Le vittime violentate al Parco verde di Caivano sono state convinte a denunciare dalla carabiniera Francesca Boni. La donna ha 23 anni ed è originaria di Roma.
Caivano, chi è Francesca Boni: la carabiniera che ha convinto le vittime a parlare
La marescialla, appena viste le due bambine vittima di una violenza di gruppo, è riuscita a creare un legame con le due piccole e a farle parlare. La carabiniera è riuscita a far capire alle giovani che con lei sarebbero state protette e che si trovavano in posto sicuro. Francesca Boni è stata intervista da Repubblica e ha spiegato che ha “cercato di metterle a loro agio spiegando che si trovavano in un posto sicuro e che non dovevano avere paura di raccontare come erano andati i fatti perché eravamo lì per aiutarle, non per giudicarle. La bambina più grande è rimasta la maggior parte del tempo silenziosa, mentre la più piccola era più loquace, più lucida. Al comandante ho riferito che era molto razionale per avere 10 anni: è come se fosse cresciuta prima del dovuto. Mancava di quella spensieratezza che è propria dei bambini di quell’età“.
Le bambine si sono subito fidate di lei perché la marescialla è molto giovane: “L’interesse è venuto in primis dalle bambine stesse: mi hanno visto giovane donna, una figura femminile in una caserma. Ho 23 anni, ma in abiti civili posso sembrare anche più piccola. Ho dato loro dei cioccolatini, una bibita e hanno chiesto di parlare con me in privato. Le ho accolte nella “stanza tutta per sè” che abbiamo in caserma a Caivano, un ambiente familiare, sembra un salottino, non è un ufficio pieno di carte. Qui evidentemente si sono sentite molto più a loro agio. Non ho fatto domande perché si vedeva che avevano qualcosa dentro che volevano dire e avevano paura di riferirlo ai genitori”.
Secondo Francesca Boni, le due bambine, a casa o in presenza dei genitori non avrebbero mai parlato sinceramente. Uno dei motivi, che spinge una bambina a non parlare , è che i genitori si lasciano trasportare emotivamente da sentimenti come la rabbia o lo spavento.
Dopo l’interrogatorio, la carabiniera ha raccontato:
“Le bambine si erano molto tranquillizzate io le ho lasciate dando una carezza ad entrambe sulla spalla. Mi sono avvicinata a loro dicendole di stare tranquille perché da quel momento in poi l’Arma dei carabinieri sarebbe stata loro vicine. Ho fatto capire che ogni volta che sarebbero entrate nella caserma di Caivano o in qualsiasi altra si sarebbero dovute sentire al sicuro. All’inizio erano molte spaventate perché essendo così piccoline non capivano neanche la situazione. Vedevano molte attenzioni ricadere su di loro, ma non riuscivano a capire costa stava accadendo né come gestire la vicenda perché non erano neanche nella preadolescenza. Mi sono sentita una sorella maggiore. Ho una sorellina più piccola di 5 anni e sono sempre stata abituata a proteggerla a darle consigli e questo mi è venuto naturale”.