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Il 7 dicembre 1949 nasce Ilda Boccassini, magistrato di grande esperienza e di grande passione

Biografia di Ilda Boccassini: il magistrato napoletano che è stato un volto importante dell'inchiesta "Mani Pulite" e di altri grandissimi casi italiani

Ilda Boccassini è stato un magistrato italiano, procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Milano. Nota per essere subentrata ad Antonio Di Pietro nel pool dell’inchiesta “Mani Pulite” (1994) per aver diretto le indagini della DIGOS che hanno portato all’arresto di alcuni componenti delle Nuove Brigate Rosse (2007) e per guidato l’inchiesta sul cosiddetto “caso Ruby”, che ha coinvolto importanti esponenti del governo italiano accusati di favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione.

Ilda Boccassini, tutto quello che c’è da sapere sul noto magistrato italiano

Ilda Boccassini è nata a Napoli il 7 dicembre del 1949. Dopo essersi laureata in Giurisprudenza, nel 1979 entra con funzioni effettive in magistratura, dapprima presso la Procura della Repubblica di Brescia e in seguito in Procura a Milano. Nel 1982, subisce da parte del Consiglio Superiore della Magistratura un procedimento disciplinare dopo essere stata vista in atteggiamenti intimi con un giornalista di “Lotta Continua” davanti al Palazzo di Giustizia: in seguito il procedimento disciplinare verrà annullato in quanto ritenuto ininfluente rispetto alla professione di magistrato.


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Sotto la Madonnina, Ilda Boccassini si occupa soprattutto di criminalità organizzata: la prima inchiesta che raggiunge gli onori delle cronache nazionali, chiamata “Duomo Connection”, riguarda proprio le infiltrazioni mafiose nelle regioni dell’Italia settentrionale. In questi anni il giudice napoletano ha modo di collaborare sia con Giovanni Falcone, del quale diventa amica, sia con il team di investigatori guidati dal tenente Ultimo (colui che diventerà famoso per la cattura di Totò Riina).

Il riciclaggio a Milano, la “Duomo Connection” e gli anni a Caltanissetta

Con Falcone, in particolare, segue diverse indagini riguardanti il riciclaggio di denaro sporco, provando ad arrestare il boss siciliano Gaetano Fidanzati, che gestisce il traffico di cocaina ed eroina a Milano benché latitante. Ilda Boccassini, insieme con il giudice siciliano, coordina i carabinieri sulle tracce di Fidanzati, seguito anche dall’alto commissario antimafia guidato da Domenico Sica. Il boss viene individuato in Sud America grazie ad alcune intercettazioni telefoniche.


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Nei primi anni Novanta conduce a termine il processo relativo a “Duomo Connection” ma viene estromessa dal pool antimafia milanese da Francesco Saverio Borrelli, ai tempi procuratore capo, a causa di incomprensioni con altri colleghi. Dopo uno dei numerosi scontri con Armando Spataro, Borrelli descrive Boccassini come poco disponibile al lavoro di gruppo, individualista, soggettivista e passionale (qualche anno più tardi, ella stessa riconoscerà come quel provvedimento fosse dovuto a una “sorta di ragion di Stato”).

Trasferita a Caltanissetta dopo gli attentati di Capaci e di via D’Amelio in cui perdono la vita Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, rimane nella città siciliana fino al 1994 per tentare di individuare i responsabili delle strage. In particolare, è la morte di Falcone a colpirla profondamente: immediatamente dopo aver appreso la notizia dell’assassinio dell’amico, Ilda parte nel cuore della notte per andare a vegliare il cadavere con i carabinieri.

L’arresto di Totò Riina e il dopo Di Pietro

È parte attiva nell’arresto di Totò Riina, portato a termine proprio da Ultimo, e si dedica anima e corpo alla scoperta degli esecutori – e soprattutto dei mandanti – delle uccisioni di Falcone e Borsellino.


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In seguito, dopo un breve periodo trascorso a Palermo (chiamata da Gian Carlo Caselli, rimane nel capoluogo siciliano solo sei mesi, complici alcune incomprensioni con i colleghi e il pensiero che sia più importante dedicarsi alla Cosa Nostra militare che ai rapporti tra politica e mafia).  Ilda Boccassini, stanca di una vita blindata e desiderosa di ricongiungersi con i due figli (una femmina e un maschio) fa ritorno a Milano, dove viene accolta con una certa freddezza a causa dei pensieri che aveva espresso dopo la morte di Falcone (accusando Gherardo Colombo di diffidare del giudice siciliano, e sostenendo che egli avesse subito un ingiustizia da parte dei giudici milanesi, i quali gli avevano inviato una rogatoria senza gli allegati, vale a dire i verbali riguardanti i politici socialisti coinvolti in “Mani Pulite”, come se non si fidassero del direttore degli Affari Penali).

