Inchiesta

Le mascherine distribuite dalla Regione Campania sono inutili contro il coronavirus

Le mascherine distribuite dalla Regione Campania non servono a proteggere dal coronavirus. In realtà, non proteggono nemmeno da uno starnuto o da un colpo di tosse. Sono semplicemente delle pezze di cotone con il marchio delle Regione Campania. E per il coronavirus sono inutili.

Quelle mascherine non rappresentano un dispositivo medico o di protezione individuale. Non sono idrorepellenti, non ci sono filtranti. È come mettere un tessuto davanti al viso.

Le mascherine della Regione Campania

La Regione Campania ha distribuito ai cittadini circa 900mila mascherine con il marchio della Regione Campania “per scongiurare la diffusione del coronavirus“.

Il governatore regionale Vincenzo De Luca aveva promesso la distribuzione di tre milioni di mascherine in Campania. Confezioni da due per ogni famiglia, al fine di rendere obbligatorio l’uso della mascherina in strada.

I giornalisti di fanpage hanno fatto un esperimento per valutare l’effettiva utilità delle mascherine. Con un nebulizzatore hanno simulato la forza esplosiva di uno starnuto. Dal video si nota che le goccioline vengono deviate verso il basso ed una buona parte viene espulsa in avanti, attraversando la mascherina che avrebbe dovuto bloccarne il passaggio.

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Da dove vengono le mascherine?

Le mascherine vengono prodotte da sei aziende che hanno vinto la gara d’appalto della Regione Campania per la fornitura delle mascherine. Un affare da quasi 3 milioni di euro.

Le aziende sono:

  • Angelo Carillo spa
  • Servizi associati
  • Tecno Hospital srl
  • Rti Be Packaging srl – Medis Group srl
  • Ikit
  • Contek

Nel dettaglio, la Angelo Carillo spa ha prodotto 300mila mascherine al costo di 1,56 euro ciascuna. Totale: 468mila euro.

La Servizi Associati ne produce ugualmente 300mila, ma al costo di 1,9 euro a mascherina. Totale 570mila euro.

La Tecno Hospital srl, invece, fa spendere 2,1 euro a mascherina e ne produce 300mila. Totale 630mila euro.

Sono 250mila, invece, le mascherine prodotte da Rti Be Packaging srl con Media Group srl, ad un costo di 1,27 euro a mascherina. Totale: 317.500 euro.

Stesso quantitativo prodotto da Ikit (250mila) ma ad un costo di 2,07 euro a mascherina. Totale: 517.500 euro.

La Contek ne produce 100mila ad un costo di 2,79 euro a mascherina, per un totale di 279mila euro.

Il prezzo totale pagato dalla Regione Campania per un milione e mezzo di mascherine è di 2.782.000 euro.

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Il caso della Servizi Associati

L’azienda Servizi Associati di Cava si occupava di servizi alle imprese, tutoraggio e corsi di formazione. In base alle informazioni raccolte da fanpage , non sarebbe l’azienda a produrre direttamente mascherine, ma altre società per conto della Servizi Associati.

Il caso della Angelo Carillo spa

La Angelo Carillo spa è un’azienda di prodotti tessili con sede a Nola. Realizzano prodotti per la casa, tendaggi e cose simili. Le mascherine utilizza laboratori esterni, quindi non le produce direttamente in sede.

Il caso della Techno Hospital di Torre del Greco

La Techno Hospital di Torre del Greco si occupa di distribuzione di materiale medico non sterile, divise e abbigliamento professionale. Anche in questo caso, la produzione viene fatta presso altre fabbriche non specificate. Sono composte per l’89% di cotone, 2% di elastam, con una spalmatura din teflon che le rende idrorepellenti.

Le mascherine sono riutilizzabili?

Nelle specifiche tecniche, la Regione Campania ha parlato di mascherine riutilizzabili. Tuttavia, le mascherine sono in Tnt, materiale che non può essere lavato. Sarebbe come lavare un pezzo di carta plastificato.

Intervistato da fanpage , il dottor Lino Prezioso (ingegnere chimico), ha chiarito che “queste mascherine sono poco utili”.

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I modelli delle mascherine

Le mascherine in commercio sono di tre modelli:

  • Dpm, ossia dispositivo medico,
  • Dpi, ossia dispositivo di protezione individuale,
  • In deroga

Il decreto Cura Italia autorizza la vendita di mascherine “in deroga”. Tali mascherine non rispettano gli standard richiesti dall’Oms e non possono essere considerati dispositivi medici o di protezione individuale. È un accessorio di abbigliamento, come se mettessimo un foulard davanti al viso.

Il video

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