Cronaca

Palermo, strage di Capaci: gente affacciata ai balconi per l’anniversario della morte di Falcone, Morvillo e gli agenti di scorta

Palermo, strage di Capaci: quest’anno sarà un 23 maggio diverso, senza cortei e navi della legalità. Le piazze saranno vuote ma le persone saranno affacciate ai balconi di casa a cantare l’inno italiano. Il tutto per ricordare Giovanni Falcone, Francesca Morvillo e gli agenti della scorta che morirono a Capaci.

Palermo, strage di Capaci: l’anniversario si vive dai balconi

Come ogni anno, alle 17.58, ci sarà il minuto di silenzio sotto l’Albero Falcone di via Notarbartolo, suonato da un trombettista della Polizia, e sarà deposta una corona di fiori alle 9 davanti alla Stele di Capaci. L’unica differenza è che mancheranno i cittadini.

A causa del divieto di assembramento, la Fondazione Falcone ha organizzato un flash mob coinvolgendo artisti, attori e musicisti con piccoli video, mentre i cittadini sono invitati ad affacciarsi tutti insieme alle 18. Lo slogan sarà “Il mio balcone è una piazza”.

I canali social della Fondazione Falcone, la pagina Facebook di Palermo chiama Italia, aperta per l’occasione, racconteranno in diretta la giornata. Ficarra e Picone andranno in scena davanti ai resti dell’auto scorta di Capaci, alla caserma Lungaro, con lo spettacolo di Vincenzo Pirrotta dedicato agli agenti di scorta, trasmesso sulla pagina Facebook della Questura. Lenzuoli bianchi pure sulla facciata di Palazzo Gulì, in corso Vittorio Emanuele, sede del No Mafia Memorial, per iniziativa del Centro Impastato: un lenzuolo dedicato alle vittime della strage e un altro ai medici e agli infermieri che hanno perso e rischiano la vita in questi mesi di pandemia.


La strage di Capaci

Il 23 maggio 1992 persero la vita il giudice antimafia Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e gli uomini della scorta Vito Schifani, Antonio Montinaro e Rocco Dicilio. Sono passati 28 anni e il tempo non mitiga le emozioni di quel maggio del 1992. La voragine che si apre in autostrada e un boato inaudito inghiotte l’uomo che era divenuto il simbolo della guerra al potere di Cosa Nostra: scolpita nella memoria di chi c’era e di chi quel sabato pomeriggio rimase muto e impietrito di fronte all’edizione straordinaria del Tg1 che raccontava la strage, praticamente in diretta.


Messa in suffragio dei caduti

Alle 12 nella chiesa di San Domenico messa in suffragio dei caduti. Il 23 maggio social coinvolge anche i teatri palermitani: la webTv del Teatro Massimo propone uno speciale sulle due opere- inchiesta “Le parole rubate” e “I traditori” di Gery Palazzotto e Salvo Palazzolo, che scavano nei misteri delle stragi Falcone e Borsellino. “Le parole rubate” in particolare sarà trasmessa nella versione interpretata da Ennio Fantastichini, la regia di Giorgio Barberio Corsetti e le musiche di Marco Betta, mentre su Rai Radio 3 alle 15 andrà in onda la versione blues della stessa opera, interpretata da Gigi Borruso con le musiche di Marco Betta, Fabio Lannino e Diego Spitaleri. Sulla Brass Webtv invece lo spettacolo “Siamo a mare” una produzione della Fondazione The Brass Group dedicata a tutti gli eroi uccisi per mano mafiosa.

L’omaggio dell’Ambasciata Usa

Sulla pagina Facebook dell’ambasciata degli Stati Uniti in Italia un post ricorda i giudice Giovanni Falcone. “Questa settimana l’Ufficio Scambi Culturali dello U.S. Department of State – si legge – rende omaggio a Giovanni Falcone, uno dei più grandi magistrati d’Italia e uno dei volti simbolo #FacesOfExchange scelti per celebrare gli 80 anni del programma di scambio International Visitor Leadership Program (IVLP). La sua partecipazione nel 1986 a State IVLP lo ha ispirato a introdurre cambiamenti importanti nel sistema giudiziario italiano”.

Storie di Noi, quei 53 giorni fra Capaci e via D’Amelio

Di Matteo: “Fra ostacoli e ipocriti si cerchi verità”

Il magistrato più blindato d’Italia. Sotto scorta da 27 anni, da dieci al massimo livello previsto. Nino Di Matteo, palermitano, oggi al Consiglio superiore della magistratura, pm di lungo corso che si occupa, da sempre, di indagini di mafia racconta cosa fu per lui quel 23 maggio 1992: “un vero e proprio spartiacque”, dice all’Agi. “Avevo vinto da poco il concorso, stavo facendo il tirocinio alla procura di Palermo, in attesa di prendere servizio in quella di Caltanissetta. Fui colto da un sentimento di irrefrenabile angoscia e disorientamento. Giovanni Falcone per me, giovane studente che sognava di potere fare un giorno il magistrato, aveva rappresentato il modello di riferimento. Il simbolo della voglia di riscatto della mia terra e del mio popolo”. Aggiunge Di Matteo: “La sera del 23 maggio, mentre piangevo non avrei mai immaginato che, solo dopo pochi anni, mi sarei trovato a indagare e a sostenere l’accusa nei processi sulle stragi del 1992. E di continuare ad approfondire, fino a oggi, i contesti non solo mafiosi in cui maturarono quegli attentati”.

