Quali sono i clan di camorra più potenti della zona di Crispano? L’organizzazione criminale più potente del mondo è la camorra. A dichiararlo è la Dia, il Reparto di Investigazione di massimo livello, la cui relazione 2023 aggiornata è stata di recente pubblicata dal Ministero dell’Interno. Le indagini svolte su oltre 200 famiglie di camorra hanno permesso di identificare migliaia di affiliati operanti in Campania, in altre regioni italiane e nazioni. Inoltre, la camorra, presente in diversi continenti, fattura annualmente centinaia di migliaia di milioni di euro. Il resoconto che segue riguarda il più potente clan di Crispano, il clan Cennamo
Camorra: il clan più potente della zona di Crispano, il clan Cennamo, la storia
Il clan Cennamo fu fondato tra gli anni ‘90 e anni 2000 da Antonio Cennamo, detto “Tanuccio ‘o malommo”. Un boss di altri tempi, Antonio Cennamo, sembrava uscito dalle cronache degli anni ‘50. Prima di formare una sua organizzazione criminale indipendente, ma con stretti legami e come rappresentante del clan Moccia su Crispano e zone limitrofe, Tanuccio ‘o malommo, attese quasi 20 anni, facendo la “gavetta”, compiendo tutte le tappe, da picciotto a padrino. Veniva descritto come un capo che rispettava il codice di comportamento della “vecchia camorra”, paterno e a volte benevolo con i suoi “guaglioni” , freddo e spietato con i rivali. Una volta al comando, in casa sua, a Crispano, non voleva problemi. Sotto il controllo del boss Antonio Cennamo, a Crispano, bastava dare un’occhiata alle statistiche per accorgersi che il numero delle rapine era quasi vicino allo zero assoluto. E anche quello delle estorsioni, ma con un piccolo particolare, tutti pagavano una rata, “un’offerta”, il pizzo ad Antonio Cennamo.
Antonio Cennamo, le sue regole e le sue azioni da boss killer
Il boss Antonio Cennamo, non gradiva lo spaccio della droga, affare che riteneva rischioso e che provocava lotte intestine nei clan. Quando lo chiamavano in prima persona, però, Antonio Cennamo, non si tirava mai indietro. E così fu, quando, secondo le dichiarazioni del collaboratore di giustizia, Giuseppe Marino, il ras della droga a Caivano, Tanuzzo ‘o malommo, fu chiamato a far parte del gruppo di fuoco “eccellente” che doveva eliminare Salvatore Natale, “colonnello” del clan Marino, che aveva deciso di mettersi in proprio e fare tabula rasa di tutti gli appartenenti al clan di Giuseppe Marino. Dopo le dichiarazioni del collaboratore di giustizia, Antonio Cennamo, si diede alla latitanza. Fu individuato, dopo diverso tempo, in una lussuosa villa nascosta nei pressi di Sperlonga.
Le origini della festa dei Gigli
La Festa dei Gigli è una festa popolare cattolica che si tiene ogni anno a Nola in occasione della festività patronale dedicata a San Paolino. Con questo evento i nolani ricordano il ritorno in città di Ponzio Meropio Paolino dalla prigionia ad opera dei barbari avvenuto nella prima metà del V secolo. La festa rientra nell’insieme delle grandi macchine a spalla italiane inserita dal dicembre del 2013 nel Patrimonio orale e immateriale dell’umanità dell’Unesco. Le origini risalirebbero al periodo di Papa Gregorio I, che raccontava il sacrificio personale del vescovo Paolino che donò i suoi averi e se stesso ai Visigoti in cambio della liberazione dei nolani resi schiavi a seguito delle invasioni di Alarico I nel 410.
La leggenda legata alla festa dei Gigli
La leggenda vuole che nel 431 la città abbia accolto il vescovo al suo rientro con dei fiori, dei Gigli per l’esattezza, e che i nolani lo abbiano scortato fino alla sede vescovile alla testa dei gonfaloni delle corporazioni delle arti e dei mestieri. In memoria di quell’avvenimento, Nola ha tributato nei secoli la sua devozione a San Paolino portando in processione ceri addobbati, prima posti su strutture rudimentali e poi su cataletti, divenuti infine 8 torri piramidali di legno.
