Cronaca

Messina, 20 boss sono stati condannati per mafia: percepivano il reddito di cittadinanza

I militari delle Fiamme Gialle del Nucleo di Polizia Economico di Messina hanno scoperto e denunciato 25 persone e sequestrato i 330mila euro complessivamente riscossi indebitamente dagli indagati

I militari delle Fiamme Gialle del Nucleo di Polizia Economico di Messina hanno scoperto e denunciato 25 persone e sequestrato i 330mila euro complessivamente riscossi indebitamente dagli indagati. Più di 20 i boss sono condannati con sentenza definitiva per mafia. I boss o i loro famigliari percepivano illegittimamente reddito di cittadinanza.

I boss mafiosi percepivano il reddito di cittadinanza

Sono oltre 20 i boss condannati definitivamente per mafia o loro familiari che avrebbero illegittimamente intascato il reddito di cittadinanza. Lo hanno scoperto i militari delle Fiamme Gialle del Nucleo di Polizia Economico di Messina che hanno denunciato 25 persone e sequestrato i 330mila euro complessivamente riscossi indebitamente dagli indagati.

Il decreto di sequestro è stato emesso dal gip della città dello Stretto che ha accolto la richiesta della Procura guidata dal procuratore Maurizio de Lucia.

Le indagini

I mafiosi indagati fanno parte dei clan di maggiore peso di Messina e provincia come Santapaola-Romeo, Sparacio, Spartà, Galli, Batanesi-Bontempo Scavo, De Luca, Mangialupi, Camaro, Tortoriciani, Ventura, Ferrante e Cintorino.

Il reddito di cittadinanza è riconosciuto ai nuclei familiari che, al momento della presentazione della domanda e per tutta la durata dell’erogazione del beneficio, siano in possesso dei requisiti di cittadinanza, residenza e soggiorno, reddituali e patrimoniali previsti dalla legge e che non siano stati condannati, nell’ultimo decennio, con sentenza passata in giudicato, per reati di mafia.

I mafiosi finiti nel mirino della Guardia di Finanza hanno invece riportato condanne per estorsione, usura, traffico di sostanze stupefacenti, voto di scambio, maltrattamento e organizzazione di competizioni non autorizzate di animali.

Fonte: Il Messaggero

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