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Omicidio dell’ex fidanzata Sargonia Dankha: il ristoratore cosentino Salvatore Aldobrandi condannato all’ergastolo

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Sargonia Dankha
Sargonia Dankha

Salvatore Aldobrandi, pizzaiolo e ristoratore originario di San Sosti in provincia di Cosenza, è stato condannato all’ergastolo per l’omicidio della sua ex fidanzata Sargonia Dankha, una giovane di 21 anni di origini irachene naturalizzata svedese.

Omicidio di Sargonia Dankha: condannato all’ergastolo

Arriva la condanna all’ergastolo Salvatore Aldobrandi, pizzaiolo e ristoratore originario di San Sosti (Cosenza), per l’omicidio della sua ex fidanzata Sargonia Dankha, una giovane di 21 anni di origini irachene naturalizzata svedese. La ragazza era scomparsa in circostanze misteriose il 13 novembre 1995 a Linköping, in Svezia.

La sentenza

Dopo 29 anni dalla sua scomparsa, è stata emessa la sentenza che condanna Aldobrandi, oggi 75enne, all’ergastolo, come richiesto dalla procura. Inoltre, è stata disposta una provvisionale di 300mila euro a favore della madre di Sargonia, 100mila euro per il fratello e 14mila euro per le spese legali della parte civile.

I commenti

“È stata una grande soddisfazione per noi, per il nostro ufficio e, oserei dire, per l’Italia, che ha finalmente fornito una risposta di giustizia a una famiglia colpita da un evento così grave dopo tanti anni”, ha affermato il pm Maria Paola Marrali al termine dell’udienza presso il tribunale di Imperia. Il pubblico ministero ha paragonato questo caso a quello di Roberta Ragusa, il cui marito Antonio Logli è stato arrestato e condannato nonostante l’assenza del corpo. “Non si tratta di una morte accidentale, altrimenti avremmo trovato il cadavere; pertanto, è sicuramente una morte di natura omicidiaria”, ha aggiunto, richiamando la sentenza della Cassazione.

“Siamo davvero molto felici per noi e per la famiglia, che purtroppo non è riuscita a gestire le emozioni di venerdì ed è tornata in Svezia”, ha dichiarato l’avvocato della parte civile della famiglia di Sargonia Dankha. “Eravamo certi che la Corte avrebbe accolto le nostre ricostruzioni, che ci fossero prove sufficienti e che il grande lavoro svolto dai poliziotti nel 1995, dalla procura di Imperia e poi da noi per far avviare questo processo, sarebbe stato finalmente riconosciuto”. Ha poi concluso: “È stato riconosciuto non solo che Aldobrandi ha commesso un omicidio, ma che lo ha fatto in circostanze particolari, ossia per motivi abietti: una relazione costante caratterizzata da possesso e ossessione, che ha portato alla condanna all’ergastolo”. La difesa di Aldobrandi ha richiesto l’assoluzione “perché il fatto non sussiste” e, in alternativa, ha chiesto “l’esclusione della recidiva, l’insussistenza dell’aggravante contestata e l’applicazione delle attenuanti”. Attualmente sta valutando il ricorso in appello, ma prima desidera conoscere le motivazioni della sentenza.

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