I Gigli: come sono fatti e le caratteristiche
Tali costruzioni in legno, denominate appunto “Gigli“, hanno assunto nell’800 l’attuale altezza di 25 metri con base cubica di circa tre metri per lato, per un peso complessivo di oltre venticinque quintali. L’elemento portante è la “borda“, un’asse centrale sulla quale si articola l’intera struttura. Le barre e le barrette, in napoletano “varre” e “varritielli”, sono le assi di legno attraverso le quali ogni Giglio viene sollevato e manovrato a spalla dagli addetti al trasporto. Le persone che alzano tali strutture assumono il nome di cullatori in napoletano “cullature”, nome che deriva probabilmente dal movimento oscillante prodotto simile all’atto del cullare.
L’insieme dei cullatori, di norma 128, prende il nome di “paranza“. Gli 8 Gigli vengono addobbati dagli artigiani locali con decorazioni in cartapesta, stucco, o altri materiali, secondo temi religiosi, storici, o d’attualità. Essi rinnovano una tradizione chiaramente individuabile sin dagli ultimi decenni dell’800, che amplia le radici storiche nelle decorazioni architettoniche barocche leccesi che rappresentano quindi una forma di macchina votiva a spalla. Oltre ai Gigli viene costruita anche una struttura simile ma più bassa, con una Barca posta sulla sommità che fa riferimento a quella che riportò San Paolino a Nola. In molti altri comuni del napoletano e addirittura in città internazionali e intercontinentali, grazie agli emigrati delle nostre terre, che hanno esportato questa cultura nel mondo, viene celebrata questa singolare festa, ognuna con le proprie particolarità, e non è raro che si facciano dei gemellaggi tra le diverse paranze dei diversi paesi, compreso quella di Crispano.
L’arresto del boss Antonio Cennamo
Antonio Cennamo, per tanti anni fu il reggente nei comuni di Crispano, Frattaminore e Caivano, a capo del clan Cennamo, gruppo contiguo, su tali territori, del clan Moccia di Afragola. Fu arrestato dagli Operatori della Squadra mobile di Napoli nel 2003, dopo diversi anni di latitanza. Tanuzzo ‘o malommo, fu accusato di essere l’esecutore materiale del duplice omicidio di Salvatore Natale e Sergio Oliviero avvenuto a Caivano nel settembre del 1999, in concorso con i collaboratori di giustizia Giuseppe Marino e Gerardo Legnante su indicazione di Luigi Moccia. L’organizzazione criminale capeggiata da Antonio Cennamo, si era resa responsabile di alcuni tentati omicidi, estorsioni e giovedì 24 aprile 2003, a Caivano, dell’omicidio di Giuseppe Di Micco. Al momento della cattura Antonio Cennamo, aveva con sé oltre 4 mila euro e in un cassetto della cucina furono trovati baffi finti e una parrucca.
Il boss Antonio Cennamo e il gesto di fedeltà e rispetto da parte della sua paranza mentre era in carcere
Un omaggio al boss in carcere, fu fatto a Crispano, durante la festa patronale. I “guaglioni” del clan di Antonio Cennamo, mentre era detenuto, esposero su una facciata di un palazzo, la gigantografia a colori del boss, immortalato durante una ballata del Giglio della paranza dei “tigrotti”, circondato da un gruppo di amici che lo acclamavano. Accanto, vi era la dedica, scritta con vernice rossa su un lenzuolo bianco: (…) Tutto questo è per Te. Grazie! (…). Inoltre, nel primo pomeriggio della stessa giornata, ci fu un colpo di scena. Dal Giglio della paranza dei tigrotti, quello dove aveva militato il boss dapprima come cullatore e successivamente da padrino, qualcuno lesse con commozione e lacrime una lettera con la quale Antonio Cennamo ringraziava la paranza per quanto fatto.
Gigantografia e dedica furono affissi, su un muro di tufo, in via San Gennaro, nel cuore del centro storico di Crispano, e proprio sul percorso della ballata dei tre Gigli, che rappresentava il momento culminante della festa della Madonna del Buon Consiglio, festa con circa 10 mila visitatori all’anno, molti dei quali provenienti dalle città vicine. Una festa per la quale la giunta comunale stanziò un contributo di 23.500 euro.
