Leda e il cigno, Narciso, il Priapo itifallico, affreschi dai vividi colori raffiguranti miti classici carichi di sensualità a Pompei salvaguardati col “medodo Getty”.
Pompei, il “metodo Getty” per tutelare i nuovi tesori
Come fare per salvare la bellezza della seconda vita di Pompei? La ricerca della soluzione è stata affidata al professor Giacomo Chiari, ex direttore del Getty Conservation Institute di Los Angeles, che ha elaborato un programma unico per lo studio della conservazione degli affreschi della città archeologica.
Chiari, con il professor Domenico Miriello del Dipartimento di Biologia, Ecologia e Scienze della Terra dell’Università della Calabria e in collaborazione il Laboratorio di Ricerche Applicate di Pompei, è da qualche giorno all’opera:
«Abbiamo realizzato un programma specifico per l’analisi degli affreschi simulando, e semplificando, quelli che sono al giorno d’oggi gli strumenti più utilizzati per lo studio dei quadri».
Spiega:
«In pratica scannerizziamo gli affreschi per riuscire ad capire ciò che potrebbe accadere in futuro e quindi stabilire una cronologia dei restauri, ma anche vedere nel dettaglio se c’è un deterioramento in atto, in modo da intervenire in tempo. I risultati finora ottenuti sono ottimi e sono contento di aver applicato questo programma agli affreschi di tale bellezza».
Sotto la lente di ingrandimento del professor Domenico Miriello, invece, è finita l’iscrizione a carboncino ritrovata nella «Casa con Giardino» che riscrive – secondo il direttore generale del Parco Archeologico Massimo Osanna – una nuova data dell’eruzione del Vesuvio che distrusse Pompei nel 79 dopo Cristo. L’iscrizione cita il sedicesimo giorno prima delle calende di novembre, corrispondente al 17 ottobre. La distruzione della città romana, dunque, sarebbe avvenuta il 24 ottobre e non il 24 agosto.
I nuovi lavori di scavo
Ma a Pompei il lavoro di scavo non si ferma mai, e meno che mai d’estate. Ad affiancare il lavoro degli archeologi del Parco arrivano colleghi da ogni parte del mondo, a realizzare proprie campagne finanziate in genere dalle stesse università di provenienza, campagne sognate e organizzate durante un intero anno accademico. Una di queste, condotta dagli archeologi della «morte» dell’Università di Valencia, arriva l’annuncio di una scoperta speciale.
Un’enorme anfora riutilizzata come un’urna cinerea. La forma e le dimensioni dell’anfora, rinvenuta nella necropoli di Porta Sarno, la rendono davvero unica nel suo genere. Il reperto trasferito nel Laboratorio mobile degli archeologi, allestito nei pressi della necropoli. La prima volta le ossa degli antichi abitanti della città sepolta vengono studiate utilizzando il dispositivo «Xrf» per scoprirne la composizione chimica. Lo studio rientra in un progetto multidisciplinare che incorpora diverse scienze archeologiche, come l’archeologia funeraria e la bioarcheologia, e tecniche come topografia, fotogrammetria e realtà virtuale. Il programma documenta correttamente le sepolture cremate e ricostruisce i singoli profili biologici attraverso gli elementi ossei scavati, per quanto frammentati e distorti.
Il direttore generale Massimo Osanna
Sorprese finite? Per niente. È il direttore generale Massimo Osanna, attraverso Instagram, ad annunciare che dal Foro Triangolare emergono gli ex voto della Pompei romana:
«Scavi in corso nel santuario di Atena – scrive Osanna – in collaborazione con l’Università Federico II di Napoli. Dalla terra affiorano una antefissa che decorava il tempio dorico (fine IV secolo avanti Cristo) e terrecotte figurate offerte come ex-voto nello spazio sacro (III secolo avanti Cristo). Insomma, la città sepolta continua a regalare al mondo tesori unici e presto altri ancora emergeranno».