Cronaca

Poliziotti arrestati a Verona, altri 17 agenti indagati

Sono stati arrestati 5 poliziotti a Verona per le violenze ai danni di chi fermavano e controllavano. Emergono dettagli inquietanti: pugni, calci, umiliazioni e l’utilizzo di spray al peperoncino. I racconti divertiti al telefono e le parole di vanto con la fidanzata sui pestaggi in Questura fanno parte della triste narrazione. Stando a quanto ricostruito, le vittime sarebbero state non solo picchiate, ma anche sottoposte a umiliazioni, come il rifiuto di accesso al bagno e il comando di rotolarsi nell’urina sul pavimento. Il ministro Piantedosi ha commentato gli episodi definendoli di “enorme gravità”. Altri 17 agenti sono attualmente sotto indagine.

Poliziotti arrestati a Verona, altri 17 agenti indagati

Nell’ordinanza di custodia cautelare per i cinque agenti di Verona sottoposti agli arresti domiciliari, il gip descrive una serie di violenze lunghe e sistematiche. Questi atti sono stati conditi da insulti razzisti e minacce di morte. Il documento, composto da 169 pagine, mette in evidenza la gravità della situazione, sottolineando come gli agenti abbiano tradito la propria funzione commettendo reati con una preoccupante disinvoltura.

Agli arresti sono finiti Alessandro Migliore, Loris Colpini, Federico Tomaselli, Filippo Failla Rifici e Roberto Da Rold.

Oltre ai cinque poliziotti arrestati, nell’inchiesta ci sono altri 17 indagati: nei loro confronti la Procura della Repubblica scaligera ha avanzato al gip l’applicazione di misure interdittive, come la sospensione dal servizio o il trasferimento d’ufficio. 

Le vittime

Le vittime che gli indagati, un ispettore e quattro agenti, prendevano di mira erano “deboli“, quasi sempre persone straniere o senzatetto. Questa “circostanza che, da un lato – scrive il gip -, ha consentito agli indagati di vincere più facilmente eventuali resistenze delle loro vittime, dall’altro ha rafforzato la convinzione dei medesimi indagati di rimanere immuni da qualunque conseguenza” forti del fatto che nessuna delle vittime avrebbe mai sporto denuncia. Si coprivano l’un l’altro, ridevano dei pestaggi, si vantavano delle botte quando fermavano qualcuno. Un “modus operandi consolidato” – ricostruisce il giudice di Verona Livia Magri – e “condiviso da numerosi operanti dell’ufficio Volanti della Questura“.

I pestaggi

I pestaggi si verificavano in un’area priva di sistemi di videosorveglianza, conosciuta come il “tunnel”, lontano dagli occhi indiscreti delle telecamere. L’attenzione si concentra sul ruolo di uno degli agenti, Alessandro Migliore, che viene descritto nell’ordinanza come dotato di una “spiccata propensione criminosa”. Si afferma che il poliziotto si sia reso protagonista di “reati assai gravi”, torturando sadicamente e con piacere in diverse occasioni, nel corso di un periodo di tempo limitato, persone private della loro libertà personale anche solo per scopi di identificazione, senza alcuna necessità e con crudeltà.

I messaggi e le telefonate

Intercettato al telefono con la fidanzata, l’agente si vanta dei pestaggi. Alle vittime diceva: “Adesso ti faccio vedere io quante capocciate alla porta dai, boom boom boom boom“. “E io ridevo come un pazzo“, raccontava alla ragazza. Parlava delle “stecche” sul volto sferrate alle vittime, dei calci e dei pugni. “Ho caricato una stecca amo’, bam, lui chiude gli occhi, di sasso per terra è andato a finire, è rimasto a terra“, racconta al telefono.

