Cronaca

Piacenza, costretto a lasciare il Paese tenta il suicidio lanciandosi nel Po: salvato dalla sua avvocata | Il racconto

Nonostante il lavoro e la casa a Piacenza, è costretto a lasciare il Paese così tenta il suicidio lanciandosi nel Po: salvato dalla sua avvocata. I fatti sono avvenuti ieri, venerdì 26 aprile. La legale Michela Cucchetti ha raccontato la vicenda del 30enne nigeriano.

Piacenza, costretto a lasciare il Paese tenta il suicidio nel Po: salvato dalla sua avvocata

Dopo dieci anni in Itali con lavoro regolare e una casa, il 30enne sarebbe stato costretto a lasciare il Paese. Così, nella giornata di ieri venerdì 26 aprile, ha deciso di farla finita gettandosi nel Po. A salvarlo la sua avvocata che lo ha raggiunto e tirato a riva convincendolo a desistere dal gesto estremo. Sul posto anche sanitari e carabinieri.

Il racconto

A raccontare l’episodio è la stessa Michela Cucchetti. La scorsa domenica, il suo assistito sarebbe dovuto andare in studio, ma con una telefonata aveva rimandato e non si era più fatto sentire. Ieri, giorno in cui scadevano i termini del ricorso per ottenere la protezione internazionale, non vedendolo arrivare l’ha chiamato: “Piangendo, mi ha confidato che aveva deciso di togliersi la vita, non ci credeva più. Non voleva tornare in Nigeria, non avrebbe avuto alcuna prospettiva in quel paese che aveva lasciato dieci anni prima”, ha raccontato Cucchetti, che ha mantenuto il contatto telefonico con il suo assistito mentre è uscita e si è messa alla sua ricerca, con una collega. Nel frattempo è stato lanciato un allarme: “Lo tenevo al telefono ma non riuscivo a trovarlo, finché una delle due persone a cui avevo chiesto poco prima se lo avessero visto mi ha fermata dicendo che sentiva un uomo parlare dalla riva”. Così, l’avvocata ha scavalcato il parapetto ed è riuscita a raggiungere il suo assistito. A quel punto lo ha invitato a parlare e gli ha teso la mano: “Aspetta – gli ha detto -, prima di gettarti ti voglio parlare”. In quel momento sono giunti sulla riva i sanitari e i carabinieri.

«Nonostante abbia un lavoro a tempo indeterminato e abbia una casa – prosegue l’avvocata – questo ragazzo dal 2018 si vede respingere la domanda di asilo». E aggiunge: «In un primo caso non è andato a buon fine neppure il ricorso in Cassazione, perciò abbiamo ripetuto ancora una volta la domanda di asilo, che ancora una volta non è stata accolta».

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