
[titolo_paragrafo]Mafia a Catania[/titolo_paragrafo]
La presenza di Cosa nostra nella Sicilia orientale è da sempre caratterizzata dall’assenza di strutture rigide e dalla convivenza di diverse organizzazioni. Tali sodalizi, se da una parte si presentano articolati secondo gli schemi classici delle consorterie mafiose, dall’altra sono interessati da una certa fluidità dei propri componenti, i quali, in diversi casi, sono transitati in altri sodalizi per mutate alleanze o per il raggiungimento di specifici obiettivi personali. Denominatore comune delle varie espressioni mafiose resta l’adozione di comportamenti criminali che non destino allarme sociale, con la conseguente reazione e pressione delle Forze dell’ordine.
È anche consueto, per la commissione di reati di tipo predatorio e per la gestione di piccole piazze di spaccio, l’utilizzo, da parte delle organizzazioni egemoni, di gruppi composti da soggetti di minore spessore criminale. I sodalizi criminali stranieri (nordafricani, nigeriani, albanesi, romeni ed anche cinesi) operano sul territorio sia stringendo alleanze “di scopo” con la mafia siciliana, sia pagando un sorta di “tassa” ai sodalizi egemoni. Non va sottovalutata, infine, anche per le consorterie mafiose dell’area, la propensione ad espandere la propria influenza in tutti quei territori, nazionali ed internazionali, giudicati di interesse.
Per quanto attiene all’architettura delle consorterie, permane stabile il livello di vertice, identificabile in Cosa nostra catanese, consorteria strutturata su tre famiglie principali:
- SANTAPAOLA-ERCOLANO, che può contare su una capillare presenza sul capoluogo e su altri territori delle province limitrofe, dove ha stretto rapporti con sodalizi locali. I referenti della famiglia, benché detenuti, hanno mantenuto inalterata l’autorevolezza criminale. La consorteria, nel semestre in esame, ha visto definitivamente confiscati i patrimoni di alcuni affiliati e sequestrati i beni di altri soggetti ritenuti ad essa vicini;
- MAZZEI, la cui compagine, seppure pesantemente colpita, risulta ancora operativa e predominante nel contesto isolano: al riguardo si rilevano propaggini anche in territorio ragusano, in particolare nel comune di Scicli (RG), rappresentate dal gruppo dei MORMINA. Tale famiglia dimostra particolare propensione a tentare di infiltrare le Amministrazioni locali: in particolare, nelle recenti consultazioni elettorali regionali, la compagine ha sostenuto il fratello di un soggetto pluripregiudicato organico alla consorteria;
- LA ROCCA, di Caltagirone (CT), il cui capo storico, sebbene condannato all’ergastolo, gode ancora di influenza e rispetto in seno alle famiglie mafiose isolane, tanto da essere stato pubblicamente omaggiato nell’ambito di una processione religiosa. Il sodalizio, che eserciterebbe notevole influenza nel quadro globale degli assetti di Cosa nostra, risulta attivo anche in provincia di Enna.
Altri sodalizi non strettamente compresi nell’ambito delle famiglie di Cosa nostra, ma dotati di simili organizzazione e modalità operative, sono quelli del clan CAPPELLO – BONACCORSI, il cui capo, sebbene detenuto, ricopre ancora una posizione di prestigio negli ambienti criminali; è, inoltre, opportuno evidenziare che un importante esponente del sodalizio è oggi un collaboratore di giustizia. Il clan, che risulta capillarmente diffuso nei quartieri del capoluogo etneo, con ramificazioni anche nelle province di Siracusa e di Ragusa, nonché in alcuni comuni dell’ennese, è stato colpito recentemente da diverse misure di prevenzione patrimoniali, che ne hanno minato il potere economico.
Il clan CURSOTI, presente nei quartieri catanesi di Librino, Corso Indipendenza e San Leone, è attivo nel traffico di stupefacenti, finanziato con i proventi di estorsioni e rapine. Il sodalizio risulta diviso nella frangia “catanese” il cui referente, detenuto, sarebbe transitato nella famiglia MAZZEI, e la frangia “milanese”, ove la consorteria si è insediata negli anni ’70-‘80’, per essere poi smantellata in seguito a dichiarazioni di collaboratori di giustizia.