La dedica al boss e le indagini degli Operatori dell’Arma dei Carabinieri di Crispano
Ad accorgersi della gigantografia e della dedica, fu un carabiniere della locale caserma, in servizio di ordine pubblico proprio per la ballata dei Gigli. Il carabiniere, rimasto sorpreso dallo scenario, fece subito comunicazione ai suoi superiori. In via San Gennaro si precipitarono il maresciallo Vincenzo Capoluongo, comandante della caserma dei Carabinieri di Crispano, che ordinò immediatamente la rimozione sia della gigantografia a colori, stampata su un telo di plastica di circa 30 metri quadrati, che del lenzuolo con la dedica scritta. Subito partirono le indagini, ma nessuno degli interrogati proferì parola. La proprietaria dello stabile sulla quale furono affisse la scritta e la gigantografia, rispose di non aver idea di chi e come avesse potuto fare quell’atto, a chi fosse rivolto e chi fossero le persone ritratte nell’immagine.
Ma gli Operatori dell’Arma dei Carabinieri della caserma di Crispano, nonostante nessuno volesse parlare, proseguirono le indagini e analizzando diverse riprese video, prodotte durante la festa, dai Carabinieri stessi, da privati ed altre fonti, individuarono, oltre a “compari” e amici del boss, Antonio Cennamo, anche soggetti appartenenti alla chiesa e politici, persone della giunta comunale, compreso il sindaco, in lacrime, mentre dal microfono del Giglio dei tigrotti, veniva declamata la lettera di risposta di Tanuzzo ‘o malommo, fatta pervenire dal carcere di Poggioreale, per ringraziare del bel gesto i suoi “fedeli compaesani”. Quell’episodio di devozione, fu determinante per lo scioglimento della giunta comunale, per condizionamenti camorristici, deciso dagli organi di competenza nell’ottobre del 2005.
L’ultima uscita in pubblico del boss Antonio Cennamo
Nonostante i suoi reati, per le sue gravissime condizione di salute e anche qualche assoluzione, Tanuzzo ‘o malommo ebbe modo di fare un’ultima apparizione in pubblico, nel giugno del 2006, quando, nel corso della festa dei Gigli di Crispano, salì sul Giglio del tigrotto per parlare alla platea. In un silenzio tombale, il boss reggente del clan Cennamo, afferrò il microfono e disse: (…) Sono dispiaciuto e amareggiato per quanto è successo alla nostra festa, ci sono troppe malelingue e qualcuno che ci vuole male! (…).
Poi l’orchestra sulla pedana superiore del Giglio dei tigrotti, iniziò a suonare una assordante polka anni ‘50, mentre il boss di Crispano aiutato da quattro fedelissimi, scese dall’obelisco.
Antonio Cennamo, volle lasciare il segno e mandare un messaggio, forse per la mancata autorizzazione per il palco dei tigrotti, decisa dalla commissione prefettizia, dopo lo scioglimento del consiglio comunale per infiltrazione camorristica. Il boss era uscito di casa, qualche minuto prima, e attorniato dai suoi fedelissimi si era infilato nella parte iniziale del corteo, quella che precedeva di qualche metro il Giglio dei tigrotti, seguito da quello della paranza di Barra. Doveva esserci Antonio Cennamo, per rispetto alla paranza dei tigrotti, che in un manifesto lo avevano pubblicamente invitato per i 30 anni della paranza, definendolo “capoparanza storico”. Doveva esserci anche per ribadire il suo ruolo e il suo potere.
La morte del boss di Crispano, Antonio Cennamo
La morte del boss Antonio Cennamo, avvenne nel pomeriggio di venerdì 17 febbraio 2017, nella sua abitazione di Gaeta dove viveva da qualche anno con la famiglia, dopo la scarcerazione per un male incurabile.