Oggi vive una vita blindata. “Da 27 anni – spiega il magistrato, con determinazione, ma anche con evidente amarezza – sono scortato, da dieci con il massimo livello di protezione. Non posso e non voglio ricordare ad altri quante ansie, quanti sacrifici e quante rinunce questa situazione abbia comportato a me e alla mia famiglia. In questo Paese molti non capirebbero, altri fingerebbero di non capire”. Anche Giovanni Falcone, ricorda Di Matteo, “diventò facile bersaglio di ipocriti perbenisti che lamentavano il fastidio che le misure di protezione di cui godeva il giudice arrecavano agli ‘onesti cittadini’. Molti di loro oggi fingono di onorare da morto quel giudice che, da vivo, insultavano e deridevano”. In un anno così particolare, per tante ragioni, come vive questo momento della memoria Nino Di Matteo? “Non mi piacciono – risponde all’Agi – le sterili commemorazioni retoriche. C’è bisogno di un rispetto che si nutre soltanto di memoria e verità. La memoria di chi non dimentica come Giovanni Falcone, prima di essere ucciso a Capaci, venne ripetutamente ostacolato, isolato, delegittimato, anche da una parte importante delle istituzioni e della magistratura. La verità – conclude – è quella che, ancora oggi, dobbiamo coltivare e perseguire per dare un volto a chi, insieme ai mafiosi che sono stati individuati e condannati nei processi, ha probabilmente concepito, organizzato ed eseguito la strage”.

Tartaglia: “Il mio cuore all’albero Falcone”

Trentotto anni, sostituto procuratore a Palermo con all’attivo indagini su Cosa nostra e componente del pool che ha sostenuto l’accusa al processo sulla trattativa tra Stato e mafia. Consulente della Commissione parlamentare antimafia e oggi vice capo del Dap, il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria. Roberto Tartaglia, napoletano di nascita ma palermitano di adozione: “Anche quest’anno – ricorda in un colloquio con Agi – nonostante i limiti imposti dal Covid-19, “da Roma o da qualsiasi altro posto”, sottolinea Tartaglia – alle 17.58 del 23 maggio il mio pensiero e il mio cuore sono all’Albero Falcone, dove negli anni scorsi sono andato per ogni celebrazione, immerso tra le migliaia di persone arrivate da ogni città d’Italia, per sentire addosso e intorno a me quel respiro pulito e sincronizzato che la memoria ha generato”.

I sindacati: “Ricordare Falcone evitando che mafia approfitti di crisi”

“Il modo migliore per ricordare il giudice Falcone e le altre vittime della strage di Capaci e onorarne la memoria è  non consentire che mafia e criminalità, parassiti della società, traggano vantaggio dall’attuale situazione di crisi e dallo stato di necessità in cui versano molte persone”: lo dice il segretario generale della Cgil Sicilia, Alfio Mannino, alla vigilia dell’anniversario della strage di Capaci. “Le inchieste e gli arresti di questi giorni- rileva Mannino-, su cui inquirenti e magistratura ci auguriamo facciano piena luce quanto prima,  ci offrono uno spaccato inquietante e ci danno conto del fatto che il malaffare corre lungo tutto il Paese, approfittando anche delle situazione critiche, purchè ci sia guadagno. Il nostro timore- sottolinea Mannino-  è oggi che le mafie approfittando della crisi sanitaria e dei finanziamenti che vengono attivati cerchino da un lato sempre di più varchi per infiltrarsi nell’economia, dall’altro consenso sociale presso chi è in difficoltà”.

Mannino lancia  dunque un appello alle istituzioni, alla politica, alla società civile e all’associazionismo democratico a “tenere alta la guardia” per impedire infiltrazioni mafiose e arricchimenti illeciti. “Troppi i segnali negativi – rileva Mannino-che stanno arrivando su più fronti: dall’usura ai tentativi di appropriazione di fondi pubblici. L’emergenza sanitaria- sottolinea il segretario della Cgil- non deve determinare passi indietro sul fronte della legalità perché questo significherebbe rallentare e rendere più difficile la ripresa dell’economia. Sarebbe un arretramento generale, anche sul fronte culturale e sociale. Non possiamo permettere che anche la legalità sia tra le vittime del Coronavirus. Si tratterebbe di un insostenibile passo indietro, in spregio del sacrificio di chi ha combattuto la mafia pagando il prezzo della vita”.

Un lenzuolo  bianco, con la scritta “La legalità è la via per i diritti. 23 maggio 1992 – 23 maggio 2020” sarà esposto  al balcone della Camera del Lavoro, in via Meli, 5, sabato 23 maggio. Nel lenzuolo che verrà esposto sarà riportata anche la frase di Peppino Impastato: “la mafia uccide, il silenzio pure…”. “Tutte le categorie, i dirigenti, i militanti, i lavoratori, i pensionati e tutti i nostri iscritti parteciperanno alla giornata del ricordo della strage di Capaci appendendo un lenzuolo bianco alle finestre e ai balconi delle proprie case”, dichiara il segretario generale Cgil Palermo Enzo Campo.

“Il 23 maggio per noi è un giorno di tristezza. Ma anche di lotta. Di tristezza perché si rinnova la memoria di chi ventott’anni fa perse la vita per mano dei boss. Di lotta, perché è occasione per riconfermare la volontà di mobilitazione quotidiana contro mafie e illegalità”. Così Sebastiano Cappuccio, segretario della Cisl Sicilia, alla vigilia della strage di Capaci, ricordando il giudice Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo, gli agenti della scorta, Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro. E i tanti caduti delle guerre di mafia. “Per noi il 23 maggio è un giorno di dolore – rimarca Cappuccio – ed è una ricorrenza che riporta in mente le pagine più buie della nostra storia”. E sui tanti misteri irrisolti che, prima e dopo il 23 maggio ma passando per il 23 maggio, allungano ombre buie sul nostro presente, “ci auguriamo che sia fatta presto luce”.

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