Cronaca

Mauro, l’uomo salvato dal coronavirus con il plasma dei donatori guariti

Il suo nome è Mauro, ha 53 anni, ed è tornato a casa due giorni fa. Per giorni ha rischiato di morire a causa del coronavirus, senza avere alcun tipo di patologia pregressa. Mauro però il 26 marzo è stato il primo paziente che, a Mantova, è stato trattato con il protocollo messo a punto al policlinico San Matteo di Pavia dall’immunologo Cesare Perotti: prevede l’uso del plasma dei malati infettati dal Sars-CoV-2, ora guariti, per curare i pazienti che ancora lottano per respirare. Come appunto Mauro, che appena sette giorni dopo l’infusione è uscito dall’ospedale.

Coronavirus, Mauro salvato con l’uso del plasma dei guariti

Mauro, per giorni, è stato “sull’orlo del baratro”, come lo definisce Giuseppe De Donno, direttore della Pneumologia del Carlo Poma di Mantova. Il baratro è la terapia intensiva, che per i pazienti con Covid-19 vuol dire un tubo in gola per respirare e l’anestesia che tiene in un limbo sospeso.

Somministrare il plasma ricco di anticorpi di chi è in convalescenza, ai malati che ancora combattono: è questo il senso del protocollo di Pavia. “È un metodo già usato in passato, contro la Sars e la Mers, contro Ebola. Ho chiesto il via libera al Centro nazionale sangue il 3 marzo, poi ho aspettato l’ok dell’Istituto superiore di sanità”, racconta allora Perotti, che nel policlinico pavese dirige l’Immunoematologia. “Non voglio trionfalismi, siamo ancora agli inizi. Finora abbiamo raccolto il plasma di 27 donatori”.

Tra loro, i primi sono stati Angelo Sferrazza e Daniela Gambarana, marito e moglie, medico di famiglia lui, pediatra lei: erano stati tra i primi a essere infettati in Lombardia. Dopo che i loro tamponi di controllo sono risultati negativi, hanno donato il plasma, ancora una volta per primi, “ma per carità – dicono entrambi – era il minimo che potessimo fare. Ora stiamo meglio, pian piano torniamo alla nostra vita e al nostro lavoro”.

La tecnica del plasma

Il plasma dei donatori finora è stato infuso “a 14 pazienti – spiega Perotti – . I primi risultati sono incoraggianti: quando arriveremo a 43 malati trattati, pubblicheremo lo studio “.

Nel frattempo, il protocollo è già stato richiesto dagli Usa, dall’Inghilterra. “I pazienti – sottolinea allora Massimo Franchini, numero uno della Medicina trasfusionale del Carlo Poma, dove ci sono 12 dei malati coinvolti – mostrano miglioramenti sia dal punto di vista clinico, visto che l’ossigenazione è migliorata, sia negli esami di laboratorio “.

Ed effettivamente, della dozzina di malati finora trattati a Mantova, “oltre Mauro altri tre sono stati dimessi e altrettanti sono sulla stessa strada – racconta De Donno – . Altri quattro malati erano in condizioni più critiche: tre stanno mostrando miglioramenti, l’ultimo si è stabilizzato, e ora sarà sottoposto a una seconda infusione. Sono ottimista”.


Tutte le notizie sul coronavirus

Il sito del Ministero della Salute

Articoli correlati

Pulsante per tornare all'inizio