guida alpina Renato Chabod.

Il 4 agosto 1942 firmò un articolo sul settimanale La Provincia Grande (foglio di ordini settimanale della Federazione dei Fasci di Combattimento di Cuneo) nel quale imputava il disastro della guerra alla «congiura ebraica» a cui «l’Europa ariana» dovrebbe opporsi».

Nel suo libro Il provinciale, Bocca cita una sua recensione dei “Protocolli dei savi anziani di Sion” contenente una «denuncia dell’imperialismo sionista» apparsa su La sentinella delle Alpi, un «giornaletto cuneese del 1939».


giorgio-bocca


Sotto le armi strinse amicizia con Benedetto Dalmastro, in contatto con Duccio Galimberti; insieme a queste due figure, fonderà dopo l’armistizio le formazioni partigiane di Giustizia e Libertà.

Dopo l’8 settembre 1943 Giorgio Bocca aderì infatti alla lotta partigiana, operando nella zona della Val Grana come comandante della Decima Divisione Giustizia e Libertà e, successivamente, in Val Maira in qualità di Commissario politico della Seconda Divisione Giustizia e Libertà.

Si è ipotizzato che fosse proprio il Bocca quel «partigiano Giorgio» che nei primi mesi del 1945, responsabile dei tribunali del popolo (o partigiani), in qualità di giudice nel processo a carico del Tenente Adriano Adami (Pavan) della Divisione Alpina Monterosa ne firmò la condanna a morte unitamente a quella di altri quattro prigionieri dell’esercito della Repubblica Sociale Italiana.

Giornalista e scrittore

Giorgio Bocca incominciò a scrivere fin da adolescente, nella seconda metà degli anni trenta, su periodici a diffusione locale. Successivamente, dal 1938 al 1943, scrisse anche per la testata cuneese La Provincia Grande, Sentinella d’Italia.

Alla fine della guerra, riprese l’attività giornalistica, scrivendo per il giornale di Giustizia e Libertà finché fu chiamato a lavorare per la Gazzetta del Popolo di Torino, assunto dal liberale Massimo Caputo, quindi per L’Europeo.

Negli anni sessanta incominciò a lavorare al Giorno di Milano a seguito della nomina a direttore di Italo Pietra, qui si affermò definitivamente come inviato speciale, sia all’estero (Guerra dei Sei Giorni), sia con inchieste sulla realtà italiana.


giorgio-bocca


Nel 1975 sostenne che l’esistenza delle Brigate Rosse fosse in realtà una favola raccontata agli italiani dagli inquirenti e dai servizi segreti anche se qualche anno più tardi rivide pubblicamente le sue posizioni: «Bisogna ammettere che abbiamo preso una bella cantonata».

Nel 1976 fu, insieme con Eugenio Scalfari, tra i fondatori del quotidiano la Repubblica, con cui da allora collaborò ininterrottamente.

Tenne ininterrottamente sul settimanale L’Espresso la rubrica L’antitaliano che sospese solo un mese prima di morire a seguito del peggioramento della malattia che lo affliggeva. Nel 1983 pubblicò per Garzanti un volume, Mussolini socialfascista, sulla politica economica e sociale del fascismo.

Negli anni ottanta ebbe anche un’esperienza nel giornalismo televisivo: a partire dal 1983 ideò e condusse una serie di trasmissioni per le reti Fininvest: Prima paginaProtagonisti2000 e dintorniIl cittadino e il potere e svolse anche il ruolo di opinionista per i programmi Dovere di cronaca e Dentro la notizia.

Nel 1989 condusse per Canale 5 un’inchiesta sul terrorismo italiano e internazionale degli anni settanta e ottanta dal titolo Il mondo del terrore.

L’11 aprile 2008 gli fu assegnato il Premio Ilaria Alpi alla carriera, consegnatogli dal presidente della giuria Italo Moretti con una cerimonia privata nella sua casa milanese. I vincitori delle passate edizioni più recenti erano stati Enzo Biagi (2005), Ryszard Kapuściński (2006) ed Emilio Rossi (2007).

Bocca affiancò alla principale carriera di giornalista l’attività di scrittore: il suo interesse si focalizzò principalmente sulla crisi sociale, che – nella sua interpretazione – generava il terrorismo, di cui raccontò la storia e intervistò i protagonisti.

Si interessò anche di aspetti relativi al divario geografico dell’economia e del sociale in Italia, affrontando la questione meridionale e l’avvento del fenomeno leghista all’inizio degli anni novanta. Scrisse anche diverse importanti opere storiche, tra cui alcune incentrate sulla sua esperienza partigiana.