Dopo la morte del boss Antonio Cennamo
Dopo la morte del boss Antonio Cennamo, nei territori precedentemente sotto il suo controllo, iniziarono delle fibrillazioni. Piccoli gruppi dal sottobosco della criminalità comune, con aspirazioni di emersione ed espansione, misero in atto agguati ed esecuzione mirate per eliminare il clan Cennamo e prendere il controllo dei suoi territori. A Cardito, Carditello, Frattamaggiore, Frattaminore e Crispano operava il clan Pezzella, anch’esso referente del clan Moccia, che strinse una strategica alleanza con il gruppo Ciccarelli del “Parco Verde” di Caivano, una delle più lucrose piazze di spaccio dell’hinterland napoletano, contrapponendosi alle mire del clan Cennamo di Crispano per controllare il traffico di droga a Caivano e le estorsioni a Crispano e Cardito.
La mattanza dei componenti del clan Cennamo dopo la morte di ‘Tanuccio ‘o malommo’: Sciarra già vittima di un agguato
Quattro morti in pochi mesi, forse ammazzati dalla stessa mano. Dopo la morte per cause naturali del ras Antonio Cennamo, iniziò l’attacco della nuova guardia nei confronti della vecchia leva di imprenditoria-criminale. Caddero:
- Mauro Pistilli,
- Antonio Vitale,
- Antonio Varracchio
- Remigio Sciarra.
La progressione implacabile di morti ammazzati sembrava frutto di una strategia scientifica di annientamento di quello che era il clan camorristico egemone nell’area di Crispano. Gli uomini che furono i fedelissimi di Antonio Cennamo, ricordato ancora come Tanuccio ‘o malommo, furono bersaglio di agguati. L’ultimo in ordine di tempo fu Remigio Sciarra, ammazzato sotto gli occhi della moglie, del figlio di 11 anni e dell’amico del figlio. Remigio Sciarra era il cassiere ed esattore del clan, fu la settima vittima dei killer in quella zona. Zona calda, zona di appetiti dei clan che andavano oltre lo spaccio di droga nel Parco Verde di Caivano o nel Rione Salicelle di Afragola.
Si sentiva parlare da tempo di 100 milioni di euro di investimenti per bonifiche e riadattamenti territoriali nella zona della nuova stazione dell’alta velocità. Ed era una torta che faceva gola anche ad altri clan, per possibili estorsioni, subappalti ed affari poco chiari. Lavori sui quali era necessaria un’accurata vigilanza pubblica. Ma nel frattempo, si sparava. Si spianava la strada all’affollamento nella spartizione dei business criminali. E non fu casuale che cadessero gli uomini dei clan più esposti e indeboliti, clan che si trovavano in una fase di riassetto, come il clan Cennamo. Gruppi antagonisti, ovviamente, ne approfittarono e molti di questi, erano clan storici, federati nei territori dei Moccia.
Prima il tumore che lo portò alla scarcerazione dopo quasi dodici anni di carcere al 41-bis, poi le cure a Milano, infine la morte. Il gruppo egemone su Crispano, dell’ormai defunto capoclan Antonio Cennamo, fu attaccato. Nella spartizione criminale di quell’area, la federazione del clan Moccia prevedeva l’assegnazione di Casoria al clan Franzese e agli eredi del clan Angelino, Frattamaggiore al gruppo Pezzella e Crispano, Cardito e Frattaminore al clan Cennamo.
Spartizione tacita, che cominciò a scricchiolare quando vennero ritrovati tre cadaveri carbonizzati. Tutti affiliati al clan Cennamo:
- Ciro Scarpa
- Aniello Ambrosio
- Vincenzo Montino
Fu il clan guidato da Francesco Pezzella, detto “pan ‘e grano”, a pilotare l’annientamento, per espandersi ed eliminare concorrenti. Con le stesse modalità furono uccisi Mauro Pistilli, venerdì 16 dicembre 2016, titolare di uno dei cinque bar più grandi d’Italia, seguito dall’omicidio di Antonio Varracchio, mercoledì 1 febbraio 2017 e Antonio Vitale, venerdì 17 marzo 2017, tutti affiliati di prima grandezza al clan Cennamo e ammazzati con un solo colpo alla testa. Un piccolo particolare sulla morte di Sciarra, che non era di poco conto, era martedì 2 ottobre del 2001, quando fu sparato e ferito sotto casa insieme all’amico Antonio Vitale, ritenuto il braccio destro di Antonio Cennamo.