Il giudice sostiene che tutti partecipavano ai pestaggi, deridendone le vittime e utilizzando lo spray al peperoncino senza alcuna ragione, unicamente per il gusto sadico di umiliarle. Le vittime venivano brutalmente malmenate e umiliate, trascinate nelle stanze della Questura, privandole persino del diritto di utilizzare il bagno e costringendole a rotolarsi nell’urina sul pavimento. In un caso specifico, due agenti sono accusati non solo di aver picchiato una persona sottoposta a fermo di identificazione, ma anche di averla costretta a urinare nella stanza dei fermati. Successivamente, l’hanno spinta in un angolo facendola cadere a terra e la hanno utilizzata “come uno straccio per pulire il pavimento“.

“Com’è che Roberto non l’ha ammazzato”, chiede un’agente intercettata ai colleghi. “Si’ che l’ammazza”, la risposta. “Lo buttiamo alla casa abbandonata, prende una scarpata nei cogl…”. “Stai zitto, altrimenti entro dentro e vedi cosa ti faccio”, una delle altre minacce nei confronti delle vittime.

I verbali falsificati

L’inchiesta ha preso una svolta significativa quando la Squadra Mobile ha scoperto verbali falsificati e riprese inequivocabili di violenze dalle telecamere di videosorveglianza. Secondo quanto riportato nell’ordinanza, gli abusi sarebbero stati coperti su diversi fronti. Pertanto, sono in corso indagini sul ruolo dei poliziotti che potrebbero non aver mai denunciato gli episodi di violenza nelle stanze della Questura, permettendo di fatto che tali atti continuassero.

In una conversazione intercettata dagli investigatori nelle stanze della questura, infatti, un poliziotto non indagato avrebbe chiesto ai colleghi di non picchiare le persone in custodia “nell’acquario”, così come veniva chiamata la cella di sicurezza per i fermati. “Volevo dire a tutti di non alzare le mani in quella stanza – avrebbe asserito l’assistente capo Dario Fiore -. Se dovete dare qualche schiaffo, fatelo nei corridoi”. “Nel tunnel – suggerisce un altro poliziotto – come abbiamo sempre fatto”.

L’assistente capo Fiore avrebbe poi riferito ai colleghi di alcuni controlli della Squadra Mobile sulle immagini delle telecamere di videosorveglianza. “Non so per quale motivo sono andati a vederle, magari questi iniziano a controllare e a rompere le scatole”.

Il commento del Gip

“Da tali dialoghi si desume in maniera inequivocabile la consuetudine nell’utilizzo ingiustificato di violenza fisica”, conclude il gip chiedendo la misura cautelare nei confronti di chi commetteva reati “piuttosto che prevenirli”. 

Questore di Verona: “Non possiamo coprire gli abusi”

Tutto quello che abbiamo fatto è stato doloroso ma doveroso. Il messaggio che vogliamo dare non deve avere sottintesi: la polizia di Stato non è disponibile a coprire alcun abuso, a maggior ragione quando sono commessi da chi, come noi, dedica la propria vita a difendere i cittadini“. Lo ha detto Roberto Massucci, questore di Verona, commentando la vicenda che vede coinvolti i cinque poliziotti.

“La divisa che portiamo va onorata ogni giorno, e questo non è un modo di dire. Anche in un momento doloroso come questo, sono fiero che la polizia di Stato abbia dato comunque le risposte che doveva“. In un momento così difficile per noi abbiamo mostrato che la parte sana della polizia alla fine è quella che vince”, ha spiegato. 

Piantedosi: “Violenze enorme gravità”

Le vicende che emergono dall’inchiesta di Verona, ove fossero confermate, sarebbero di enorme gravità, lesive innanzitutto della dignità delle vittime ma anche dell’onore e della reputazione di migliaia di donne e uomini della polizia di Stato che quotidianamente svolgono il proprio servizio ai cittadini con dedizione e sacrificio“. Lo ha sottolineato il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, assicurando che “la magistratura e la stessa polizia di Stato faranno piena chiarezza su quanto avvenuto”. 

Articoli correlati

Pulsante per tornare all'inizio