Va in commissariato per il permesso di soggiorno e scopre di essere stato condannato a 30 anni: succede a Napoli, dove un 48enne originario del Ghana si è ritrovato in cella con una condanna definitiva destinata a scadere negli anni cinquanta di questo secolo. L’uomo, I.H., è ritenuto a capo di una banda di narcos e per questo motivo è stato condannato per la bellezza di 450 capi di imputazione.
Napoli, va in commissariato e scopre di essere stato condannato a 30 anni
L’uomo è finito al centro di una situazione davvero kafkiana. Tutto inizia nel 2002, quando è iniziata un’inchiesta in merito ad una banda di narcotrafficanti capeggiata, secondo gli inquirenti, proprio dal 48enne ghanese. Due anni dopo l’uomo lascia l’Italia in seguito alla separazione dalla moglie. Torna in Africa e qualche anno dopo le forze dell’ordine gli notificano una misura cautelare a casa della convivente.
L’uomo ha così vissuto inconsapevolmente di essere ricercato dalle autorità italiane che lo condannano a 30 anni, a fronte a 451 capi di imputazione che lo inchiodano come responsabile della potente macchina del narcotraffico.
L’epilogo clamoroso
Pochi mesi fa l’uomo ha fatto ritorno in Italia per ritrovare il figlio. Si reca in commissariato per dare inizio alle pratiche del permesso di soggiorno e così viene arrestato, vedendosi notificare una sentenza di condanna a 30 anni di reclusione.
È così iniziato un lavoro difensivo, passato per il recupero degli atti e la ricostruzione di un processo a un fantasma. Alla fine, i giudici hanno aderito alle conclusioni difensive, spiegando: “È ragionevole ritenere che il processo si sia svolto completamente a sua insaputa. Sul piano logico, è ragionevole ritenere che, se lo Hashimu avesse avuto conoscenza della sentenza di condanna alla pena di 30 anni riportata in Italia, si sarebbe ben guardato dal rientrare in Italia e comunque dal presentarsi in un ufficio di Questura”.