Attualmente, quest’ultimo gruppo, ritornato nel luoghi d’origine, risulta collegato al clan CAPPELLO. Il clan dei LAUDANI, alleato dei SANTAPAOLA, di recente pesantemente colpito da operazioni di polizia, manifesta una forte capacità di ricostituzione e di estendere propaggini anche in territorio lombardo. Rilevante è, con riferimento a tale consorteria, la cattura di un pregiudicato, sfuggito all’esecuzione di misura cautelare nell’ambito di una precedente operazione. L’arresto rappresenta un importante risultato del progetto “Eurosearch”, avviato da Europol e dalla Polizia di Stato e finalizzato alla localizzazione e cattura di latitanti mafiosi destinatari di mandato di arresto europeo.
Anche i LAUDANI sono risultati fortemente attivi nell’infiltrazione dei meccanismi elettorali comunali270. Altre consorterie catanesi si presentano fortemente ridimensionate da attività investigative, come ad esempio i PILLERA, o assorbite da compagini meglio organizzate, come nel caso degli SCIUTO, transitati nel clan CAPPELLO, ed i PIACENTI, che operano nel quartiere cittadino di Picanello e che devono comunque rapportarsi con l’egemonia della famiglia SANTAPAOLA.
Nell’ambito delle principali manifestazioni criminali, il traffico degli stupefacenti rappresenta sempre uno dei settori più redditizi delle economie illegali, che sono quindi protese a promuovere e realizzare, a vario livello, collaborazioni tra organizzazioni criminali catanesi, ‘ndrine calabresi, clan campani, pugliesi e stranieri, soprattutto per l’approvvigionamento dalle aree di produzione e transito.
A fattor comune, nel corso delle attività investigative più significative condotte nel semestre, è emerso come alcune organizzazioni, dopo anni di contrapposizione, avessero raggiunto intese proprio per la suddivisione dei lauti proventi derivati dalle varie attività illecite. Se da un lato alcune operazioni hanno disvelato frizioni tra i gruppi criminali per la gestione delle piazze di spaccio, dall’altro sono emersi accordi per la vendita al dettaglio di stupefacenti su piazze contigue, rifornite l’una dalla famiglia SANTAPAOLA-ERCOLANO, l’altra dal clan CAPPELLO.
A ciò si aggiunga come le operazioni di pattugliamento effettuate anche in acque internazionali, tra le coste siciliane, quelle nordafricane e l’isola di Malta, hanno permesso di effettuare un imponente sequestro di 10 tonnellate di hashish, confermando, così, l’importanza del Nord Africa come punto di partenza di una parte significativa dello stupefacente destinato ai mercati europei. Le estorsioni, spesso collegate all’usura, permettono alle consorterie mafiose di ribadire la propria presenza sul territorio.
Tali condotte, oltre ad essere particolarmente redditizie, consentono ai sodalizi di affermare la propria caratura criminale e di infiltrarsi nel tessuto economico e sociale. In qualche caso le pressioni estorsive, strettamente connesse con il fenomeno usurario, si sono manifestate con particolare aggressività, fino ad arrivare alla minaccia di sequestro di un congiunto della vittima, qualora non fossero state soddisfatte le pretese degli estorsori.
Altro settore di forte interesse dei sodalizi è il controllo dei mercati ortofrutticoli e la rete di produzione e distribuzione delle carni, tanto che, come hanno appurato dalle indagini, gruppi storicamente contrapposti sono risultati ora alleati per la spartizione dei proventi estorsivi. È necessario, inoltre, aggiungere che l’illecita pressione sugli esercenti e sulle imprese si esercita anche sotto forma di imposizione di manodopera o di materiali di qualità scadente, peraltro forniti alle imprese appaltanti a condizioni svantaggiose rispetto a quelle praticate sul libero mercato. Sono stati, infine, registrati, in provincia, rinvenimenti di armi che ne fanno supporre la disponibilità da parte delle consorterie.
Comportamenti ostili ed in qualche caso prevaricatori nei confronti di esponenti delle pubbliche amministrazioni, di giornalisti, di funzionari che ricoprono cariche pubbliche o di professionisti, anche se non sempre direttamente riconducibili alla criminalità organizzata, si sono verificati anche nel semestre in esame: questa pratica aggressiva e, in qualche caso, diffamatoria, si riversa generalmente su persone che potrebbero in qualche modo limitare o danneggiare gli interessi illeciti dei sodalizi.