Orientamento politico

L’orientamento politico nel corso del tempo si è rivelato variegato. Alle elezioni politiche del 1979 fu candidato al Senato con il PSI, non venendo però eletto.

Dopo essere stato un elettore socialista e poi repubblicano, diede la sua adesione ad alcune mozioni della nascente Lega Nord, poi la votò con voto strumentale, perché aveva mandato via Craxi e la DC, e infine la contrastò.

All’inizio dell’ascesa di Bettino Craxi ai vertici del PSI, si ricordano alcuni articoli elogiativi di Bocca, che poi però fu uno dei nemici acerrimi della politica di Craxi e della cosiddetta «Milano da bere» degli anni Ottanta.

Profondamente critico nei confronti della globalizzazione, nelle sue ultime opere dà una lettura assai negativa dell’ascesa politica di Silvio Berlusconi e della politica statunitense di stampo conservatore.


giorgio-bocca


Negli ultimi anni Bocca si è contrapposto ad alcuni tentativi di revisione critica della Resistenza; in particolare, si ricorda una sua polemica con Giampaolo Pansa, che pure era stato suo collega prima a Il Giorno, poi a la Repubblica, e infine sull’Espresso. Per Bocca si rischiava, con «i libri e gli articoli alla Pansa», di aprire a un revisionismo strisciante e «cerchiobottista» che vuole accomunare la Resistenza e il fascismo, omettendo di ricordare le correità del fascismo con il nazismo, descrivendo mali e beni di entrambi i fronti per arrivare a un’assoluzione generale.

Lancia per questo, dalle pagine del quotidiano la Repubblica, numerosi moniti rivolti alle nuove generazioni perché ricordino i valori fondanti della Repubblica italiana.

Negli ultimi tempi ha anche sollevato il problema del conformismo degli intellettuali di sinistra in un botta e risposta su la Repubblica con Beniamino Placido, critico letterario del quotidiano di Scalfari, chiedendo il perché del silenzio del mondo intellettuale sui testi di due scrittori di successo ma non di sinistra, Giovannino Guareschi e Gianna Preda.

La sua conclusione: “Qui si tratta di mettersi una buona volta d’accordo su che cosa s’intende per intellettuale: se è uno che deve fare il suo esercizio sul trapezio e basta o se deve pensare con la sua testa e dire la verità.

Intervistato dall’Espresso, nel 2007, dichiarò: “Sono certo che morirò avendo fallito il mio programma di vita: non vedrò l’emancipazione civile dell’Italia. Sono passato per alcuni innamoramenti, la Resistenza, Mattei, il miracolo economico, il centro-sinistra. Non è che allora la politica fosse entusiasmante, però c’erano principi riconosciuti: i giudici fanno giustizia, gli imprenditori impresa. Invece mi trovo un paese in condominio con la mafia. È il successo di chi elogia i vizi, i tipi alla Briatore“.

Morte

Giorgio Bocca morì, dopo una breve malattia, nella sua casa di Milano il giorno di Natale il 25 dicembre del 2011, a 91 anni. I funerali si svolsero nel Monastero di San Vittore al Corpo a Milano alla presenza di numerosi esponenti del giornalismo italiano. La salma è stata cremata, e le sue ceneri si trovano a La Salle in Valle d’Aosta, dove lo scrittore possedeva una casa di villeggiatura. Giorgio Bocca era ateo.

Controversie

  • Nel 1992 il Vescovo di Crotone, monsignor Giuseppe Agostino, sull’Avvenire scrisse che nel libro L’Inferno. Profondo sud male oscuro, le interviste che Bocca fece ai meridionali erano «un ascolto malvagio». Bocca rispose in un articolo su la Repubblica, cercando di sfatare l’accusa di antimeridionalismo.
  • Negli ultimi decenni della sua vita pronunciò opinioni razziste nei confronti dei meridionali: Insomma, la gente del Sud è orrenda […]. C’era questo contrasto incredibile fra alcune cose meravigliose e un’umanità spesso repellente. Una volta, a Palermo, c’era una puzza di marcio, con gente mostruosa che usciva dalle catapecchie. Vai a Napoli ed è un cimiciaio, ancora adesso. Una poesia il modo di vivere di quelle parti? Per me è il terrore, è il cancro. Sono zone urbane marce, inguaribili”.
  • Si espresse in maniera molto forte nei confronti della morte di Pier Paolo Pasolini: Pasolini è morto perché, la rigirino pure come vogliono, era di una violenza spaventosa nei confronti di questi suoi amici puttaneschi. Poi mi dava noia questo: ho un po’ di omofobia, che poi è una cosa militare […]. Il mio concetto piemontese è che gli uomini veri vanno a fare il soldato.

giorgio-bocca


 

Articoli correlati

Pulsante per tornare all'inizio