Economia

Mes: cos’è il fondo salva-Stati, come funziona e perché se ne parla tanto

Negli ultimi giorni sentiamo tanto parlare di Mes e molti non lo conoscono o non sanno bene cosa sia. Allora andiamo nel dettaglio per capire cos’è il Mes (Meccanismo Europeo di Stabilità) anche detto fondo salva-Stati, come funziona e perché in Italia se ne parla così tanto?

L’argomento è tornato sulle prime pagine dei giornali nel pieno dell’emergenza coronavirus. L’epidemia, poi tramutatasi in pandemia, ha messo con le spalle al muro l’economia italiana (e più in generale quella del mondo intero) e ha spinto a riflettere sui possibili aiuti di natura europea in arrivo.

Cos’è il Mes (Meccanismo Europeo di Stabilità)?

Nato nel 2012, a sostituzione del Fondo europeo di stabilità finanziaria e del Meccanismo europeo di stabilizzazione finanziaria, esso è di fatto il fondo monetario del Vecchio Continente, avente l’obiettivo di dare sostegno ai Paesi componenti in caso di crisi e di probabile default.

Ad oggi il Meccanismo Europeo di Stabilità ha “salvato” Cipro, Spagna e Grecia. L’Italia, dal canto suo, è una delle maggiori sostenitrici del fondo salva-Stati. Più di noi, in base ai risultati del PIL del 2010, hanno contribuito solo Germania e Francia. Anche per questo è oggi più che mai utile capire cos’è il Mes, come funziona questo Meccanismo Europeo di Stabilità.

Cos’è il Mes, il fondo salva-Stati? Le origini

Il Meccanismo Europeo di Stabilità è stato istituito grazie alle modifiche apportate al Trattato di Lisbona, ratificate dal Consiglio UE nel marzo del 2011. L’entrata in vigore del fondo salva-Stati, prevista inizialmente per il 2013 è stata anticipata al luglio del 2012 a causa di una crisi del debito sempre più pressante.

A chi si chiede cos’è il MES potremmo dunque rispondere definendolo un meccanismo volto a mantenere la stabilità finanziaria della zona euro. Esso è regolato dalla legislazione internazionale e, come organizzazione, ha una propria sede a Lussemburgo.

Per garantire la tenuta del Vecchio Continente il fondo salva-Stati emette prestiti sulla base di condizioni piuttosto rigide e, in alcuni casi che verranno specificati nelle righe seguenti, può anche adottare atti sanzionatori.

Come funziona il MES?

Una volta capito, almeno in linea di massima, cos’è il MES occorre comprendere al meglio come funziona il fondo salva-Stati. Per dirla in altre parole: come agisce il Meccanismo Europeo di Stabilità e in che modo riesce a mantenere finanziariamente salutare l’Eurozona? Le modalità d’azione del fondo sono state definite dall’articolo 3 del suo trattato istitutivo.

L’organizzazione raccoglie fondi volti a sostenere i membri che ne fanno parte, ossia gli Stati che prima o dopo hanno adottato l’euro come moneta unica e che in un determinato periodo di tempo si trovano in forte difficoltà. Per capire come funziona il MES possiamo suddividere la sua azione in tre fasi distinte:

  1. Lo Stato in difficoltà avanza al Presidente del Consiglio dei governatori del fondo salva-Stati richiesta di assistenza.
  2. Il MES chiede alla Commissione UE di valutare lo stato di salute del Paese che ha chiesto aiuto e di definire il suo fabbisogno finanziario. In questa fase l’esecutivo comunitario e la BCE (e se necessario il FMI) analizzano se la crisi di quello Stato può contagiare il resto dell’Eurozona.
  3. Dopo la valutazione, l’organo plenario del MES decide di agire e aiutare il Paese in difficoltà (il tutto più o meno nell’arco di 7 giorni dalla data di presentazione della richiesta formale di assistenza) con prestiti.

Le decisioni del Consiglio vengono prese a maggioranza semplice o qualificata e godono di immunità giudiziaria. I diritti di voto sono proporzionali rispetto alla quota versata da ogni Stato.

Chi gestisce il fondo salva-Stati?

Il Meccanismo di Stabilità Europea viene gestito da un Consiglio dei Governatori costituito dai ministri delle finanze dell’Eurozona oltre che da un Consiglio di Amministrazione (nominato proprio dai Governatori).

Fanno parte del MES anche un Direttore Generale (che ha diritti di voto), il commissario europeo agli Affari economico-monetari e il Presidente della BCE, questi ultimi due come osservatori.

Cosa prevede la riforma del MES?

Dal 2017 l’Europa ha aperto all’ipotesi di rivedere il trattato istitutivo ed è proprio questa eventualità che ha spianato la strada a un profondo dibattito in Italia. La riforma del Meccanismo Europeo di Stabilità ha richiesto ovviamente l’approvazione dei governi oltre che la ratifica parlamentare di ciascuno Stato.

Le nuove condizioni per accedere al fondo salva-Stati previste dalla riforma sono state sin da subito giudicate apre, tanto da rendere molto più difficile poter accedere al programma di aiuti.

Sul tavolo delle discussioni le condizioni per poter attivare la PCCL (Precautionary Conditioned Credit Line), un sistema di aiuto finanziario in caso di turbolenze all’interno del mercato del debito di un Paese appartenente all’Eurozona.

Le condizioni più caratteristiche della riforma del MES sono state le seguenti le seguenti:

  • non essere in procedura d’infrazione;
  • vantare un deficit inferiore al 3% da almeno due anni;
  • avere un rapporto debito/PIL sotto il 60% (o, almeno, aver sperimentato una riduzione di quest’ultimo di almeno 1/20 negli ultimi due anni, insieme ad un’altra serie di paletti non facilmente giudicabili a livello oggettivo.

Dopo l’Eurogruppo del 17 marzo 2020, svoltosi nel mezzo dell’emergenza coronavirus, la riforma del MES è stata ufficialmente rimandata per dare priorità alla lotta alla pandemia.

Le critiche

Per comprendere al meglio cos’è il MES non si può prescindere da una disamina delle critiche che sono state rivolte al fondo salva-Stati. Uno dei punti più dibattuti ha sempre riguardato il rinnovato potere della Banca Centrale Europea e, di conseguenza, le limitazioni imposte al settore bancario e ai governi nazionali.

Non sono mancate inoltre critiche dalla Grecia: Varoufakis, ex ministro greco delle finanze, nel libro «Il Minotauro Globale» si è scagliato contro i meccanismi che fanno parte del Fondo.

Ed è qui il pericolo: se uno degli Stati più «affidabili» dovesse trovarsi in difficoltà e aver bisogno del Meccanismo, la quantità dei fondi che non può più garantire si riverserebbe necessariamente sugli Stati più piccoli.

Quote di partecipazione

Stato % di contributo
Germania 26,96%
Francia 20,24%
Italia 17,79%
Spagna 11,82%
Paesi Bassi 5,67%
Belgio 3,45%
Grecia 2,79%
Austria 2,76%
Portogallo 2,49%
Finlandia 1,78%
Irlanda 1,58%
Slovacchia 0,81%
Slovenia 0,42%
Lituania 0,40%
Lettonia 0,27%
Lussemburgo 0,24%
Cipro 0,19%
Estonia 0,18%
Malta 0,07%

 

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