I pubblici funzionari sono visti, infatti, sia a livello politico che tecnico-gestionale, come un importante anello da “agganciare” per l’accaparramento di finanziamenti pubblici, commesse, appalti e tutti gli altri vantaggi connessi con l’erogazione di altre utilità di vario tipo. In alcuni casi, tuttavia, sono stati gli stessi amministratori e politici a ricercare il contatto con gli ambienti mafiosi, per concordare il conferimento di appalti, anche previa indicazione di utili informazioni, la stipula di aggiudicazioni o l’assegnazione di incarichi al fine di riceverne un vantaggio, per lo più economico o in termini di altri benefici per sé e per i propri parenti.
L’atteggiamento di “disponibilità” di alcuni pubblici funzionari e dirigenti, inclini a favorire e ad essere coinvolti in episodi di corruzione, è emerso, ad esempio, nel semestre in esame, nella aggiudicazione del servizio di gestione (raccolta, spazzamento, trasporto e smaltimento) dei rifiuti. Grazie all’indagine “Garbage affair”, conclusa dalla DIA nel mese di marzo, è stato accertato come imprenditori del settore e dirigenti del Comune etneo avessero messo in atto sia una turbativa d’asta, che episodi di corruzione per atti contrari ai doveri d’ufficio.
Le risultanze investigative rivelano, anche nel semestre, come sia prassi ormai consolidata il mercimonio gravitante intorno alle consultazioni elettorali.
Il controllo del voto è, infatti, un obiettivo di primario interesse per le consorterie criminali, costantemente alla ricerca di accordi di scambio politico-mafioso. La conferma giunge dalle risultanze dell’indagine “Agon” della DIA di Catania che ha portato alla luce i meccanismi di acquisizione dei consensi elettorali per le elezioni regionali del 2017, nei quali giocavano un ruolo attivo esponenti dei clan etnei LAUDANI e CAPPELLO, che si rapportavano anche con personaggi legati alla famiglia SANTAPAOLA.
In sostanza, le consorterie avrebbero pienamente appoggiato l’elezione di un sindaco, che aveva poi favorito i propri sostenitori, ad esempio per l’affidamento dei servizi di raccolta dei rifiuti solidi urbani e per il procacciamento di voti nelle elezioni regionali.
Infine, sebbene in un contesto posto al di fuori degli ambienti mafiosi, un’altra operazione condotta nei confronti di dirigenti di uffici pubblici etnei, professionisti ed un ex deputato regionale, ha rivelato come la funzione pubblica, asservita agli interessi di pochi privati, abbia agevolato il bacino di assunzioni clientelari, il lavoro nero e l’apporto elettorale a politici locali, il tutto finalizzato al mantenimento di prestigiosi incarichi dirigenziali.
La costante attenzione delle Forze di polizia sulla gestione degli apparati amministrativi, ha contribuito al monitoraggio degli enti locali anche da parte delle Prefetture, che ne hanno disposto l’accesso per le necessarie verifiche. Nel semestre in esame sono 6 i Comuni siciliani che risultano sciolti per infiltrazione o condizionamento e tuttora oggetto di commissariamento tra i quali, in provincia di Catania, Trecastagni286 (CT). Per lo stesso, a partire dal maggio 2018, è iniziata, per la durata di 18 mesi, la gestione da parte della prevista Commissione straordinaria, che eserciterà tutte le attribuzioni spettanti al consiglio comunale, alla giunta ed al sindaco, con l’obiettivo di assicurare il risanamento dell’ente locale.
Nel semestre in esame, nell’ambito del controllo delle imprese interessate alla realizzazione di appalti pubblici, 2 sono state interdette ed è stato eseguito l’accesso a 3 cantieri di società collegate al settore edile. Sul piano del contrasto ai patrimoni, la DIA di Catania ha proceduto, d’intesa e previa disposizione dell’Autorità giudiziaria competente, al sequestro e alla confisca di importanti patrimoni riconducibili ad esponenti di rilievo della locale realtà criminale.
Al riguardo, in particolare, nel giugno 2018, un soggetto vicino al clan catanese dei “CAPPELLO-BONACCORSI” è stato colpito dal sequestro di abitazioni, autoveicoli e di una ditta individuale; nel precedente mese di aprile 2018, ad un altro pluripregiudicato, vicino allo stesso “cartello”, era stato sequestrato un patrimonio costituito da immobili, automezzi e somme di denaro.
Anche un provvedimento di confisca del mese di marzo, ha riguardato, in provincia di Catania, un soggetto contiguo al clan CAPPELLO, il cui patrimonio era stato sottoposto a sequestro nel 2016.