Mentre “L’Express” e il “Times” la segnalano nella lista delle cento donne più importanti al globo, Ilda si riconcilia con Gherardo Colombo (con il quale, per altro, nel 1985 aveva fondato il circolo “Società Civile”, del quale faceva parte anche Giuliano Urbani). In Lombardia si occupa di “Mani Pulite” su richiesta di Borrelli, prendendo il posto di Antonio Di Pietro, che ha lasciato la magistratura nel dicembre del 1994. Insieme con Francesco Greco, Armando Spataro, Piercamillo Davigo e Gherardo Colombo segue le inchieste relative a Cesare Previti e a Silvio Berlusconi, ma torna ad occuparsi anche di criminalità mafiosa.

L’arresto dei brigatisti

Il 12 marzo del 1996 ordina l’arresto di Renato Squillante, capo dei gip del tribunale di Roma, dopo aver sentito la supertestimone Stefania Ariosto: in quei giorni, l’Italia viene a sapere che Silvio Berlusconi è indagato per corruzione giudiziaria. A partire dal 2004 dirige le indagini della Digos che porteranno, tre anni dopo, all’arresto di quindici esponenti di Seconda Posizione, ala movimentista delle Nuove Brigate Rosse.


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Il 20 dicembre del 2007 Francesco Greco viene scelto all’unanimità dal Consiglio Superiore della Magistratura come procuratore aggiunto di Milano; la Boccassini per protesta si dimette dall’Anm (Associazione Nazionale Magistrati, in pratica il sindacato dei giudici), ritirando la domanda per diventare procuratore. Si conclude, così, un rapporto con l’Anm che da sempre è stato travagliato, anche a causa di procedimenti disciplinari, interrogazioni parlamentari e ispezioni ministeriali, rispetto alle quali comunque è stata sempre prosciolta, e che però ne hanno rallentato la carriera.

Il caso Ruby

Nel 2008, dopo aver presentato la domanda per diventare procuratore generale a Bologna, Firenze o Padova, il giudice napoletano viene nominato procuratore generale di Verona a maggioranza dal Csm; decide, però, di rifiutare l’incarico. Promossa procuratore aggiunto dal Plenum del Csm nel 2009, si occupa due anni più tardi del “caso Ruby”.


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L’inchiesta coinvolge Silvio Berlusconi, allora presidente del Consiglio, il quale avrebbe operato – secondo l’accusa – pressioni indebite sulla questura di Milano per favorire il rilascio di Ruby, ragazza marocchina da lui pagata per ottenere prestazioni sessuali quando lei era ancora minorenne.

In classifica del “Foreign Policy” e le odi di Enzo Biagi

Nel mese di dicembre del 2011, la rivista statunitense “Foreign Policy” la inserisce al 57esimo posto nella classifica delle persone che hanno influenzato nel corso dell’anno la politica e l’economia.


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Di lei Enzo Biagi disse: «C’è un magistrato, un’affascinante donna dai capelli rossi, che fu amica di Giovanni Falcone, la quale dopo gli attentati di Capaci e via D’Amelio andò in Sicilia e fece arrestare gli esecutori materiali delle due stragi: Ilda Boccassini. Una donna tenace, che non si ferma di fronte a nulla, che ha un unico obiettivo, quello di far trionfare la giustizia, come aveva fatto a Palermo il giudice Falcone nel maxi processo contro la mafia».

Il caso Caccia e il pensionamento

La Boccassini, assieme al sostituto procuratore Marcello Tatangelo, ha coordinato le indagini che hanno portato il 22 dicembre 2015, la Direzione distrettuale antimafia (DDA) di Milano, all’arresto dopo 32 anni di uno dei presunti autori materiali dell’assassinio del giudice Bruno Caccia avvenuto nel 1983 a Torino per mano di sicari della ‘ndrangheta; si tratta di Rocco Schirripa, panettiere torinese di 62 anni di origini calabresi.


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Gli investigatori della Squadra Mobile, che già sospettavano un coinvolgimento di Schirripa, hanno inviato una lettera anonima ai sospettati del delitto con una fotocopia di un articolo che riportava la notizia dell’uccisione del procuratore di Torino con scritto a penna il nome del presunto killer, proprio Rocco Schirripa. I sospettati, intercettati, hanno iniziato a fare supposizioni su chi di loro avesse parlato e hanno rivelato il ruolo di Schirripa nell’intera vicenda. Il 3 dicembre 2019 ha cessato l’incarico di magistrato, avendo raggiunto l’età pensionabile.

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