Agguato a Gioacchino Cennamo, figlio del boss Antonio Cennamo
Un agguato nella notte. Bersaglio dei killer fu Gioacchino Cennamo, figlio del boss di Crispano, Antonio Cennamo, scomparso a causa di un male incurabile. Gioacchino Cennamo, fu avvicinato nei pressi della sua abitazione da almeno un uomo che iniziò a sparare con un’arma da fuoco, ma il figlio del defunto boss rimase quasi illeso. A rimanere gravemente ferita fu la compagna di Gioacchino Cennamo, Angela Capasso, che fu trasferita d’urgenza all’ospedale di Frattamaggiore dove fu operata nella notte. Anche se in gravi condizioni, non era in pericolo di vita.
L’agguato a Gioacchino Cennamo indicava un cambio degli equilibri. L’agguato avvenne a Crispano in Via Provinciale Fratta, dove Gioacchino Cennamo venne raggiunto da schegge provocate dai colpi esplosi dal killer, riportando solo lievi ferite. La tensione nell’area nord era alta. A controllare buona parte del territorio c’era il clan Pezzella, che con una sequenza di omicidi intendeva eliminare gli elementi cardine del vecchio clan dei Cennamo. L’agguato al figlio del deceduto boss Tanuzzo ‘o malommo, andava letto proprio in quella direzione. Come un avvertimento e non un agguato mortale. Anche i rapporti con il clan degli Scissionisti iniziarono ad essere sempre più tesi. Arzano e Casavatore furono “commissariati” dal clan Pezzella, che prese il sopravvento nell’area nord, costringendo a chi voleva vendere la droga nelle piazze di Fratta, Cardito, Caivano e Afragola a pagare. Tra Caivano, Crispano e Arzano c’era un’altissima tensione che poteva sfociare in una lunga scia di sangue, e così fu.
Relazione Dia
Secondo i risultati restituiti dalle indagini fatte sul campo e riportati nella relazione Dia aggiornata al 2023 e pubblicata dal Ministero dell’Interno, nel comune di Crispano eserciterebbe ancora la sua influenza il clan Cennamo, quale referente del clan Moccia in quel territorio. Il cartello avrebbe però subito un significativo ridimensionamento in ragione del decesso per cause naturali del suo capo storico, Antonio Cennamo, avvenuta nel 2017, nonché dei provvedimenti restrittivi che hanno colpito diversi affiliati. Tra queste, le misure cautelari eseguite giovedì 7 luglio 2022 dall’Arma dei Carabinieri a carico di 2 esponenti del
clan Cennamo, uno dei quali nipote del defunto boss, accusati di concorso in tentata estorsione aggravata dal metodo mafioso ai danni di un locale imprenditore edile.
Il clan Cennamo oggi
Nonostante la morte del patriarca, fondatore e capo clan del gruppo Cennamo, Antonio Cennamo, a causa di un male incurabile. Malgrado gli attacchi subiti da parte di clan opportunisti e antagonisti, che hanno eliminato sistematicamente alcuni vertici del clan di Antonio Cennamo. E considerando i duri colpi ricevuti dalle Interforze dello Stato e dai provvedimenti della Dda. Il clan Cennamo ha dimostrato enormi capacità di rigenerazione.
Crispano, con la sua architettura è una roccaforte naturale e i numerosi affiliati al clan Cennamo, fedelissimi e legati al deceduto padrino, si sono militarmente potenziati e, portano avanti le regole e il rispetto della figura del defunto padrino, attraverso il ricordo delle sue direttive. Grazie ad un riassetto della linea di comando, ma non dei principi che facevano di Antonio Cennamo un boss d’altri tempi e Crispano un comune dove era presente la camorra, ma con pochissimi atti di violenza, il clan Cennamo è riuscito a riprendere il controllo del suo territorio. Una nuova generazione di ras e nuove leve, che rispettano le “vecchie regole”, hanno permesso a Crispano di essere il comune con un livello di spaccio di droga pari quasi a zero e atti di violenza, quasi assenti. Tutti pagano il “pizzo” però. Le Interforze dello Stato sono sempre attive nella lotta alla criminalità organizzata, ma la resistenza, la velocità di recupero, nonché la forza con la quale hanno respinto i gruppi antagonisti, rendono il clan più potente della zona di Crispano il clan Cennamo.