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Kurt Cobain, 25 anni fa la morte dell’icona del Grunge

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Gli ultimi anni dei Nirvana

Il 21 settembre 1993, i Nirvana pubblicarono quello che sarebbe stato il loro ultimo album: In Utero, reso celebre da brani come Heart-Shaped Box, All Apologies, Rape Me, Pennyroyal Tea. Nonostante il successo e le soddisfazioni, Cobain continuava a farsi del male con la droga.

Dal 1990 fino agli ultimi giorni, aveva praticamente provato qualsiasi tipo di droga. La moglie era ovviamente la sua compagna di giochi per eccellenza e diversi sono stati gli attacchi di overdose che, in più di un’occasione, l’hanno portato vicino alla morte.

Come se non bastasse, il ragazzo era anche depresso, afflitto da bipolarità, stress, bronchite cronica e continui dolori di stomaco. Stando ai racconti di Love, Cobain avrebbe tentato il suicidio il primo marzo 1994 durante il suo soggiorno in Italia, a Roma, dove finì al Policlinico Umberto I per un’overdose dovuta dall’ingerimento di cinquanta pasticche di Rohypnol mischiate all’alcol.

In seguito ad un altro tentativo di suicidio, avvenuto il 18 marzo del 1994, quando si chiuse in una stanza con in mano un’arma da fuoco, Cobain decise che era arrivato il momento di rimettere ogni tassello della sua vita al posto e sottoporsi a un programma di disintossicazione presso l’Exodus Medical Center di Los Angeles (California). Eppure, tutto questo non bastò.
Il primo aprile, Cobain scappò dal centro e fu ritrovato morto esattamente sette giorni dopo nella sua residenza su lago Washington: si era tolto la vita sparandosi alla testa con un fucile a pompa Remington M11 calibro 20. Durante l’autopsia, il medico legale gli trovò nel sangue un quantitativo considerevole di eroina e stabilì che il decesso era avvenuto non l’8 aprile, giorno del suo ritrovamento, bensì il 5.

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