Cronaca

Morta dopo un intervento ad un neo su un tavolo da cucina: arrestati medico e santone

Roberta Repetto si era avvicinata al centro Anidra e alle scienze olistiche già da molti anni e sarebbe stata gradualmente ma completamente assorbita da quell’ambiente

Era stata operata per rimuovere un neo su un tavolo da cucina e senza anestesia all’interno dei locali di un centro olistico di cui lei stessa faceva parte e da qui sarebbe iniziato il calvario di Roberta Repetto, morta poi l’anno dopo all’Ospedale di Genova a seguito di un melanoma plurimetastatico degenerato. Per la sua morte sono stati arrestati nelle scorse ore due persone, il medico e il “maestro” del centro.

Genova: morta dopo un anno di agonia a causa di un melanoma

Per gli inquirenti, infatti, proprio l’asportazione del neo e le successive conseguenti omissioni da parte dei due indagati avrebbero un rapporto causale diretto con lo sviluppo di numerose metastasi che hanno portato poi al decesso della giovane. Il tessuto infatti non sarebbe stato sottoposto ai previsti esami istologici che avrebbero permesso di arrestare il diffondersi della patologia nonostante la donna lamentasse dolori.

Il medico e il Santone arrestati

A condurre l’operazione chirurgica, Paolo Oneda, medico di chirurgia generale dell’ospedale di Manerbio che collaborava da tempo con il centro di diffusione delle scienze olistiche “Anidra” di Borzonasca fondato e diretto da Vincenzo Paolo Bendinelli, presidente e guida spirituale anche lui finito in manette oggi. La vittima, figlia dell’ex sindaco di Chiavari Renzo Repetto, si era avvicinata al centro Anidra e alle scienze olistiche già da molti anni tanto che lì era diventata anche istruttrice di Tai Ji Quan, Qi Gong e di Yoga.

Le accuse della famiglia e la morte

Per i familiari, però, una volta entrata nell’orbita del centro, Roberta Repetto sarebbe stata gradualmente ma completamente assorbita da quell’ambiente, allontanandosi da amici e parenti per abbracciare totalmente gli insegnamenti del ‘Maestro‘.  Per questo sia al momento della verifica del neo sia dopo quando accusava dolori insistenti si sarebbe fidata dei due indagati. Per gli inquirenti, alla comparsa dei dolori e del primo linfonodo “i due avrebbero omesso di indirizzarla verso specifiche cure mediche“, tranquillizzandola sulla sua guarigione. “Le hanno detto che era segno della risoluzione del conflitto” e che “stava drenando la parte tossica” spiegano gli inquirenti. Le condizioni della donna però sono peggiorate tanto che su richiesta dei familiari infine è stata trasferita all’ospedale di Lavagna e poi al San Martino di Genova dove la donna è morta il 9 ottobre 2020.

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